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Giocattoli e pubblicità per bambine e bambini: stereotipi di genere che persistono

Da Jessi

Oggi vorrei proporvi un gioco, un #giocoliberatutti. Si tratta di un gioco non competitivo, dove non si vince nulla, ma un po’ possiamo vincere tutti.

Già altre volte, qui sul blog, abbiamo parlato delle rappresentazioni di bambini e delle bambine sui media e sui libri e delle proposte che vengono fatte per nutrirne l’immaginario, attraverso i giochi o i libri etc..

Ultimamente ho notato che alcuni dei giochi proposti alle bambine e che sembrano superare certi stereotipi, in realtà lo fanno solo parzialmente o superficialmente, o non lo fanno affatto e soltanto li reinterpretano in chiave, diciamo, più attuale: una bambola che passa dal boudoir allo studio medico, ad esempio, mantenendo però invariate le caratteristiche stereotipiche riferite al genere femminile e alle mansioni a questo associate.

Ad esempio, le bambole che rappresentano dottoresse e o veterinarie, sono quasi sempre alle prese con bambini o cuccioli infiocchettati, e non con adulti o con animali grandi e magari feroci, animali feriti, sofferenti, malati o pericolosi- come fanno le dottoresse vere.

Le dottoresse giocattolo non curano, si prendono cura: altrimenti perchè tra gli accessori, avrebbero la spazzola?

Barbie Veterinaria

Veterinaria

dottoressa

Dottoressa

Se non si avesse idea che cosa possa comportare la scelta di una di queste professioni, restando nell’ambito dell’esempio, basterebbe leggere questa bellissima lettera, di cui riporto solo un brano:

“…che farai milioni di notti e sarai sfasata, e stanca, ma così stanca da non riuscire a dormire mai per la troppa adrenalina. Quindi sarai incazzosa, e chi ti sta accanto, se non fa proprio proprio il tuo stesso mestiere, non capirà questa tua stanchezza, e alla fine si stuferà di te, dei tuoi orari, delle tue lune, della tua mente impegnata altrove, e se ne andrà, probabilmente, o resterà ma non ti capirà. Sì, perché solo chi fa la stessa cosa può capire che la tua mente non si allontani mai dall’ospedale, dai pazienti. Che tu ripensi ansiosamente a cosa hai probabilmente sbagliato, sperando non sia troppo grave. Che ripensi a quel che si sarebbe potuto fare in più e meglio.”

Se il gioco simbolico ha una funzione è proprio quella di preparare alla realtà, non di allontanarsene, in modo edulcorato:

“In questi giochi di finzione, del ‘far finta che…’ il bambino segue inzialmente un impulso puramente imitativo, che lo aiuta a varcare i limiti dell’infanzia, per proiettarsi nel mondo degli adulti e impersonarne i ruoli”.

Mi faccio quindi tre domande: perché dare una versione-in-rosa della realtà e non rappresentare ogni professione nella sua complessità- per quanto possibile, insegnando, ad esempio, alle bambine ad essere ‘toste‘? Siamo sicuri che alle bambine i nuovi giochi non piacerebbero, o si preferisce non rischiare, non andare ad intaccare l’immagine di bambina-bambola indifferente alle evoluzioni sociali effettive e a quelle possibili e che tanto forse piace e rassicura gli adulti? Cosa accade, parallelamente, per i bambini? Cosa comportano, infine, scelte di produzione e commercializzazione di questo tipo, per i nostri bambini e per la società: possiamo dire che ‘un gioco vale l’altro’?

Il 15 luglio scorso, il presidente dell’Adci, Massimo Gustini,- che ho avuto il piacere di incontrare e apprezzare proprio in un incontro su questi temi, ha sostenuto che:

Perpetuare stereotipi è una grave forma di violenza per quanto sia meno immediatamente evidente perché gli stereotipi condizionano gli esseri umani per tutta la vita, limitandone la realizzazione e la libertà di scelta.

Come dice Giovanna Cosenza sul suo blog, questo intervento inserisce il dibattito sugli stereotipi nell’ambito dei diritti, dei diritti sanciti dalla nostra Costituzione, che vengono violati quando si cerca di limitare il pieno sviluppo delle persone perché:

È violenza anche ostacolare il pieno sviluppo della persona, permettendo il consolidarsi e il perpetuarsi di quegli stereotipi che imprigionano le donne in ruoli di genere limitati e limitanti. E da questo punto di vista i colpevoli abbondano.”

Far sì che bambini e bambine siano liberi di esplorare le proprie inclinazioni e capacità, quindi, non è solo un’opzione tra tante, ma significa tutelarne e concretizzarne l’esercizio del diritto alla base di tutti i diritti: quello di essere se stessi, di essere liberi.

Mi chiedo e vi chiedo, dunque, come sono, come giocano le bambine, quelle vere? E come sono, come giocano i bambini, quelli veri? Ci aiutate a raccontarlo, condividendo racconti e foto?

Per rispondere alla dottoressa che cura solo teneri cuccioli, posso dire che Bibì, semplicemente osservando, viaggiando e scegliendo liberamente, ha imparato a conoscere e amare vari tipi di animali, tra cui dinosauri, squali, delfini e serpenti, che spesso sono mamme e bambine ‘sauri’ o ‘penti’, proprio come quelle (più o meno) vere.

Qui qualche nostro scatto…

…la borsa della mamma che sembra una vasca dell’Acquario di Genova:

borsadamamma

#borsadamamma

…e ‘Mamma Pente’ che ci siamo portati in vacanza in Maremma:

Vacanza in Maremma con mamma Pente

Vacanza in Maremma con mamma Pente

…abbiamo vissuto attimi di disperazione al Museo Regionale di Scienze Naturali, Torino, perchè non si poteva prendere il bellissimo serpente che è nella vetrina:

serpentemuseo1

Museo regionale di Scienze Naturali, Torino

…e ci siamo poi (tutti) riconciliati con il mondo perché al negozio del Museo abbiamo trovato almeno una piccola ‘Bimba Pente’:

Giochi per bambine

Museo di Storia Naturale, Torino

Ci capita, quando entriamo nei negozi, di sentirci dire, con tono di rimprovero e rimpianto, che “Le bambine non sono più quelle di una volta” e allora non rispondo, ma penso che “Un gioco vero è un gioco che libera lo spirito” (Opie & Opie).

Spero che ci racconterete i tanti giochi e i libri e immagini che liberano bambine e bambini, liberandone lo spirito.

Link

«Perpetuare stereotipi di genere è una forma di violenza»

Combattere gli stereotipi di genere fin dall’infanzia. Intervista ad Alessia, blogger di Un Altro Genere di Comunicazione

La piccola eSSe e la Sauronotte al Parco di Monza

AIDM, Cappelli: le criticità della professione medica al femminile in Italia e nel mondo

The Pellons

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