Girovagando per Milano…due chiese interessanti. Avevo già parlato dello stupore di un nostro amico che non si raccapezzava di come due agnostici come noi girassero per edifici sacri. E’ che le chiese sono dei piccoli musei e conservano dei pregevoli tesori.
La prima chiesa visitata è quella del Santo Sepolcro, nell’omonima piazza, che sorge nell’area che in epoca romana ospitava il Foro.
Fondata nel 1040 da un certo Benedetto Ronzone, maestro di Zecca, fu ricostruita nel 1100 da un suo discendente che era tornato dalla seconda Crociata in Terrasanta, crociata alla quale avevano partecipato numerosi milanesi sotto la guida del vescovo Anselmo da Bovisio. Da qui il nome della chiesa. Nel XII secolo furono costruiti i due campanili gemelli.
Nel XVI secolo, la chiesa fu affidata all’ordine degli Oblati da san Carlo Borromeo, ed in quel periodo fu profondamente modificata, abbattendo i matronei ed aggiungendo due navate laterali. Di quel periodo sono la maggior parte delle decorazioni interne in puro stile barocco.
Negli ultimi anni del 1800 la facciata fu ripristinata nell’originale stile lombardo, con le due torri laterali gemelle con finestre bifore ed il corpo centrale avanzato con tre arcate all’entrata, dagli architetti Nava e Moretti.
All’interno, appena entrati, al fianco dell’atrio opera di Francesco Maria Ricchino, ci sono due cappelle che si fronteggiano, con pregevoli affreschi di Carlo Bellosio e pale di altare di Francesco Nuvolone. La navata centrale, fiancheggiata da altre due minori, ha una chiara impronta romanico-lombarda anche se mascherata dalle forme barocche. Nelle due absidi laterali ci sono due grandi gruppi in terracotta colorata a grandezza naturale che raffigurano da un lato la flagellazione, san Pietro che rinnega e Caifa che si strappa le vesti,
dall’altra, esattamente contrapposta, la tavolata dell’Ultima Cena con Cristo che lava i piedi a san Pietro.
Sotto l’altare in marmo bianco e nero, edificato nel 1700, un sarcofago di vetro con una raffigurazione del Cristo morto, sempre in terracotta policroma.
L’unico rammarico è stato non poter aver visitato la cripta sottostante in quanto chiusa.
L’altra chiesa è quella di Santa Maria presso San Satiro.
Appena entrati, si ha l’impressione di una chiesa spaziosa e lunga, dall’abside ampia e regolare, decorata da arcate e decorazioni…
Solo impressione.
L’abside infatti è l’esempio di un ottimo trompe-l’-oeil, opera di Donato Bramante.
La chiesa in fatti non ottenne i permessi necessari per costruire e lo spazio risultò quindi assai limitato.
Per ovviare a questo inconveniente, mantenendo il progetto originario, Bramante ideò una finta abside dove, in meno di un metro di spazio, venne disegnata in perfetta scala (97 centimetri anziché i 970 programmati) l’abside prevista, e bisogna proprio arrivare nei pressi dell’altare maggiore che la precede per accorgersi dell’inganno.
Così, da un ostacolo e grazie al genio dell’architetto, nacque questo piccolo capolavoro, e dall’illustrazione si può vedere come sia perfetta l’illusione.