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Arnaldo EderleLe mie parole

Da Ennioabate

palazzi perifericiLe parole che mi appaiono
davanti agli occhi sullo screen
restano in vista
per molto tempo per tutto
il tempo che vogliono per tutto
il tempo, senza lamentarsi, anche se
desiderano fuggir via fuori
controllo libere di posarsi
dove credono e disegnare figure
e balzi di pensieri fuori dalla testa
di me che le scrivo:
la loro libera libertà il loro
credo profondo
fuori da ogni falsa necessità
da ogni storto
desiderio, è ciò che vogliono.Ma…hanno bisogno dell’input del Credo
del loro amato detestato autore.
E’ un fatto da cui non possono prescindere
non sono autonome non padrone,
così questa volta ad esempio sono
le case i palazzi che mi trovo di fronte
nel triangolo storto delle mie tende di cucina
a darmi quell’input di cui dico.

Ma non sono i muri che mi fanno
fantasticare fisso nelle loro metafisiche
apparenze nella loro vita immobile nella
loro persona. E’ la gente che li abita
che mi muove la fantasia, o meglio,
il prurito della mia scrittura, la fascia
sensibile dell’estro che contengo.
Ecco, l’estro! Chissà quant’altri lo
avvertono nella loro immobile attenzione
per le cose che immobilmente vibrano
davanti ai loro occhi.

Oh sì, l’ossimoro è una grande antica
novità, quanti ne usò Petrarca o Leopardi
o John Donne, quanti!
Penso al numero in progressione
geometrica di tutti quegli o. che usano
gli sconosciuti agenti di quelle
lontane/vicine dimore che stanno grigie
variopinte davanti ai miei occhi
quei tondi squadrati giganti dei miei
palazzi.

Lo giuro! Non mi sembrano
donchisciotteschi sono lì fermi
immobili come case ordinarie che tengono
vite d’uomini e donne e bambini che
parlano fra loro che litigano fra loro
che piangono fra loro che ridono
e a volte si assassinano fra loro.
Ah, quante se ne sentono ai giornali
radio/televisione ne fanno di tutti i
colori, che varietà di vite.

Sgattaiolano fra locale e locale
in pantofole comode ai piedi
talvolta con gambe stanche dei passi
che hanno compiuto in fretta o adagio
sui marciapiedi o sulle
piastrelle di casa (ormai sono anni
e anni che sostengono i loro corpi
sottili o monumentali quelle gambe)
e non possono seguirle
le loro esigenze controllarle
distribuirle dividerle sono occasioni
fortuite o previste ma sono lì
a stancare i polpacci e le anche
che svitano piano piano i poveri piedi
schiavi della mente e delle missioni.

So di ratti che scivolano
nelle tasche delle giacche e dei paltò.
Sono appesi alle braccia di certi
ladruncoli scarni senza culo con barbe
semi-bibliche. E altri spiriti
che sottraggono denaro e gioielli
con certe carte-documenti innocui falsi
che battono moneta e sono sacri.
Tornano a casa poi gli uomini e le donne
e piangono la scomparsa dei tesori.
Non hanno più il capitale le tasche
delle giacche e dei paltò sono vuote,
piangono. Quanti ce ne sono!

Povera umanità, la solita l’usuale
insulsa scaltra innocente povera povera
umanità! Chi la conosce un po’ ha di che
nutrirsi di che esaurire la sua sete
di novità di notizie struggenti reti
per poveri uccellini testa dritta
e becco pronto all’elemosina.


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