Per colpa di mio padre che
M’insultò: “Poeta!”
Un giorno che guardavo il cielo
Vuoto azzurro
Con
Un
Binocolo
Avevo un capro da sacrificare
Adesso ho una notte che
Guardo nel
Pieno nero costellato
Cadere
Senza mai esprimere
Un desiderio
Stelle, asterischi, emblemi
Crollano
Come destini
Divagazioni, fortune
Stelle
Contarle
Impraticabile
Poche decine di morti lucenti dietro
Il limite della proporzione
Che già così mi appare
Sterminata
Occhi
Non sconfinerete probabilmente mai
Davanti
Dinanzi
Troppo cucciola
La mia mente non ancora smussata
Per colpa di mio padre che
M’insultò la crescita
Dentro
Senza volere
Nella lesione appena
Spalancatasi
Insinuandovi
L’ira tranquilla
La rabbia senza intenzione
L’irritazione sopita di
Non sapere
Dove termina il mio respiro e dove l’aria
Ma stanotte
Adesso
Non così intensamente convinta
La voglia furibonda di espiare
Come nel tempo del belare dei
Capri
Sgozzati
E
Pensare
Che forse mai lui si chiese:
“La luce di quali stelle non ha più un corpo?”