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GID (Gender Identity Disorder) Disturbo da Identità di Genere

Creato il 23 febbraio 2012 da Marvigar4

Zach Avery

   Ha fatto scalpore la recente notizia di un bambino inglese di cinque anni che presentava già da due anni, almeno quanto affermato dai genitori, tutti i sintomi del GID, ossia il Disturbo da Identità di Genere. Zach Avery, questo è il nome del bambino, concepisce se stesso in un corpo e in una mente femminili pur essendo anatomicamente maschile, ciò lo ha portato a comportarsi come una bambina sin da piccolissimo, a preferire abiti femminili, a giocare con bambole e scegliere la compagnia delle sue coetanee più che di altri bambini. Da un anno a questa parte, d’accordo con i genitori e con chi lo sta curando, Zach si veste e gioca come una bambina, la struttura scolastica dove si reca lo ha ormai accettato e il suo quadro psicologico generale è migliorato. La frustrazione che deriva dal non essere accolti, dalle aspettative sociali non solo degli adulti, è la difficoltà di regola più rilevante che i soggetti diagnosticati con il GID incontrano. Purtroppo, resiste ancora una cultura che impone comportamenti fisici e mentali fissi in relazione al genere d’appartenenza, o genotipo, senza tener conto dell’identità del soggetto, che non può corrispondere sempre al genere. Per le persone con GID essere nate in un corpo “estraneo” sembra quasi una maledizione inflitta da un contesto incapace di accettare la “diversità” in tutte le sue forme. Recenti studi, come certifica un’inchiesta pubblicata su Pediatrics [1], hanno rilevato che nel periodo che va dal 1998 al 2010 il numero di bambini e adolescenti diagnosticati con il GID è quadruplicato, e oltre il quaranta per cento dei soggetti presenta una storia psichiatrica davvero drammatica, con episodi di automutilazione e tentativi di suicidio. Negli Stati Uniti, all’interno del Children’s Hospital Boston, è attivo già da tempo un ambulatorio di identificazione sessuale, presieduto dal Dottor Norman Spack, il quale, in un’intervista alla Associated Press [2], ha sostenuto che secondo le sue stime un bambino su diecimila presenta una condizione di conflitto tra l’identità e il genere d’appartenenza. Il dibattito è aperto e controverso, gli interrogativi sono tanti, non tutti per esempio condividono l’uso del trattamento ormonale su minori con GID per il cambiamento di sesso, sebbene la Endocrine Society americana lo sostenga nei casi di soggetti postpuberali, e c’è anche chi accusa le industrie farmaceutiche di marciare su questi casi per favorire i propri interessi personali (cfr. l’articolo di Carol sul DailyMail Pity poor Zach, a five-year-old victim of the politically correct gender identity industry [3]). Intanto queste persone con il GID, minorenni o adulte, esistono e ogni sforzo va fatto perché la loro vita sia serena e non venga turbata da visioni assolute autoreferenziali.

© Marco Vignolo Gargini



[1] http://pediatrics.aappublications.org/content/early/2012/02/15/peds.2011-0907.abstract

[2] http://articles.boston.com/2012-02-20/lifestyle/31080408_1_gender-identity-treatment-puberty

[3] http://www.dailymail.co.uk/femail/article-2104567/Zach-Avery-Pity-poor-year-old-victim-politically-correct-gender-identity-industry.html#ixzz1nD6ehXxi



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