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#GiornidiGiro | Genova

Creato il 11 maggio 2015 da Emialzosuipedali @MiriamTerruzzi

10 maggio, Genova.

C’è questo gigante del mare che esce lentamente dal porto come un’enorme balena bianca che luccica nel sole. Sul suo dorso mille piccole figure che salutano. Arrivederci Genova. Una città che è come tutte le grandi città: bella davvero nel suo intimo cuore. Oggi laggiù è arrivato il Giro. E ora che il sole mette luccichii sull’acqua e illumina le case sulle colline, mi sembra di sentire ancora il boato della gente sul traguardo, le infinite braccia protese dalle transenne. Ho i brividi a ripensarci. A ripensare cosa fa il ciclismo in un pomeriggio come tanti: ribalta le regole, ferma tutto, si prende il tempo, lo annulla. Fatti sentire, Genova, eccoli i ragazzi che hai aspettato. Lucidi di sudore e di fatica sotto un sole che sembra estate piena, magari coi pantaloncini strappati da una caduta, un po’ di sangue che si mischia ai chilometri.

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Lo ammetto, a volte ho paura. Di perdere tutto questo, di svegliarmi un giorno e sentire che non c’è più niente, che ho bruciato troppo e non è rimasto niente. Non è facile guardare con occhi sempre nuovi. Eppure, ora che questa nave da crociera esce piano dal porto e getta la sua enorme ombra sulla banchina, penso che le ombre passano. In fretta o più lentamente. Le mie sono state portate via in un sol colpo da certe cose che rendono questo sport teneramente speciale: l’adrenalina tremante dell’arrivo, i papà che prendono in spalla i bambini, l’attesa che si scioglie un istante dopo l’arrivo e tutto il resto. I coriandoli, il vino, la gente attorno. Ho sentito di nuovo. Ecco quello che conta. Arrivederci Genova con i tuoi musicanti improvvisati ai bordi delle strade. Verso Milano c’è l’aria degli Appennini che entra dal finestrino. Non prende il telefono in questo posto un po’ sperduto tagliato dall’autostrada. Ci sono i Gun’s. Take me down to the Paradise City. Sto bene, arrivederci, torno presto. Andare, ritornare. E riprendersi sè stessi. Ecco il viaggio.
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