Magazine Lavoro
METTETEVI NEI PANNI DEGLI AUTOFERROTRANVIERI GENOVESI DA
QUATTRO GIORNI INTENTI A BLOCCARE I
TRASPORTI PUBBLICI, con relative tratte-
nute della busta paga e con il rischio di
severe penali essendo un`agitazione il-
legale, contraria alle regole che disciplinano
l`astensione dal lavoro laddove sono
in gioco diritti elementari dei cittadini.
Sono lavoratori che vivono da anni
la crisi del trasporto pubblico, il mancato
rinnovo dei contratti, con contraccolpi
sulle già ridotte buste paga.
E vivono dentro una situazione, quella di
Genova, fatta di debiti crescenti e con lo
spauracchio di una presunta privatizzazione
e di un dimagrimento degli organici.
Mettetevi però nei panni degli abitanti di
questa città, donne uomini, ragazzi, impediti
nella loro mobilità, in un territorio collinare
fatto di saliscendi, un fattore che incide
in modo determinante sugli alti costi del trasporto
pubblico. A differenza ad esempio di
Milano dove non si parla di privatizzazione
e dove larga parte dei percorsi è fatta di servizi
gestiti dalla metropolitana. Mettetevi
nei panni di una cittadinanza che già soffre
i contraccolpi terribili della crisi, la perdita
di tante industrie e quindi di tanti posti di
lavoro.
È uno scontro tra due «sofferenze» sociali
con un sindaco, Doria, tanto amato ma
oggi nell`occhio di un ciclone che appare
indomabile. E che chiama in causa anche il
sindacato nelle sue diverse sigle. Un sindacato
un tempo capace di incanalare la protesta,
di chiarire gli obiettivi, di organizzare
trattative, di conquistare risultati. E che oggi
in quella città appare come in disparte,
anche se si sa che dirigenti e militanti di
Cgil, Cisl e Uil sono nei cortei e nelle assemblee
per cercare in qualche modo di portare
la protesta verso uno sbocco. Il problema
è che quello di Genova non è uno sciopero,
malgrado tutti lo chiamino così. Non è
mai stato proclamato nemmeno dalla Faisa-Cisl
che è l`organizzazione «autonoma»,
maggioritaria nel settore genovese e questo
spiega molte cose. È, in realtà, dunque,
una forma di protesta spontanea, massiccia,
subito sponsorizzata
da Peppe
Grillo, uno che
non ha mai bisogno
di ricorrere
all`autobus o al
tram.
La cosa curiosa
è che per l`«Azienda
Mobilità e Trasporti»
genovese
in un non lontano
passato è già stata
tentata la strada
della privatizzazione,
con un ingresso
francese del gruppo Rapt, poi uscito.
E altri esempi di privatizzazione hanno
riguardato, senza traumi, Firenze e stanno
per essere varati in Umbria, tramite il probabile
passaggio a una società «Busltalia»
controllata da Trenitalia. Vicende che però
hanno visto una trattativa aperta, una contrattazione.
Il rischio, comunque, come ha fatto notare
il segretario della Filt-Cgil Franco Nasso,
aprendo proprio l`altro ieri un convegno dedicato
a queste tematiche, è che quanto sta
avvenendo nel trasporto locale si realizzi
senza una programmazione pubblica e una
politica industriale. Così operando «il pubblico
gestore si ritira, abdicando dal proprio
ruolo di responsabilità nella veste di
pubblico programmatore e si alimenta lo
shopping di pezzi importanti di proprietà
pubblica: non è una ritirata, è una rotta...».
Mentre la situazione si fa disastrosa, soprattutto
a Roma, a Napoli, e in tutto il Sud anche
a causa dei tagli ai trasferimenti pubblici
per le aziende in crisi e che avrebbero
bisogno di ricapitalizzazioni e interventi innovativi.
Alcuni dati illustrano lo stato delle
cose: nel 2012 il 42% delle aziende pubbliche
ha chiuso il bilancio di esercizio in perdita.
Erano state il 30% nel 2011, saranno
probabilmente poco meno del 50%
quest`anno. Per alcune di esse, il 2013 potrebbe
essere il terzo o il quarto anno consecutivo
di esercizio con perdite. Un disastro
che potrebbe dar luogo a un contagio di proteste
estreme. Quella di Genova non è più
la vicenda di un pur importante capoluogo.
È una vicenda nazionale che ha bisogno di
soluzioni nazionali. Come ha commentato
nel citato convegno Cgil il segretario confederale
Fabrizio Solari: «Rischiamo l`implosione
dell`intero settore».
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