
Dopo i primi giorni a Kyoto mi sento di confermare che, ogni volta in cui si è clienti o fruitori di un servizio, si viene trattati da re. Capita anche che qualcuno si impegni più di quanto sarebbe tenuto a fare: il tassista che mi ha portata dalla stazione al mio appartamento, non conoscendo la strada, ha telefonato al padrone di casa - sbagliando numero più volte, perché loro non scrivono le cifre nel nostro stesso modo - per farsela spiegare e portarmi proprio davanti alla porta di ingresso.

L'apice della nipponica gentilezza l'ho sperimentato ieri, quando un signore in procinto di lasciare la città ha fermato noi tre, baka gaijin (stupidi stranieri), e ci ha regalato tre biglietti dell'autobus giornalieri che a lui non sarebbero più serviti.
Una cosa su cui invece mi sento in parte di dissentire è l'idea che i giapponesi rispettino pedissequamente le regole; se lo fanno, smettono nel momento in cui salgono su una bicicletta. Le biciclette sono le regine del marciapiede. Passano a due centimetri dai pedoni, sfrecciano come razzi, ti arrivano dietro silenziose e poi ti scampanellano spaventandoti a morte. Durante il primo incontro di orientamento alla vita in Giappone, ci è stato consegnato un foglio con cinque regole per la sicurezza in bici. Ecco, da "as a general rule, ride on the street not the side walk" a "do not listen to music and do not use mobile-phones", ho visto giapponesi infrangere ogni singolo punto di quella lista.
Sono forse regole che valgono solo per i gaijin? Lo scoprirò presto, è giunta l'ora per me di diventare una ciclista.