Gioie e dolori, nervi e rumori

Creato il 26 maggio 2011 da Unarosaverde

Festeggio oggi il 43esimo giorno di immobilità con l’aggravante: mentre fino alla settimana scorsa, se qualcuno mi ci portava, potevo andarmene al lavoro o in piscina, adesso sono stata confinata fino a metà giugno nei miei appartamenti, con la cortese preghiera di starmene ferma, sennò saltano i punti.  Leggo, dormo, navigo sul web, lavoro qualche ora, studio un po’, guardo un film: sono bravina a tenermi impegnata con attività che non richiedono movimento ma ho anche io i miei limiti. Oggi poi ho ceduto alla prima pastiglia di antidolorifico: insomma, sto diventando irrequieta.  

E’ arrivato il caldo ma il condizionatore resta spento perchè, secondo la mia logica, c’è sempre tempo, a luglio, per l’assuefazione. La finestra è spalancata. E’ naturale, no? Una si annoia, ha qualche doloretto, comincia a stufarsi e ogni piccola cosa contribuisce ad aumentare il nervoso. Vivo in una cittadina di quindicimila abitanti circa: è vero, non è una metropoli e sono circondata dalla natura e non dal cemento ma qualcuno, di recente, deve avere aperto una fattoria sotto casa mia.

La mattina, a ore cinque, gli uccellini, presenti a stormi, sono già in piena forma: è come nella canzone. C’è la tortora, tu-tu, c’è il fringuello, cip-cip. Li vedo appollaiati sui fili dell’alta tensione o tra i rami degli alberi, oppure zompettanti sui tetti dei garage e nel prato. La sera si esibiscono di nuovo. Mia zia ha sette gatti, forse otto, ho perso il conto. Qualche spiritoso ha preso l’abitudine di buttarli, da neonati, nel nostro giardino: loro la adorano dal secondo stesso in cui lei li prende in braccio e amen. Acquistano la residenza per fusa. No comment. Alle sette apre le porte del loro dormitorio e li lascia liberi. E così ci sono pure i gatti: miao-miao, per tutto il giorno, con modulazioni diverse di intensità ed espressione. E i loro amici del quartiere passano spesso a trovarli.

Quasi tutti qui hanno un cane: come scrisse John Donne, in un contesto meravigliosamente diverso, sono circondata:  behind, before, above, between, below. E c’è il cane: bau-bau.

Tre giorni fa ho cominciato a sentire un suono stranissimo e periodico, mai rilevato prima. Assomigliava al rumore che fa la piantana di un vecchio ventilatore mentre si gira: scratch- scratch. E non smetteva mai: mattina, giorno, notte. Leggero ma continuo. Oggi si è scoperto che alcune raganelle hanno occupato abusivamente la piscina del vicino. Meno male che una delle inquiline del vicino è molto più nervosa di me: ha costretto i proprietari a svuotare l’acqua e far partire la caccia grossa. Alle 6 un primo anfibio è stato trovato e trasferito nel torrente. Gli altri sono ancora latitanti: quindi c’è pure la raganella: cra-cra.

Arrivano gli sfrusc-sfrusc delle automobili ma il traffico è  quasi sempre leggero: il rumore del loro passaggio si mescola senza grossi traumi a quello degli animali.

Fino ad ora il peggiore di tutti però è un cucciolo d’uomo, il cui sesso mi è sconosciuto: sta probabilmente finendo di preparare il saggio di fine anno scolastico, altrimenti non mi spiego l’accanimento. Sono due settimane che tenta di suonare, al flauto dolce, l’Inno alla gioia. Trattasi di uno dei pezzi più facili in assoluto, padroneggiabile con serenità da qualunque alunno di scuola media che ci si metta, di buzzo buono, per un paio di ore. Questo qui è negato. Riesce ad arrivare a stento  alle prime dieci battute, soffiando con perizia: a metri di distanza sento il fischio che copre le note. E’ un creativo, cambia il ritmo ad ogni esecuzione: questa sera era una marcetta. Ieri un de profundis. Speriamo non gli diano i compiti delle vacanze.


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