Miti, ricordi e luoghi comuni raccontati da chi vive a Forte dei Marmi. Il pezzo di Fabio Genovesi, scritto qualche giorno fa su Repubblica, anticipa il suo nuovo libro che per l’appunto parlerà della nostra cittadina.
CONFESSARE che vivi a Forte dei Marmi è una scelta abbastanza impegnativa. Va tutto liscio se stai a Roma o Milano o Ponte Biscottino. Ma se dici che vivia Forte dei Marmi la gente va fuori di testae non ti lascia più andare. Perché al Forte ci sono stati tutti, almeno una volta. Però d’ estate, per le vacanze. Poi uno si rimette i vestiti, torna in città e ricomincia la vita reale. Restare al Forte dopo agosto invece sembra una follia, come fare un giro sulle montagne russe e non scendere a fine corsa, starsene lassù seduto con lo sguardo da ebete mentre la musica finisce, le luci si spengono, le famiglie tornano al parcheggio e se ne vanno. Se poi per disgrazia viene fuori che a Forte dei Marmi ci hai pure fatto il liceo, allora davvero ti guardano come se gli dicessi che ti sei laureato a Gardaland. “Ma dài, esiste un liceo a Forte dei Marmi?”. E subito prendono un’ espressione sognante, tutti impegnati a immaginare una struttura in riva al mare fatta di palme e canne di bambù, con scimmie e pappagalli che girano liberi per le aule mentre si insegnano materie tipo storia dell’ abbronzatura, teoria dei gavettoni e cocco bello. Noi in effetti qualche lezione in spiaggia la facevamo davvero. Ci portava il professor Morabito, che ovviamente era quello di filosofia. Ma il resto delle materie si studiava dentro al liceo, che era uno scientifico e io l’ ho scelto anche se la matematica non l’ ho capita mai e la fisica ancora aspetto di sapere cosa sia. Però era il più vicino a casa, e ci potevo andare in bicicletta. Stava proprio in centro, con davanti un piccolo parco e dietro la pineta e subito dopo il mare, che dalle finestre del piano di sopra si vedeva benissimo e stava lì ogni giorno azzurrissimo in agguato, aspettando solo che tu ti girassi dalla sua parte durante un compitoo un’ interrogazione, per dirti “ma cosa ci fai lì, schiavo, vieni qua, cosa cavolo ci stai a fare lì dentro?”. Era una sede meravigliosa per una scuola, e infatti un giorno quelli del Comune hanno deciso che era troppo meravigliosa, e che era il caso di stabilirci il municipio. Quell’ anno ero in terza, forse,e dal Comune arrivano due progetti clamorosi, uno per trasformare il liceo in un municipio fichissimo, l’ altro per trasferire il liceo nelle ex-scuole medie, che nel frattempo sarebbero state rese fichissime pure loro. Il preside è venuto classe per classe con questi due fogli giganti sottobraccio, ci faceva notare le aule spaziose che ci attendevano, il laboratorio di scienze e la sala computer, la palestra attrezzatissima e pure un planetario sul tetto. Li indicava e ripeteva: “Guardate ragazzi, guardate che meraviglia. Venite qua, guardatelo bene questo disegno, non ve lo perdete, perché dal vero questa roba non la vedrete mai”. E aveva ragione. Alla fine il municipio l’ hanno spostato dov’ era il liceo e ci hanno fatto dei grandi lavori, mentre il liceo l’ hanno spedito alle ex-medie lasciandole praticamente uguali a prima. Una delle lezioni più importanti che mi abbia dato la scuola. Ma un’ altra reazione ancor più temibile, quando dici che vivi a Forte dei Marmi, è il bisogno sfrenato del tuo interlocutore di farti vedere quanto la conosce bene, in un misto di condivisione e competizione con te. Parte così il lungo elenco dei posti tipici del Forte, lista più o meno fissa che non può non comprendere le seguenti voci: Il Pontile. Che tecnicamente è un molo, ma solo i forestieri lo chiamano così. Per noi è il pontile, o ancora meglio “il ponte”. Quando un milanese l’ anno scorso ha chiesto indicazioni a mia madre per arrivare al molo di Forte dei Marmi, lei candidamente gli ha spiegato che a Forte dei Marmi il molo non c’ è, e l’ ha spedito fino a Viareggio. Il fortìno. Che nella lista va infilato per forza, ma nessuno ha mai nulla da dire a proposito. E nemmeno io. Le focaccìne di Valè. Che in realtà si chiamerebbero schiacciatìne. Quante volte mi sono sentito dire: “Beati voi, che vivete qua e potete mangiare le focaccine tutto l’ anno”…e non ho cuore di dirgli che l’ ultima schiacciatina l’ ho assaggiata nel 1983. Il mercato del Forte. Autentica leggenda tra le donne di tutta la nazione, basta il suo nome per provocare intimi orgasmi da shopping. Invece di mutande e calzini, sui suoi banchi regna sovrano il cachemire. La Capannina. E qua la lista si sospende, per lasciare spazio al ricordo personale di lontani amori nati sulle storiche assi di legno del locale, oppure per far partire la sotto-lista degli artisti internazionali che si sono esibiti là, da Edith Piaf a Paul Anka a Ray Charles. Raramente si accenna al fatto che adesso ci canta con scadenza settimanale Gerry Calà. Nomi assortiti di discoteche e bar. Citazione a raffica di locali in cui si sono passate estati indimenticabili, seguita dalla spietata domanda: “Ma esiste ancora?”, che è tendenziosa e in sé già bramosa di rimpianto, perché tutti sanno benissimo che al Forte, alla domanda “esiste ancora?”, su quasi nulla si può rispondere di sì. Da qua si scarica un’ ultima mitragliata di ricordi, venati di amaro e impreziositi dalla conclusione che una volta era tutto meglio. E forti di questa nuova consapevolezza, dopo una mezz’ ora di discorsiè finalmente possibile salutarsi e proseguire ognuno per la propria strada. Ecco perché, quando non ho tanto tempo, alla domanda “ma tu dove vivi” tendo a rispondere “vicino Grosseto”, dichiarazione che mi libera in trenta secondi. Ma intimamente, anche se non lo ammetteremo mai, a noi del Forte piace un sacco che tutti conoscano il nostro paese e dicano “oddio ma che bel posto, mamma mia che fortuna”. E infatti a casa mia ci fu grande sconforto quando mio zio, appena partito per il militare, telefonò da Potenza e raccontò che un commilitone gli aveva chiesto di dov’ era, lui gli aveva detto sono del Forte, e questo con una mezza risata gli fa del Forte? E che roba è il Forte, Forte Apache? Perché quel tipo lì Forte dei Marmi non l’ aveva mai sentita nominare. A quella storia mia nonna ha smesso di respirare, si è messa la mani davanti alla bocca e ha guardato il cielo in cerca della Madonna, per chiederle O Madonnina mia, ma dove me l’ hai mandato? E piuttosto che a Potenza l’ avrebbe preferito di pattuglia in Afghanistan, dove secondo mia nonna alle parole “Sono del Forte” la popolazione locale risponde subito “ma dài, non ci posso credere, io il mercoledì vengo sempre al mercato del Forte,a prendere il Cachemire”.
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- FABIO GENOVESI
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