Qualcuno è riuscito ad entrare con merito nella storia del campionato italiano, altri ci stanno provando. Altri hanno fallito miseramente, qualcuno è stato semplicemente oggetto di operazioni di marketing. Nella memoria collettiva, se si parla di giocatori giapponesi che abbiano militato nel campionato italiano, il primo pensiero corre a Hidetoshi Nakata.
Sbarcò a Perugia nell’estate del 1998, dopo aver già impressionato ai mondiali. Lo scetticismo nei suoi confronti fu inversamente proporzionale all’impatto che Hide ebbe con il calcio italiano. Segnò una doppietta all’esordio contro la Juventus, giusto per smentire subito chi era pronto ad affibbiargli l’etichetta di bidone. Centrocampista universale dotato di ottima visione di gioco e piedi raffinati, con la stoffa del grande giocatore. Dopo un campionato e mezzo ad altissimo livello con il Grifone, si trasferisce a Roma. Ed anche qui dà il suo contributo nonostante il ruolo di “vice-Totti”. Anzi, risulta determinante nella stagione dello scudetto giallorosso nel girone di ritorno del campionato 2000/01 con prove di altissimo livello (la più importante contro la Juventus dopo essere subentrato dalla panchina proprio al Pupone). Parma, Fiorentina e Bologna le altre tappe (meno fortunate) della sua importante carriera. Senza dubbio il più grande giocatore nipponico che abbia calcato i nostri campi.
Fallì miseramente invece Kazu Miura, il primo in ordine di tempo ad approdare in Italia. Era il 1994 quando il Genoa tentò questa operazione di mercato grazie a degli sponsor giapponesi che versavano un contributo in denaro alla società a ogni presenza del giocatore. Ne mise insieme 21, condite da un solo misero gol. Ma quel gol lo realizzò in un derby e tanto bastò per ricordarlo ancora nel cuore dei tifosi rossoblù. Dopo soltanto una stagione fu rispedito al mittente, tornò in Giappone dove fece collezione di campionati e titoli di capocannoniere.Altri due flop furono senza dubbio Hiroshi Nanami e Atsushi Yanagisawa. Non si trattava di operazioni commerciali, ma di veri e propri abbagli di mercato dei dirigenti italiani convinti di fiutare il colpo dopo l’esito positivo dell’operazione Nakata. Fu lo stesso Zamparini, all’epoca presidente del Venezia, a dichiarare nell’estate 1999 “Nanami non è un operazione di marketing: lo abbiamo preso perchè è il più forte giocatore giapponese”. Il bilancio di Nanami al Venezia fu impietoso: 24 spezzoni di partita e 1 gol con annessa retrocessione in Serie B dei lagunari.
Discorso simile per Yanagisawa: 43 presenze tra Sampdoria e Messina tra il 2003 e il 2004, e zero reti per uno che di mestiere faceva il centravanti. Evidentemente il senso del gol non era tra le sue caratteristiche principali. Anche lui, dopo l’esperienza italiana è tornato profeta in patria, nei Kashima Antlers, il club che lo aveva lanciato alla ribalta europea.
Nel 2002, il presidente della Reggina Lillo Foti porta a Reggio Calabria Sunshuke Nakamura. E questa volta la scelta si rivela azzeccata. Nakamura ha classe e talento da vendere, e ci mette poco a dimostrarlo. Abilissimo nei calci piazzati, dotato di un sinistro raffinatissimo disputa una prima stagione straordinaria trascinando gli amaranto alla salvezza. Dopo altri due campionati in tono minore caratterizzati da alti e bassi e problemi fisici, nel 2005 si trasferisce al Celtic Glasow, diventando in breve tempo un beniamino anche in Scozia. Memorabile una sua punizione nella fase a gironi di Champions League 06/07 contro il Manchester United. Meno fortunata la sua apparizione in Liga, con la maglia dell’Espanyol.
Non è riuscito a sfondare invece Takayuki Morimoto. Promessa del calcio nipponico, il Catania lo prese giovanissimo dal Tokyo Verdy nel 2007. Attaccante rapido ma acerbo sia a livello tattico che tecnico, Morimoto andò in gol all’esordio in Serie A. Un brutto infortunio ai legamenti del ginocchio lo costrinse a restare out per tutto il resto della stagione. Ma nei successivi campionati non riuscì mai ad incidere, nonostante la società etnea gli concesse ampia fiducia acquistandolo a titolo definitivo. Attualmente, a soli 25 anni e dopo un’altra esperienza italiana poco esaltante a Novara, è rientrato in Giappone.
Positivo l’impatto nel calcio italiano di Yuto Nagatomo, attualmente l’unico rappresentate del Sol Levante in Serie A. Nel 2010 il Cesena neopromosso in Serie A lo porta in Italia per una cifra vicina ai 2 milioni di euro. Disputa un ottima prima parte di stagione, guadagnandosi subito la chiamata dell’Inter nel Gennaio 2011. Il terzino giapponese è l’esempio di come il calcio asiatico sia maturato parecchio in questi anni. La sua duttilità tattica ne è la dimostrazione, soltanto un decennio fa era impensabile che un club italiano puntasse su un terzino proveniente da un calcio così diverso. Nagatomo non è un fuoriclasse, ma si sta ritagliando uno spazio importante nel nostro calcio grazie soprattutto alla sua diligenza e professionalità. Punto fermo anche in nazionale, con la quale ha conquistato la Coppa d’Asia nel 2011, nonostante il fisico brevilineo ha tra le sue doti principali la resistenza fisica che abbinata alla rapidità e all’agilità lo hanno reso uno dei terzini più affidabili del campionato.