Ozon racconta a suo modo, compiaciuto e provocatorio, l'adolescenza tumultuosa di una diciassettenne irrefrenabile… giovane e bella
La macchina da presa indugia, si posa sulle morbide forme di una liceale algida e assente, scruta appena gli ambienti esterni, poi si sofferma sul suo sguardo saturnino. La spiano la cinepresa, il fratellino Victor, con curiosità e interesse, la seguono “a distanza” i genitori piccolo borghesi, la divorano gli uomini, senza tregua. Ma Isabelle non sogna e non sente e, ai piccoli rituali quotidiani, preferisce l’oblio della catabasi dionisiaca. Ha diciassette anni, ma ne finge venti quando fuori da scuola un distinto signore l’avvicina chiedendole il numero di telefono e conducendola nell’abisso della prostituzione. Ozon nel film Giovane e bella, racconta giri di vite anestetizzate (una famiglia assente e politically correct), castrazioni sentimentali di una giovinezza perduta (di Lea, pseudonimo che usa durante gli incontri proibiti), non giudica e non prende parte, rappresentando realisticamente un asettico quadro clinico della sua iniziazione sessuale. Narra a modo suo, compiaciuto e provocatorio, con sguardo neutrale che focalizza i rapporti vuoti circostanti: la madre e il patrigno di Isabelle, figurette finto liberali incapaci di arginare la natura prorompente della figlia, il fratellino Victor che assiste, incuriosito, allo sprofondamento nella dimensione erotica proibita. Ci sono poi, un attempato gentiluomo che durante i convegni sessuali con Lea quasi se ne innamora, e una donna, sua moglie, che le farà scoprire, forse, una ritrovata innocenza. Cinque personaggi che osservano e vivono Isabelle attraverso l’occhio indagatore del regista. Con la stessa intensità del Rimbaud letto in classe da Isabelle, Ozon ci trasmette il fascino arcano di un’età inquieta, i cui turbamenti e le cui pulsioni rimangono indecifrabili, anche per la splendida Marine Vacht, che non è Bella di giorno. Il suo percorso di (de)formazione, infatti, è “lucido” caos, privato di una riabilitazione che, C. Deneuve nel film di Buñuel, affrontava cercando di tornare a galla con eccessi afrodisiaci. Lea, indomabile e acerba, alla
continua ricerca di figure materne o paterne, passa, dalla masturbazione solitaria, alla perdita della verginità, fino alla scoperta di una lascivia misantropica e ritualizzata.
Il regista nasconde dietro il corpo irrequieto della Vacth, l’impenetrabile enigma dell’adolescenza, ci spiazza con una narrazione fredda che guarda con distacco, tanto alla vita della protagonista, quanto a quella dei suoi familiari, con pesante affondo alle morali precostruite in un’epoca che si nutre di scandali quotidiani. Scelta coraggiosa che colpisce duro e spiazza.
ATTO DI CORAGGIO
Vincenzo Palermo
Regia: FrançoisOzon – Cast: Marine Vacht, Gèraldine Pailhas, Frèdèric Pierrot – Nazione: Francia – Anno: 2013 – Durata: 94 min.
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Da Claudia Stritof CULTURA,
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