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Gita a Monte Linas

Creato il 18 agosto 2015 da Albix

Gita a Monte Linas

Quando mio zio Efisio mi disse al telefono che, se fossi andato a trovarlo,  mi avrebbe mostrato il luogo dove si trovava l’accampamento militare di mio padre, durante la guerra (lo stesso luogo dove poi avrebbe conosciuto mia madre), mi ero immaginato una piazza d’armi, da qualche parte nella periferia di Guspini, il paese del Medio Campidano  dove mia madre è nata, secondo le risultanze delle schede anagrafiche comunali, nel 1926.

Zio Efisio è uno dei suoi fratelli superstiti, classe 1932. Passiamo a prenderlo con mia moglie alle 10,30 del mattino di una giornata di metà agosto.

Ci guida verso le miniere di Montevecchio, sul costone nord del Monte Linas, nella parte sud occidentale della Sardegna. Una zona mineraria,  ricchissima fonte di approvvigionamento, sin dai tempi remoti, di piombo e zinco, che ha cessato l’attività estrattiva nel 1991.

-”Era divenuto più conveniente comprare il minerale all’estero”- ha commentato laconico zio Efisio che in quelle miniere ha lavorato per oltre trent’anni, sino al suo pensionamento, avvenuto, appunto, nel 1991.

Io sapevo che mia madre e i suoi tre fratelli minori erano nati in un villaggio di minatori (anche mio nonno, infatti, lavorava in quelle miniere), nella frazione guspinese di Montevecchio, sorta alle pendici del Monte Linas nella seconda metà del secolo XIX, grazie ad una concessione che il re aveva fatto a un certo commendator Sanna, per l’estrazione della galena.

E sapevo anche che mio padre e mia madre si erano conosciuti nel periodo in cui mio padre  era stato mandato,  dalla Sicilia, a prestare il servizio militare, a difesa di certe postazioni della zona di Guspini.

Ma chissà perché, nella confusa ricostruzione di quella  storia familiare, avevo finito col dissociare il luogo in cui era nata e cresciuta mia madre, dal luogo in cui mio padre prestava il suo servizio militare, immaginando addirittura che si fossero conosciuti in un terzo e diverso luogo.

Eppure sarebbe stato logico supporre che il gruppo di fuoco a cui apparteneva mio padre fosse stato mandato lì, a Monte Linas,  proprio per difendere le ricche miniere di piombo e zinco, dalle incursioni aeree degli Inglesi e dei Francesi, ai quali l’Italia aveva improvvidamente dichiarato guerra, come tutti sanno, il 10 giugno del 1940. Ma tant’è.

Ed è stato con sorpresa ed emozione che, al seguito di mio zio Efisio, ho scoperto che il cantiere di Telle e l’accampamento militare di mio padre erano entrambi lì, in quegli anfratti ricchi di lecci e odorosi di mirto, ginepro e cisto.

E non immaginavo neppure che gli oltre 4.000 minatori che negli anni quaranta estraevano piombo e zinco dalle viscere del Monte Linas, vivessero sparsi in centinaia di case, disseminate in un territorio di inimmaginabili proporzioni: agglomerati residenziali di due, tre massimo quattro case, distanti tra loro anche chilometri e collegati da sentieri percorribili con difficoltà persino dai cervi e dalle capre selvatiche che lo popolano.

E in mezzo a quei boschi, a mezza costa, zio Efisio, a dispetto dei suoi 83 anni suonati e del bastone con cui si accompagna nelle passeggiate in piano, mi ha condotto nella grotta dove mio padre dormiva, su brandine di legno, con due commilitoni che completavano la sua squadra di mitraglieri.

Ora le case che un tempo  ospitavano i minatori e le loro famiglie, sono fatiscenti, così come gli edifici che ospitavano gli uffici, la cantina o lo spaccio  (oggi diremmo il supermarket), i refettori, i dormitori, le laverie, la chiesa, l’ospedale, la farmacia, la caserma dei carabinieri, la scuola; solo ruderi e rovine di un microcosmo vitale, un circuito economico con oltre 4.000 buste paga e un indotto economico con ricadute in tutti i paesi limitrofi al Monte Linas: Guspini, Arbus, Fluminimaggiore, Gonnosfanadiga, Ingurtosu e che idealmente si estendeva alle storiche miniere di Buggerru, di Carbonia, di Iglesias e di Domusnovas. Tutto morto,  avvinghiato e vinto dalle radici e dagli arbusti dei lecci e della macchia mediterranea.

A Montevecchio sono rimaste ormai soltanto 200 persone, in poche palazzine attorno al museo minerario e al bar-ristorante che ospitava il cinema domenicale, in cui i divi di Hollywood riuscivano persino a far sognare i giovani di questo angolo di mondo isolato e lontano, sperduto tra i monti.

-”La sera”- racconta ancora zio Efisio, immerso nella sua vena di malinconia, si andava a letto presto. – “Qualcuno aveva la forza di leggere un libro o un articolo di giornale, prima di spegnere la lampada a carburo che illuminava quelle case immerse nel folto della vegetazione boschiva. D’altronde i turni di lavoro erano impegnativi: il mio iniziava alle 7 del mattino e si concludeva alle 15 del pomeriggio. Ma la domenica si organizzavano le feste da ballo, nelle case delle diverse famiglie. Così si sono conosciuti i tuoi genitori.”- conclude zio Efisio con una nota di dolce nostalgia nella voce.

Penso che dovremmo valorizzare questo ricco patrimonio di archeologia mineraria e culturale in senso lato. Si parla tanto di richiamare i turisti in circuiti alternativi al mare e alle spiagge, necessariamente limitati ai pochi mesi estivi.

Ma cosa aspettano e cosa fanno i nostri politici? Perchè non si danno da fare per ricostruire i villaggi minerari di Monte Linas? Ho sofferto nel vedere quelle case diroccate dove i nostri nonni e i nostri padri hanno vissuto e sofferto, lavorato e gioito, cantato e ballato, sicuramente sognando un mondo lontano e più felice. Perchè lasciar morire la nostra civiltà, il nostro passato, così ancora vivo nei nostri cuori e nei nostri ricordi!? Aspettano forse che tutti i nostri giovani se ne vadano ad arricchire la Germania, la Francia e l’Inghilterra???

E dovremmo valorizzare anche questi nostri vecchi, così preziosi, coi loro ricordi, con il loro vissuto, con le loro storie.

Quando se ne andranno, con loro avremmo perso la nostra storia se non provvediamo a raccogliere le loro preziose testimonianze di vita.

Grazie zio Efisio di avermi fatto conoscere quel passato così intimo e familiare che mia madre non ha fatto in tempo a narrarmi. Un passato che ci appartiene e che unisce un’intera comunità; patrimonio di ricordi  familiari ma insieme patrimonio storico e culturale della regione del Monte Linas, del Sulcis Iglesiente, dell’intera Sardegna.

Grazie zio Efisio per questa piacevole gita di mezzo agosto a Montevecchio, nelle profondità del Monte Linas.

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