Anna Lombroso per il Simplicissimus
Quello del ghostwriter è un mestiere divertente, ma difficile: devi metterti nei panni di un altro, da istrione della scrittura, interpretarlo con i suoi stilemi, trovare i suoi accenti, dimenticando le proprie convinzioni per rappresentare ed esporre con credibilità le sue. Per questo bisognerebbe pagarlo bene ed apprezzarne l’opera.
La vostra blogger è stata la scrittrice fantasma di qualcuno e così ha potuto entrare in contatto con l’unico “collega” che a causa dei pur modesti tagli alla politica, scrive per tutti gli alti rappresentanti delle istituzioni.
Mi ha confessato che lo pagano poco, ma bisogna accontentarsi, dice, che in fondo il governo si esprime via twitter con annunci e smentite che non superano le rituali 140 battute. Pochi soldi, dunque, ma poco lavoro. Di solito, perché invece ieri si è trovato a dover preparare il canovaccio per la predica di insediamento di Mattarella: del nuovo presidente non si può dire che sia brillante, nemmeno che abbia una vivace e potente vis narrativa, era necessario trovare un escamotage per appassionare gli ascoltatori, anche se di bocca buona.
Pensa e ripensa, ha deciso di fare un sapiente collage con le esternazioni più collaudate di tutti gli attori più rappresentativi nel teatro nazionale, con le dichiarazioni di rito e le frasi fatidiche del Tubolario, quel gioco di tanti anni, quel tubo di cilindri rotanti ognuno dei quali recava un passo gergale: “La confluenza verso obiettivi comuni, su indicazione della base, presuppone il riorientamento delle linee di tendenza in atto in una visione organica..”, costruendo il “discorso perfetto”, un insieme prolisso di parole e proposizioni “specialistiche, che si agitano e rotolano nel vuoto dei contenuti.
Ti dirò in confidenza, mi ha rivelato, che per farne un discorso ecumenico, pastorale, esemplare di tutti gli italiani, ce li ho messo dentro proprio tutti: quelli della Leopolda e i tifosi di calcio, le donne di senonoraquando e quelli del volontariato, miss Italia e partigiani, i charlie de noantri e fan dei 5stelle. Ai quali si è rivolto proprio all’inizio, richiamando con piglio episcopale alla necessità della condivisione e dell’urgenza di concorrere con gioioso spirito unitario alle azioni che devono rispondere alle aspettative e alle difficoltà degli italiani, in un Parlamento che “presenta straordinari elementi di novità”, giovani, donne, tacendo pudicamente della sua incostituzionalità sancita proprio dalla Corte della quale è stato autorevole membro.
Come doveroso omaggio all’ideologia del governo e dei padroni che lo muovono da un lontano non abbastanza distante, non ha risparmiato i richiami imperativi, targati Leopolda, al ruolo dell’innovazione, delle nuove frontiere della tecnologia, ma anche alle riforme che permettano al Paese di cogliere la sfida della competitività.
Non potevo far mancare, è il ghostwriter che parla, l’innocenza delle parole proferite tra le lacrime mentre cinge la fascia, di ogni Miss Italia, che mette in cima ai suoi desideri la pace nel mondo, quella pace che, come è d’obbligo, richiede quel tanto di guerra necessaria a garantirla, rispondendo alla minaccia globale del terrorismo, con risposte ed alleanze globali, come fanno i nostri militari in missione, proprio come i “nostri” marò dei quali si ricordano e vengono citati il nome e cognome, ma non la natura “umanitaria” e di difesa della civiltà della loro azione.
C’erano due temi complicati, dai quali il mio collega non sapeva come uscire. Cosa dire dell’Europa matrigna in tempi di golpe finanziario, di troike feroci e di banche rapaci? L’unica era ricorrere al risvolto di copertina del Manifesto di Ventotene, alle ultime parole famose di Spinelli, Rossi e Colorni, e giù con l’Europa “approdo sicuro”, Europa “frontiera della speranza” alla quale giungono migranti in cerca di un futuro di riscatto e benessere. E come affrontare il tema delle riforme costituzionali ed elettorale, dei quali si auspica il compimento per “adeguare” la nostra democrazia, mettendo opportunamente mano alla Carta e ai modi della partecipazione? Con una impennata creativa la scelta è caduta sul linguaggio calcistico, lo sport preferito dagli italiani, ribadendo il ruolo del presidente come arbitro imparziale, ma motivato a chiedere l’aiuto dei giocatori, come un parroco furbo che guarda i ragazzini giocare in patronato, ma che per non stare per una squadretta o per l’altra, rivendica le competenze parlamentari, aggirate con autoritari ricorsi alle fiducie, così da essere legittimato nella funzione notarile.
In anticipo sul discorso di fine anno, la seconda parte della predica, più emotiva e appassionata, per così dire, ha tratto ispirazione dalle sempre amate letterine a Babbo Natale, con i buoni propositi a difesa dei valori che rendono viva la Costituzione che quelli che hanno voluto l’elezione di Mattarella vogliono morta: garantire il diritto allo studio, tutelare il patrimonio artistico e culturale, salvaguardare i diritti dei malati e dei diversi a pari merito, concorrere con lealtà alle spese (la parola evasione, visti gli illustri invitati è stata pudicamente rimossa), sostenere le famiglie fondamento della società, vigilare sulla libertà d’informazione (ma non ce n’è bisogno, basta guardare all’entusiasmo con il quale i nostri cronisti hanno seguito il discorso punteggiato di applausi), permettere alle donne di non avere paura di violenza e discriminazione (dell’espulsione dal lavoro è più elegante non parlare), lottare contro le mafie e la corruzione come, e figuriamoci se poteva mancare, tante volte ha ammonito Papa Francesco.
E’ proprio soddisfatto il mio amico. Il discorso è proprio piaciuto a tutti, è stato interrotto oltre 40 volte da battimani scroscianti, almeno quanti ne aveva ricevuti il pistolotto da preside di Napolitano alla rielezione, che aveva svolto il ruolo di una lavata di testa a scolaretti riottosi, una ramanzina da dimenticare subito e riprendere a tirare il pallone contro le vetrine.
Al risveglio dal pisolino che ci ha provocato potremmo scoprire che è piaciuto anche a noi: beh, preoccupatevi, purtroppo non è un brutto sogno, è un brutto segno. E’ proprio il presidente di tutti, loro.