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E' stato così ricco il bottino di viaggio pur avendo visto solo una modesta parte di questo straordinario paese accompagnato per tutti i 4300 chilometri della sua estensione dalle montagne e dall'oceano. La visione della Cordillera o dei suoi avamposti accompagna sempre ovunque si sia e lo sguardo si posi, vicina o stagliata lontana all'orizzonte è comunque sempre presente, austera o amica per proteggere o isolare, non so, questo paese dal resto del mondo.
Nel nostro percorso non abbiamo visitato musei tranne a Santiago quello della Memoria in cui si raccolgono testimonianze e si documentano gli anni bui della dittatura di Pinochet e il bellissimo Museo della Marina a Valparaiso che fa comprendere quanto questo sia un popolo di navigatori avendo solo l'oceano come possibilità di spostamento.
Si evince quanto sia importante l'Armada, come viene qui chiamato l'esercito del mare, certo non più "invincibile" perché i secoli nel frattempo sono passati e la colonizzazione spagnola fa ormai parte solo della storia.
Qui non ci sono i Masaccio, i Raffaello o i Modigliani da ammirare, eppure tutto il Cile è un immenso Louvre a cielo aperto, i suoi quadri di valore inestimabile non sono fatti di tele, pennelli, matite colorate e pastelli, ma di granito, di lava, di terra, di acqua in tutte le sue forme, di sabbia, di roccia, di ghiaccio, di vento, di alberi secolari, di alghe, di pinguini, delfini, cormorani e balene, di stelle che luccicano e che vedi tramontare nelle notti serene.
Leggo sulla lonely planet che i cileni si divertono a raccontare la barzelletta secondo la quale Dio, dopo aver creato quasi tutto il Sud America, prese ciò che gli era rimasto-porzioni di deserto, montagne, valli, ghiacciai, foreste pluviali e coste- e creò il Cile; in effetti questo paese riassume tutti i paesaggi geografici esistenti, dall'arido deserto del nord fino alla punta meridionale patagonica ricoperta di ghiacci.
In contropartita di tanta varietà e ricchezza ha anche dei drammatici primati, come quello delle eruzioni vulcaniche più distruttive (abbiamo visitato in Patagonia Chaiten, una città fantasma), come quello del terremoto nel 1960, il più violento mai registrato nella storia dell'uomo, 9,5 della scala Richter; i cileni a delle scosse telluriche dell'ordine del 3 o 4 della scala Richter non ci fanno minimamente caso perché ci convivono quotidianamente.
Si vedono anche spesso cartelli segnaletici per evacuazione tsunami e credo di aver compreso la ragione, terra e acqua sono talmente contigui che le scosse del terremoto si ripercuotono necessariamente anche sull'oceano vicino. Solo 17 milioni di persone, concentrate all'85% in zone urbane, sei milioni a Santiago, su questo territorio immenso, incredibilmente bello ed estremo; si vedono dovunque cartelli che offrono all'acquisto parcelle di terra.
Abituata alle nostre modeste proporzioni europee, mi ha fatto inizialmente un certo effetto negativo perché sembra un paese in vendita per tutti coloro che hanno voglia di faticare, dissodare, coltivare, fare i pionieri insomma rendendo abitabili zone sperdute e inospitali per l'uomo.
Se è vero che il miliardario americano Douglas Tompkins è uno strenuo ecologista ed ha creato il Parque Pumalin per salvaguardare la natura patagonica, è anche vero che colpisce il fatto che un privato possa comprarsi non so più quante migliaia di ettari di uno stato.
Diventa però chiaro perché si siano aperte le porte a inglesi, irlandesi, italiani, francesi, tedeschi, spagnoli, croati, libanesi, palestinesi, nel presente soprattutto a forza lavoro di colombiani, peruviani, haitiani, varie ondate immigratorie che hanno contribuito a popolare ed edificare un paese immenso e vergine dove tanto si è fatto e tanto resta ancora da fare.
Siamo a Maintecillo, con Zapallar, Papudo, Conchagua fra le località marine più belle a nord di Valparaiso, gli ultimi tre giorni tranquillamente al mare dove i nostri eroi si riposano.
Scrivo al tavolo di un barettino in riva all'oceano che offre il collegamento internet, guardo intorno e mi ripeto, del Cile ne ho già la nostalgia.
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