Giornata della Memoria, 27 gennaio

Cosa significa essere bambini nel periodo dell’Olocausto, quando all’improvviso si riceve Il richiamo da parte della polizia tedesca  per abbandonare tutto, la propria casa, le proprie cose per percorrere ammassati come bestie il viaggio verso un luogo angusto, lontano dal proprio quotidiano per giungere in fabbricati dai tetti grigi i cui camini fumano di continuo senza sosta. Un luogo dove si viene denudati di tutto, dalle proprie cose fino a giungere alla propria personalità ed essenza per passare  ai sentimenti più semplici come la felicità o l’amore. Il corpo si svuota, l’anima viene relegata in un angolo remoto, dove nulla, ha  più colore e sapore ormai.Ognuno corre da solo, tutto ciò per il quale l’uomo ha lottato fino ad oggi si perde in un batter di ciglia, dietro a una recinzione spinata, quando prima le uniche spine conosciute erano quelle delle rose del giardino della nonna. Chissà i nonni che fine hanno fatto, dove saranno stati mandati in questo caos primordiale, dove tutto è uniforme e indistinto. Quale mente umana ha potuto creare una simile organizzazione, dove tutto viene fatto in funzione di un disegno predefinito. Si lavora a stretto contatto con la morte, ma nessuno vuole morire per davvero. Si guarda sempre in su, verso il cielo e con gli occhi ormai privi di lacrime si chiede aiuto, un aiuto che presto o tardi arriverà, tutti lo sanno, ma ogni minuto che passa nuove vite si spengono ed altre si svuotano all’entrata di questo enorme circo dal quale si vuole sfuggire, ma si è relegati.Sono passati 69 anni da quando tutto questo orrore è cessato e le vite dei sopravvissuti hanno potuto riprendere colore, colori spenti, opachi, che non torneranno mai più brillanti, ma pur sempre colori.
Ancora oggi a distanza di così tanti anni viene celebrata la liberazione di questi corpi che finalmente hanno potuto a poco a poco riappropriarsi delle proprie anime. Per non dimenticare…