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Giulio Terzi e la curiosa interpretazione della libertà di espressione e della libertà di fede

Creato il 21 settembre 2012 da Iljester

Giulio Terzi e la curiosa interpretazione della libertà di espressione e della libertà di fedeGiulio Terzi,  ministro degli esteri. Il suo impegno per la liberazione dei Marò non ha portato ancora ad alcun risultato concreto (i nostri militari sono imprigionati in India, con una accusa di omicidio che fa acqua da tutte le parti), eppure egli si preoccupa di spendere le proprie parole solo per dare una curiosa1 interpretazione del rapporto tra la libertà di espressione e la libertà di fede, all’indomani del film su Maometto.

Premettendo – come già ha sottolineato Alessandra Boga in un precedente post – che la nostra politica poco o nulla si è impegnata davanti all’obbrobrioso film “Paradise Faith” di cui mi sono occupato personalmente qualche giorno fa (nonostante il film offenda il sentimento religioso dei cristiani), il nostro ministro degli esteri dovrebbe forse aggiornarsi meglio sul diritto costituzionale e sul rapporto tra libertà religiosa e libertà di espressione.

Giulio Terzi e la curiosa interpretazione della libertà di espressione e della libertà di fede

Senza addentrarmi sul rapporto di cui sopra, dico solo che lo Stato italiano è ineluttabilmente uno Stato informato al principio di laicità. Questo non significa però che la nazione italiana sia priva di alcun substrato culturale-religioso o che questo debba essere sradicato o cancellato (come vorrebbero i sostenitori del laicismo-ateistico). La comunità italiana affonda le proprie radici culturali nella cristianità, e come tale la cristianità inevitabilmente ha (e deve avere) un rapporto privilegiato con le istituzioni, proprio perché definisce l’identità del nostro popolo, con la conseguenza che le istituzioni dovrebbero proteggere la cristianità dalle offese che arrivano da chi non ha alcun rispetto del sentimento religioso altrui. Più di quanto accada per le altre religioni.

E invece in Italia pare si assista a un “divertente” gioco al massacro, a una fomentazione di odio nei confronti della cultura cristiana che si traduce in un permissivismo e in una tolleranza per tutto quanto offende, vilipende e deride la Croce e Cristo, malgrado la stragrande maggioranza dei cittadini italiani sia cattolico o comunque cristiano. Da qui anche una certa insensibilità e indifferenza (quasi artificiale) nei confronti di tutte quelle manifestazioni pseudo-artistiche che hanno come obiettivo proprio la denigrazione del sentimento religioso cristiano.

Eppure, così non dovrebbe essere. A parte il fatto che i princìpi cristiani sono princìpi di pace e fratellanza, di amore nei confronti del prossimo e di tolleranza, e dunque principi non solo condivisibilissimi, ma anche universali, mi chiedo perché il ministro Terzi si sia accorto della esistenza della blasfemia e della diffamazione religiosa solo davanti a un video che “deride” Maometto. Sarà magari che le nostre istituzioni hanno terrore e soggezione del mondo islamico? Sarà che non esista una reale volontà di difendere il sentimento religioso di alcuno (compreso quello islamico), ma solo di evitare che chi si senta offeso – e precisamente il muslim estremista – poi compia gesti sconsiderati a danno della comunità occidentale?

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La risposta mi sembra chiara. Diversamente, Terzi sarebbe intervenuto più volte e in tempi non sospetti per difendere il sentimento religioso. E cioè quando a essere offeso e vilipeso era il sentimento dei cristiani, non solo in Italia, ma in tutto il mondo2, dove i cristiani sono perseguitati (e spesso uccisi!) proprio da quelle comunità islamiche che oggi levano scudi di indignazione nei confronti del famoso video, ordinando persino ai governi occidentali – robe da pazzi! – di reprimere chi ha “osato” offendere Maometto e gli islamici.

Non ci venga dunque a dare lezioni di blasfemia. E non venga a dirci che nel nostro ordinamento questa è punita o dovrebbe essere punita. Perché è una presa in giro. Lo dimostrano le mille porcherie dette e fatte contro Cristo e la croce, e che non solo non vengono stigmatizzate, ma vengono addirittura definite “arte”. La verità è che certe dichiarazioni sono solo il sintomo di una certa paura delle istituzioni nei confronti dell’Islam, il quale, al contrario della cristianità, non ci pensa due volte a difendere i propri simboli anche con le minacce di morte.

  1. Dice il Ministro: «È una linea sottile, ma chiara quella che separa la libertà di religione dalla libertà di espressione e il codice penale italiano, anche nei sui ultimi aggiornamenti, definisce il reato di diffamazione religiosa.» (Fonte: Imolaoggi.it)
  2. Solo una volta affermò di seguire personalmente la vicenda della bimba pakistana cristiana accusata di blasfemia.

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