Giovanni Boldini, Giuseppe Verdi in cilindro
Vi è un lampo di vita fuggevole da acchiapparsi al volo ed egli l’esprime con un frego, in uno svolazzo, in un fiocco; lo suggerisce con un tocco rozzo o livido sulle labbra, con un cerchio paonazzo intorno a due occhi febbrili, lo fa tremare in un ricciolo di capelli ribelli sur una nuca di donna. E lo fa bene.A. Soffici, in “La Voce”, marzo 1909
Parole perfette per descrivere la capacità che questo pittore ha nel cogliere l'essenza della vitalità. Negli sguardi, nei volti, negli abiti, nelle stoffe, rese alla perfezione nell'essenza.Le sue tele spesso hanno particolari messi a fuoco con grande precisione, attorno ai quali ruotano pennellate veloci, confuse, fresche. Nelle sue opere si riflette la bellezza della Belle Epoque, e dei suoi protagonisti. Un artista semplicemente straordinario. Nato a Ferrara nel 1842, Giovanni Boldini si accosta alla pittura grazie al padre Antonio, valido pittore purista attratto dai maestri del Quattrocento. Gli anni della sua formazione saranno dedicati, infatti, alla riproduzione delle opere rinascimentali conservate nei musei ferraresi e alla frequentazione dello studio dei fratelli Domenico e Girolamo Domenichini, pittori e decoratori. Nel 1858 esegue un Autoritratto giovanile e alcuni ritratti di gentildonne e notabili ferraresi, iniziando così ad affrontare quel genere artistico che non avrebbe mai abbandonato: il ritratto borghese.
Giovanni Boldini, Emiliana Concha de Ossa
Nel 1862, grazie a una piccola eredità ricevuta da uno zio, Boldini si trasferisce a Firenze per frequentare l’Accademia di Belle Arti e diviene amico inseparabile di Michele Gordigiani e Cristiano Banti che lo introdurranno al circolo di artisti che si riuniva al Caffè Michelangelo, ritrovo dei Macchiaioli. Qui Boldini dipinge ritratti e paesaggi e conosce molti esponenti della comunità inglese di Firenze, fra cui i Falconer. Nel 1865 è ospite di Diego Martelli a Castiglioncello e l’anno dopo compie un viaggio a Napoli con l’amico Cristiano Banti, che ritrarrà in quegli stessi anni, contemporaneamente ai suoi figli Alaide Banti e Leonetto Banti (1866). In occasione dell’Esposizione Universale, nel 1867 Boldini si reca per la prima volta a Parigi, dove incontrerà Degas, Manet e Sisley. Di ritorno in Toscana, l’anno successivo inizierà ad affrescare (con scene campestri) la sala da pranzo della villa dei Falconer, detta “La Falconiera”, nella campagna pistoiese, lavoro che, sospeso più volte, si concluderà solo nel 1870. Dopo un breve soggiorno a Londra nel 1870, dove si avvicinerà alla ritrattistica inglese del Settecento, nell’ottobre del 1871 si trasferisce definitivamente a Parigi. Qui dapprima dipinge quadri di genere e di costume di gusto neosettecentesco su commissione di Goupil, uno dei mercanti più alla moda, per il quale dipingono anche De Nittis, Meissonier, Palizzi e Fortuny.Giovanni Boldini, Robert de Montesquiou
In seguito, intorno al 1874, Boldini si dedicherà alle vedute di strade e di piazze parigine ma soprattutto alla ritrattistica, divenendo uno dei pittori prediletti dell’alta società parigina. In quegli stessi anni che vedono a Parigi la consacrazione del movimento impressionista (nel 1874 si terrà la mostra presso lo studio del fotografo Nadar), Boldini offre nei suoi quadri la visione di un mondo diverso, più buio e dinamico. Il suo riferimento francese sarà Degas e la sua pittura degli “interni” piuttosto che quella tipicamente “en plein air”. Boldini, così, negli anni Settanta, abbandona del tutto le vedute urbane all’aperto per immergersi nelle atmosfere affollate dei teatri, delle feste e soprattutto dei caffè, nuovo fulcro di vita contemporanea. L’evoluzione sarà anche di tipo stilistico, nello scurire gradatamente la tavolozza verso i grigi, il marrone e il nero e nel rendere più rapida e sintetica la sua pennellata. Ciò avverrà anche in seguito alle suggestioni ricevute durante un viaggio compiuto nel 1876 in Olanda e in Germania, dove era rimasto particolarmente colpito dalle opere di Frans Hals e da quelle del contemporaneo Adolph Menzel. Nel 1882 dipinge il ritratto del musicista Emanuele Muzio, il quale lo metterà in contatto con Giuseppe Verdi, che poserà per lui nel 1885 durante un momentaneo ritorno in Italia. Completato il ritratto di Verdi nel 1886, l’anno dopo verrà invitato dal grande compositore alla prima dell’Otello alla Scala. Negli anni Novanta, durante i suoi lunghi soggiorni in Italia, prolificano i ritratti di grande formato (di una eleganza originale) e le serate mondane alle prime delle opere. Nel fatidico 1900 Boldini è a Palermo per ritrarre Donna Franca Florio, dipinto che verrà esposto alla Biennale di Venezia nel 1903. Partecipa, poi, all’Esposizione Universale di Parigi con i ritratti di Whistler, dell’Infanta Eulalia di Spagna e altri dipinti. Costantemente presente, e con successo, a vari Salon e mostre internazionali, morirà a Parigi, per una broncopolmonite, l’11 gennaio del 1931. Verrà sepolto nella Certosa a Ferrara.