Il Pensions Institute chiede agli asset manager la trasparenza completa sull’indicazione del costo pieno della gestione patrimoniale
I proventi degli investitori sono danneggiati dai costi nascosti, che, stando al rapporto, risultano almeno pari ai costi visibili dei fondi a gestione attiva.
Giugno 2014 - Gli asset manager dovrebbero essere tenuti a dichiarare i costi pieni della gestione attiva dei fondi per aiutare gli investitori a individuare l’erosione completa dei loro introiti.
Il Pensions Institute della Cass Business School ha pubblicato un white paper nel quale si chiede agli asset manager di dichiarare tutti i costi visibili e nascosti effettivamente sostenuti dagli investitori.
La ricerca citata nel documento indica che i costi nascosti, ad esempio il differenziale domanda-offerta e i costi delle transazioni nei fondi sottostanti, possono costituire fino all’85% dei costi totali della transazione di un fondo. Il resto è costituito da costi visibili come commissioni, imposte e onorari.
Il Direttore del Pension’s Institute, Professor David Blake, spiega: “Il fatto che i costi delle gestioni patrimoniali non vengano integralmente rivelati non trova fondamento in alcun valido motivo. In tutti i casi, si tratta di costi veri e propri sostenuti dagli investitori.
“Non ha molto senso richiedere la trasparenza quando la misurazione dichiarata dei “costi” non è comprensiva di tutti i costi, o, nel breve termine, di tanti quanti sia possibile riferire attualmente a una base efficiente.
“Se, in definitiva, i costi totali degli investimenti non vengono dichiarati in toto, come è possibile stabilire un massimale degli oneri effettivo e significativo, e in che modo i gestori degli investimenti attivi possono valutare il loro reale valore aggiunto?”
I costi potrebbero essere dichiarati sotto forma di una “percentuale di costo”, che potrebbe essere dedotta dalla percentuale lorda dell’introito per arrivare a una percentuale netta, e in quanto importo monetario, confrontabile con il valore monetario del portafoglio dell’investitore.
Il documento propone un approccio scaglionato che potrebbe condurre alla trasparenza completa su tutti i costi della transazione.
Nella fase iniziale, ai gestori patrimoniali verrebbe richiesto di dichiarare tutti i costi monetari come commissioni, imposte, onorari, spese di deposito e costi di acquisizione, unitamente ai costi monetari nascosti quali differenziale domanda-offerta, costi delle transazioni, fondi sottostanti ed entrate non dichiarate.
“Tutti questi costi indiretti si correlano all’efficienza del processo di gestione dell’investimento e tutti i buoni gestori patrimoniali dovrebbero disporre di una stima della loro entità”, dichiara il Professor Blake.
Una volta che le società di investimento dispongono dei sistemi informatici adatti, occorre dichiarare anche i costi non monetari, inclusi l’impatto sui mercati, la fuga di notizie, l’esposizione sui mercati, i costi di market timing e i costi per ritardi (vedere di seguito).
Il Professor Blake aggiunge: “I costi non monetari nascosti sono più difficili da calcolare, poiché implicano l’analisi di informazioni che non vengono necessariamente acquisite in automatico dai sistemi del gestore patrimoniale. Tuttavia, il punto è stabilire se i sistemi del gestore patrimoniale possano essere configurati in modo da generare tali informazioni in modo efficace in termini di costo”.
Costi monetari visibili
- Commissioni
- Imposte
- Onorari
- Spese di deposito
- Costi di acquisizione
Costi monetari nascosti
- Differenziale domanda-offerta – Tra i costi nascosti, quello più facile da comprendere è il differenziale domanda-offerta che un operatore di borsa o un operatore indipendente applica per acquistare e vendere un titolo o che una banca di investimento addebita, ad esempio, per una copertura valutaria. I costi differenziali totali sostenuti nel corso dell’anno saranno correlati al volume annuale del portafoglio.
- Costi delle transazioni nei fondi sottostanti – Se il gestore patrimoniale acquista per conto dell’investitore, i costi della transazione sostenuti per questi fondi non vengono riferiti neppure ai gestori patrimoniali, ma vengono comunque pagati dall’investitore in termini di un introito più basso.
- Entrate non dichiarate – Il gestore patrimoniale può beneficiare anche di entrate non dichiarate, ad esempio degli interessi trattenuti sui saldi liquidi sottostanti o degli utili non distribuiti derivanti da prestiti di titoli.
Costi non monetari nascosti
- Impatto sui mercati – Si riferisce alla reazione del prezzo di mercato a una transazione di grandi dimensioni, come ad esempio la vendita in blocco di titoli. Il prezzo di mercato diminuisce durante il processo di vendita dei titoli e il prezzo medio di esecuzione sarà inferiore al prezzo pre-vendita. Se il gestore patrimoniale tenta di eseguire una transazione di grandi dimensioni in lotti inferiori, ad esempio pubblicizzando le operazioni finanziarie per attrarre acquirenti o cercando indicatori di interesse, ciò determinerà una fuga di notizie che avrà in generale lo stesso effetto dell’impatto sui mercati.
- Esposizione sui mercati – Si riferisce al fatto che un investitore è esposto agli eventi del mercato durante il periodo di svolgimento della transazione. Si supponga che il gestore patrimoniale stia pianificando l’acquisto di titoli per un cliente. Il cliente è esposto al rischio che il prezzo di mercato aumenti prima che la transazione venga eseguita.
- Le opportunità finanziarie mancate o i costi di market timing sono i costi associati alla mancata esecuzione di una transazione al miglior prezzo possibile. Vi sono infine i costi per ritardi associati all’attesa del completamento delle transazioni (ad esempio, il mantenimento del prezzo d’acquisto in un conto a interessi zero). Alcuni di questi costi non monetari possono essere soggetti a copertura del rischio (ad esempio quelli relativi a movimenti di mercato sfavorevoli), ma il costo della copertura del rischio diventa così una misurazione esplicita del costo nascosto.
Nota di promemoria:
Il 13 maggio 2014, la Financial Conduct Authority ha criticato il settore dei gestori dei fondi di investimento per l’insufficiente trasparenza relativa alla dichiarazione delle spese agli investitori. In particolare, è stata criticata la commissione annuale di gestione (AMC) in quanto “non fornisce agli investitori dati chiari e combinati relativi alle spese”. È stato quindi consigliato l’utilizzo di un dato costante sulle commissioni (ongoing charges figure, OCF) che, in aggiunta alla commissione per il gestore patrimoniale, include i costi operativi ricorrenti, quali la tenuta del registro degli investitori, il calcolo del valore delle unità o quote del fondo e i costi di custodia delle attività. In altre parole, l’OFC misura i costi che un gestore patrimoniale sosterrebbe in assenza di qualsiasi acquisto o vendita di attività e se i mercati delle attività fossero rimasti stabili nel corso dell’anno. Il giorno seguente, il 14 maggio, il Financial Reporting Council ha accettato la proposta dell’Investment Management Association (IMA) di dichiarare non solo l’OFC, ma anche i costi di negoziazione e le imposte di bollo versati quando un gestore patrimoniale acquista e vende attività nel portafoglio del fondo. L’Amministratore Delegato IMA Daniel Godfrey ha commentato: “Il nostro nuovo provvedimento è semplice, facile da comprendere e copre ogni centesimo speso da un fondo… dà agli investitori la certezza che nulla sia stato nascosto.” Purtroppo, anche con le nuove informazioni dichiarate, rimarranno costi nascosti.
Note per i redattori:
Il Pensions Institute (PI) conduce ricerche e fornisce il parere di esperti su tutti gli aspetti delle forme pensionistiche. Fondato nel 1996, il PI è stato il primo centro di ricerca accademica dedicato esclusivamente alle forme previdenziali.
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A proposito di… Cass Business School
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