Pubblicato da lapoesiaelospirito su gennaio 5, 2012
di Guido Michelone
Giorgio Conte, astigiano, settantenne, è molto noto quale autore di canzoni per altri (Mina, Celentano, la Vanoni, Milva, Patty Pravo) e per sé, emulando o forse superando n bravura persino il fratello Paolo, ormai internazionalmente riconosciuto come lo chansonnier italico per eccellenza. Ma a ben vedere proprio i brani arguti, ironici, grotteschi del folksinger piemontese secondogenito, un po’ alla George Brassens, rivelano una vis narrativa fortissima, che da qualche tempo si estrinseca pure nella fiction letteraria con un libro di racconti (Sfogliar verze, per Excelsior 19881, Milano 2007), con tanti volumetti allegati ai suoi notevoli CD e ora con un testo che in copertina, sotto il titolo, si fregia dell’ambiziosa dicitura di romanzo. Un trattore arancio è in realtà una raccolta di venticinque racconti perlopiù brevi e brevissimi che a loro volta rimandano alla categoria oggi un po’ trascurata o rimossa (ma non per questo obsoleta o vetusta) del bozzetto. Infatti Conte, più o meno consciamente, si rifà alla grande tradizione del bozzetto provinciale di campagna, quando bastano poche righe, vicende minimali, personaggi appena schizzati a ricreare l’atmosfera nostalgica dei tempi andati e il ricordo languoroso di un passato e di una gioventù che non tornano più: non a caso in tre racconti l’Autore s’interroga anche sul senso della vita e sull’Aldilà, pur risolvendo il pensiero, come al solito, in maniera autocritica. Gli altri bozzetti, chiaramente autobiografici, narrati con incipit in terza persona neutra (‘se ne stava’, ‘gli bastava’, ‘gli capitava’, eccetera), riguardano un iter cronologico che va dall’infanzia alla maturità, grosso modo dagli anni Quaranta ai Settanta, con una sfilza di personaggi (anche più di uno per ogni raccontino) davvero notevole, tra il goliardico e il caricaturale: Celina, Aldo, Gundu, Maria, Wanda, el Cavajer, Tilde, Genoivese, Pistone, Calvu, il Mivio, Linda, Costamagna, il macchinista, Pulu, Doo, Mora, la ragazza in accappatoio, Pucio, la donna della ferrovia e la compagna di vita Michelle. A unire quasi tutte le vicende la presenza, quasi un deus ex machina di un ‘antico’ trattore Orsi di color arancione, che, quasi dimenticato (sino al finale a sorpresa) in un capannone, scruta vigile gli avvenimenti di quel mondo rurale irrimediabilmente scomparso e di cui forse Giorgio Conte avverte ancora tanto spleen beaudeleriano.
Giorgio Conte, Un trattore arancio (Cairo Editore, Torino 2011)