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Ginevra

Da Dragor

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Adoro Ginevra perché mi ricorda mia figlia bambina. Certo, è stata bambina anche a Nizza, ma a Ginevra è stata soltanto bambina.  Ecco perché associerò per sempre Ginevra alla piccola Minou.  Non posso vedere le immense statue dei Riformatori al Parco dei Bastioni senza rivedere mia figlia che gioca tutta sola ai loro piedi nel silenzio di una gelida giornata d’inverno. Non posso andare nel Jardin Anglais senza rivedere mia figlia affascinata dal gigantesco zampillo del Jet d’Eau. Non posso salire al Bois de la Batie senza rivedere mia figlia che allunga un pezzo di pane verso le froge fumanti di un cervo.  Non posso andare al parco delle Eaux Vives senza rivedere mia figlia che guarda gli scoiattoli correre sugli alberi. Non posso andare sull’isola Rousseau senza risentire mia figlia che, davanti alla statua del filosofo scalzo, chiede “ma non ha freddo ai piedi?” Non posso andare al parco Alfred Bertrand senza rivedere mia figlia che d’estate sguazza nella fontana-piscina e d’inverno s’infila nel miglior tunnel che un parco-giochi abbia mai offerto a un bambino, unico come il fantastico scivolo a spirale del parco Mon Repos. Non posso entrare nel Museo delle Belle Arti senza rivedere mia figlia che posa presso un Modigliani o sbocconcella un panino seduta a un tavolo presso una statua romana.  Non posso andare nel Museo di Storia Naturale senza vedere mia figlia che scappa, terrorizzata dallo scheletro di un dinosauro.  Non posso salire sul tram 12 senza vedere mia figlia che al capolinea di Moillesulaz sale per la prima volta a bordo di un tram. Non posso vedere la statua di un tizio che aspetta il tram seduto su una panchina alla fermata del Rond Point di Planpalais senza vedere mia figlia che posa seduta sulle sue ginocchia.  Non posso vedere la statua di Tintin all’hôtel Cornavin presso la stazione omonima  senza sentire mia figlia che chiede “anche la Castafiore sta qui?” Non posso vedere il Foron, là dove marca la frontiera a Chêne-Bourg, senza ricordare mia figlia a cavallo del rigagnolo, un piede in Svizzera e uno in Francia.

 

  

   A proposito di frontiere, per me il luogo più affascinante di Ginevra è il ponte sull’Arve. Quante volte, tenendo mia figlia per mano, ho fatto quella passeggiata percorrendo la rue de Carouge, una via ampia, solcata dal tram e fiancheggiata da negozi. Alla fine curva leggermente verso destra e vi porta al ponte sull’Arve. A metà del ponte vedete un cartello con la scritta “Genève” sbarrata. “Quella è la città degli gnomi?”, chiede mia figlia guardando oltre il  fiume. E’ vero, Carouge sembra una città di gnomi, la Hobbitville del “Signore degli Anelli”. E’ sorta sull’accampamento dei Savoiardi che hanno assediato Ginevra nel 1683, deliziose casette così diverse dagli alti edifici della città che vi siete lasciati alle spalle.  “Sì”, le rispondo. “Di gnomi e di fate, di folletti e di elfi.” E lei si ferma a metà del ponte, un piede nella realtà di Ginevra, l’altro nel magico regno della fantasia.

 

      Dragor


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