In prima fila al momento di sbattere il “mostro” in prima pagina, fosse quel Dino Boffo ex direttore di Avvenire per i suoi editoriali contro le politiche del governo Berlusconi oppure quel Gianfranco Fini considerato il peggior “traditore” del Presidente del Consiglio, Vittorio Feltri non ha esitato invece un solo istante a ritirarsi nelle retrovie non appena raggiunto dall’ombra di un eventuale provvedimento disciplinare da parte dell’Ordine dei giornalisti, che in questi giorni sta discutendo sulle possibili sanzioni da comminare all’ormai ex direttore responsabile de “Il Giornale” proprio per le vicende relative al cosiddetto “caso Boffo”.
A fine marzo, per altro, l’Ordine della Lombardia aveva già inflitto a Feltri sei mesi di sospensione, pena poi congelata in attesa della pronuncia dell’organismo nazionale. Nel curriculum di Feltri non giova nemmeno, a dirla tutta, l’aver pubblicato gli articoli di un giornalista già radiato dall’Ordine, Renato Farina, spesso ospitato nelle colonne della testata sotto la sua direzione, né l’ultimo caso dell’affaire Montecarlo, che potrebbe costargli – nell’eventualità che i documenti pubblicati dovessero rivelarsi ancora una volta non veritieri – l’accusa di recidività e il rischio di essere radiato a sua volta.
Le indiscrezioni parlano per il momento di una lunga sospensione da parte del Consiglio nazionale, forse addirittura otto mesi: per sfuggire alle proprie responsabilità, dunque, Feltri ha annunciato al Comitato di redazione di voler fare un passo indietro affidando l’incarico di direttore responsabile del quotidiano milanese al suo fedelissimo Alessandro Sallusti, finora condirettore, per assumere quello di direttore editoriale. A lui lo “scudo formale”, a Sallusti invece l’onere di fare da parafulmine.
Uno stratagemma solo apparentemente di poco conto – e non si sa ancora di quale reale efficacia – che però getta una nuova (nuova?!) luce sulla figura dello stesso Feltri, lui che da maggior promotore delle campagne diffamatorie contro gli avversari (politici e non) del premier, impegnato in prima linea nell’operazione di killeraggio mediatico dei personaggi considerati scomodi (come non ricordare le c-i-n-q-u-a-n-t-o-t-t-o prime pagine consecutive che dal 29 luglio, giorno della cacciata dei cosiddetti finiani dal Pdl, il quotidiano di Paolo Berlusconi ha dedicato al leader del neonato movimento Futuro e Libertà per l’Italia), diventa ora il manovratore occulto, dietro le quinte, che non ci mette più la faccia, di una testata che aveva invece fin qui condotto con spregiudicata sfrontatezza.