-Conflitti fra le Religioni
-Conflitti intraconfessionali.
Gerusalemme, la Santa… per le tre confessioni monoteiste. Dalla nascita dello stato d’Israele gli eventi sono stati trattati come dettati dalla politica e dal fondamentale diritto d’esistere e governarsi che spetta a ogni popolo.Oggi, e si può dire da quando i Palestinesi cercano di formare un governo unitario, si assiste a narrazioni degli eventi in termini di appartenenza religiosa. Un ritorno del passato.
I movimenti ebraici nazionalisti vogliono la distruzione della moschea Al Aqsa, per ricostruire sul sito il Tempio di Salomone. Durante una protesta, un uomo in moto ha attentato alla vita del rabbino israelo-americano Yehudà Glick, la risposta del governo è stata l’immediata chiusura della spianata delle Moschee. Dal 1967 quando Israele si è impadronita del sito, una misura di tale gravità offensiva per i sentimenti musulmani era stata presa solo nel 2000 con la provocatoria passeggiata di Ariel Sharon, membri dei Likud e centinaia di poliziotti antisommossa, sulla spianata delle Moschee alla quale i Palestinesi risposero con la seconda Intifada.
Il Monte del Tempio è un luogo sacro per tutti i Musulmani, non soltanto per gli arabi palestinesi. Il provvedimento, per quanto parzialmente ritirato, s’inserisce in un panorama con nuovi protagonisti caratterizzati religiosamente: i movimenti jihadisti, sparsi in tutto il Medio Oriente e lo Stato Islamico che controlla gran parte delle Siria e dell’Iraq.
Nello scontro interreligioso Islam – Ebraismo, il Cristianesimo ha preso una posizione ufficiale e nel comunicato del Patriarcato Latino di Gerusalemme si legge “Noi, capi delle Chiese di Gerusalemme, vogliamo esprimere la nostra seria inquietudine riguardo le recenti attività su Haram al Sharif ( ndr. Spianata delle Moschee o Monte del tempio) quali la chiusura totale e le restrizioni di accesso alla Moschea di Al Aqsa. Questi avvenimenti sono stati provocati da atti estremisti che stanno divenendo un fenomeno ricorrente in Terra Santa e nella Regione.”
In realtà, le tensioni fra confessioni religiose nascono da conflitti intra-confessionali, in quanto i nazionalisti ebraici costituiscono una scissione dal pensiero religioso prevalente in Israele e nella Diaspora. I conflitti intra-confessionali non sono una novità, tornano anch’essi dal passato, come si legge in questo estratto da
Jerusalem: One City, Three Faiths, della saggista e storica delle religioni Karen Armstrong, pubblicato in italiano
Gerusalemme. Storia di una città tra Ebraismo, Cristianesimo ed Islam.
Vi fu un periodo in cui i rapporti all’interno del Cristianesimo erano di violenta ostilità (non si sa quanto effettivamente superati) e complicavano la convivenza degli Ebrei, anch’essi agitati dalla nascente disarmonia fra sefarditi e aschenaziti, con i Musulmani.
Nel 1800 Gerusalemme contava circa 8750 abitanti: 4000 musulmani 2750 cristiani 2000 ebrei. Si servivano tutti dello stesso suq e vivevano raggruppati attorno ai loro santuari principali. Alcuni rapporti intercomunitari erano amichevoli.
Gerusalemme nel 1800
I musulmani del quartiere maghrebino, per esempio, andavano d’accordo con gli ebrei che dovevano passare sul loro territorio per raggiungere il Muro del pianto. Gli ebrei però non potevano entrare nel Santo Sepolcro e avevano rapporti così tesi con i cristiani che dovevano tenersi lontani dal loro quartieri.
Le diverse confessioni cristiane convivevano in una stato di velenosa animosità capace di degenerare in violenza alla minima provocazioni.Nel quartiere ebraico c’era tensione tra i sefarditi e gli aschenaziti che,erano tornati in città tra il 1810 e il 1820.
La Città della Pace ribolliva di frustrazione e di rancori e l’antico ideale dell’integrazione sembrava un sogno svanito. Questa rabbia esplodeva spesso in ribellioni e sommosse.
Nel 1808 scoppiò un incendio nella basilica del Santo Sepolcro. Ebbe inizio nella cappella di Sant’Elena che era sotto la protezione degli armeni,da lì si diffuse rapidamente. Tutto l’edificio fu distrutto e i pilastri che sostenevano la cupola crollarono. Subito si scatenarono le accuse reciproche perché le varie comunità si rimproveravano a vicenda per la catastrofe.
Gli armeni erano sospettati di aver appiccato il fuoco di proposito per modificare lo stutu quo della basilica; altri dicevano che sacerdoti greco ortodossi in stato di ebbrezza avevano accidentalmente incendiato fascine di legna cercando poi di spegnere le fiamme con l’acquavite.
Poiché la ricostruzione era segno di appartenenza legale, la lotta per vincere la gara d’appalto fu spietata: ogni confessione cercò di fare l’offerta migliore e di ricorrere al sostegno di protettori stranieri.
Alla fine i greci riuscirono a comprare il privilegio e nel 1819 i lavori di restauro ebbero inizio, ma a Gerusalemme l’edilizia non è mai stata una attività neutrale. I musulmani si sentivano da tempo a disagio per quanto riguardava la basilica del Santo Sepolcro, soprattutto nei periodi di difficoltà economiche, così assediarono la residenza del governatore chiedendo l’interruzione dei lavori. A loro si unirono I giannizzeri locali, arrabbiati perché c’erano altre truppe a presidio della Cittadella.Ben presto per tutta la città infuriò una vera e propria rivolta. I ribelli attaccarono il patriarcato greco ortodosso e occuparono la Cittadella cacciando il governatore dalla città. La sommossa fu domata solo quando il wali di Damasco inviò un distaccamento di truppe: 46 capibanda furono decapitati e le loro teste mandate a Damasco.
La ricostruzione del Santo Sepolcro proseguì ma si dimostrò essa stessa un atto di guerra. I greci colsero l’occasione per cancellare dall’edificio qualunque traccia dell’occupazione latina; da allora in poi un monaco greco rimase di guardia permanente sopra il Sepolcro. I greci avevano ora il controllo della Tomba e del Calvario, i Francescani erano confinati a nord dell’edificio, gli armeni nella cappella di Sant’Elena, i Copti in una piccola cappella a ovest della tomba, i Siriani in una cappella sulla Rotonda. Gli Etiopi sarebbero stati costretti a costruire il loro monastero e la loro chiesa sul tetto.
Per i cristiani era impossibile convivere in modo amichevole nel più sacro dei loro santuari; la chiave della basilica fu data in consegna a una famiglia musulmana che a tutt’oggi gode del privilegio di chiudere e aprire l’edificio secondo le direttive delle varie autorità.Questo provvedimento si rese necessario perché altrimenti nessuna setta cristiana si sarebbe fidata a lasciar entrare le altre. Un visitatore britannico descrisse scioccato questa cena:
I Coptisono in piedi di fronte all’altare, molto prima che abbiano concluso la loro funzione di 60 minuti gli armeni si radunano numerosi attorno al coro, non per partecipare alle preghiere e alle genuflessioni, ma per mormorare bestemmie, per fischiare i sacerdoti copti, per borbottare, per prendere in giro e dileggiare la preghiera del mattino.
Spesso i fedeli venivano alle mani, allora le guardie turche erano sempre pronte fuori della chiesa per fare irruzione in caso di scontri. Se non c’era stato spargimento di sangue, la funzione proseguiva, ma i soldati rimanevano allerta, pronti a fare fuoco.
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nota: Non sappiamo chi furono i primi abitatori delle colline e delle valli della Palestina che sarebbero poi diventate il centro della spiritualità monoteista. Gli archeologi hanno scoperto sul monte Ofel oggetti in ceramica databili 3000 A.C., ma sarà dal 2300 sotto il dominio dei Faraoni che la Palestina, terra di Canan oppure Retinu per gli egizi, iniziò a fiorire e Gerusalemme, Rushalimum, a ingrandirsi. La città è passata di mano innumerevoli volte, nei modi più sanguinosi, fino all’arrivo del sultano Selim I, l’1 dicembre 1516, che avviò il dominio Ottomano destinato a durare 400 anni. Le tre confessioni religiose a tratti hanno convissuto pacificamente, più spesso si sono combattute, e la cronaca di oggi riporta in vita il passato.