Giuseppe Vetromile - Congiunzioni e rimarginature, Scuderi Editrice, 2015
Congiunzioni e rimarginature , di Giuseppe Vetromile, Scuderi Editrice, 2015 è una partitura in versi, in tre parti, tre chorus il cui nesso è il legame familiare. Vetromile interloquisce con il sentimento più semplice e misterioso/profondo del mondo: l’amore paterno/materno/filiale intraprendendo una meditazione interiore che diventa, in primis, un cammino nella vita attraverso ricordi multiformi intrecciati a riflessioni ora sagge, ora squisitamente illuminati/illuminanti; poi uno sguardo al futuro, ai posteri, immaginari interlocutori/fruitori di questo diario/testimonianza, in cui l’autore è l’anello di congiunzione tra la memoria e il venturo. Numerosi elementi intimo/culturali si mettono al servizio dei versi così come la sensibilità, il senso di responsabilità, le ferite, i sacrifici, la fragilità della natura umana: il semicerchio in cui Giuseppe Vetromile, nel mezzo, allarga le braccia per accogliere e attualizzare il faticoso percorso dell’uomo del nostro tempo. È la voce dell’essere umano che cammina, un padre, una madre, un figlio lungo varianti/variabili e vicende della storia assiduamente, continuamente, insieme, uniti, nonostante tutto, come compagni di strada. L’autore attinge dai riferimenti intimi – ricordi, oggetti, suoni, odori - per arricchire il proprio bagaglio visionario di segni, di lampi. Le risorse e gli arnesi del mestiere misurano suggestioni, stupori e spiragli ricamando il mosaico cronologico, temporale e di senso, del periodo in cui la presenza paterna completava il cerchio familiare. La tensione originalissima e dinamica prosegue nelle poesie dedicate alla figura materna: la madre, donna sicura e dolce, paziente e mai remissiva, autonoma e coraggiosa che fa da specchio all’autore in uno schema psicologico che definirei auto-cosciente e parallelo. La fisicità del verso maturo si inserisce nel dominio della poesia che scaturisce un corpo vivo, fluido il cui contenuto è l’amore, il senso di appartenenza, la condivisione, la continuità, il valore del patrimonio personale, la morte. Il tema del silenzio, del taciuto e del condizionale, è stato già ampiamente trattato, nelle precedenti raccolte poetiche, da Vetromile: qui l’uomo/poeta si mette in viaggio per cercare una possibile variante alla polinterpretabile esistenza, ma lo fa senza il timore del vuoto, della disillusione, senza disincanto. L’autore suggerisce ai figli, ai nipoti la via della storia familiare: l’invito ai posteri è di saper destinare uno sguardo all’indietro, alla memoria, per non smarrire il significato sacro delle cose intrise di amore e sacrificio, ma, soprattutto, per ri-trovare nelle radici il senso della misura, della rassicurazione, del riferimento, della certezza. (Rita Pacilio)
Mia madre alla terra e al cielo
Ora che è tutto placato il delirio del vivere
in sordità pregressa
mi sono fatto suo orecchio per sentire il fiato
svelare ogni mistero
ma come proveniente da una lontana sibilla
la parola è ancora anchilosata
e ambigua sulle sue labbra inconcludenti
Mi dicono gocce di mare e di porte
sprangate sull’infinito
di cieli aperti ad apparizioni angeliche
che da novant’anni e passa nutrono
il suo sogno silenzioso
Ho rimarginato mia madre al pavimento di mattonelle screziate
vedendola così caracollare come una vecchia fata
distratta e dimentica della magia del vento
che le adunava i lembi del corpo
in un sol velo di innocente
o ingenua femminilità
ed ora lei è tutta di nuvola fosca
come l’età dell’etagère stile impero
ritta sul suo legno tarlato
resiste alla rabbia del tempo
un po’ grigia nell’angolo di luce
accanto alla stufa che si prolunga
al suo manto di lana grezza in seno
Il suo passato è un baratro di voci inudibili
nel fosso di memoria non recupera che
lampi di vocaboli sparpagliati
**********
Mia madre al tempo e al sogno
Ho riattaccato la storia di mia madre ad un orlo di cielo
come lei voleva che fosse
il premio per i santi che penano su questa terra
elemosinando qualche sillaba di suono
alla porta del paradiso
Lei ha implorato mille volte l’eco
che le riportasse indietro il rumore del mondo
e il dolce ronfare del mare
l’apocalisse e la baraonda dei diavoli
quando agitano il cosmo in un setaccio deformato
per filtrarne solo i chicchi maligni
una sinfonia di Beethoven
o un valzer di Strauss
o il grido del gabbiano che sorvola le onde
Non ha mai dato ascolto alle conchiglie del mare
mia madre
e i suoi sogni sono mute ombre del pensiero stagnante
********
Mia madre al qui e al dopo
Sono l’ultima fanciulla di Ottaviano e prendo il sole
tra le braccia grezze scivolando sull’ala del vento
come una farfalla rudimentale
io l’antica stazza di prorompente ma fugace
beltà
io il sorriso la carne lo scoglio di piazza vittoria
e santa lucia che mi tiene in barca
io la possente persistente contro tutte le mode del tempo
sono rimasta l’unica fanciulla che guarda in alto
sulle pareti mio padre e mia madre severi e torvi
sono un altro mondo mai vissuto
ma raccontato a segni e a smorfie di volti
i miei raccapriccianti amati
i miei dolorosi fratelli
sono rimasta
e qui vorrei abbandonarmi sul terrazzo sgretolato
all’ultimo sole d’agosto
senza più il frastuono del mare
né l’ala del vento che mi accarezza
questa pelle d’elefante
io sento ora l’armonia degli angeli
verranno a prendermi di notte
mentre tremo ancora sulle labbra
la parola di Dio che non so
che non sento
che non vedo
ma respiro come l’aria
necessariamente
******
Rimarginatura finale
Io sono come lei
: in un alambicco vengo distillato
d’amore filiale e d’amore materno
io come lei mi guardo il tempo scorrere tra le mani
divenire anch’io come una ruga stanca
del sorriso neanche un po’
all’angolo delle labbra
e una parola che non muta mai posizione
né il senso da dovunque la si pronunci
tanto non basta ascoltarla
dal segreto del cuore non basta
ascoltarla!
Come lei
bisogna possedere tutta la forza del mondo
tra le mani chiuse a pugno
per andare diritti verso casa
dove i quadri guardano ancora dalle pareti
e tu ti ritroverai fra loro
imprigionato in una cornice di legno
fissando per sempre il vuoto
colmo di ricordi e di pietà
Ed ora
che ho ricongiunto la madre che non sente alla pace della terra
rimargineranno le ferite del fiore
estirpato all’altra eternità
in una notte in cui apparvero angeli nel cielo stellato
e un grido di lei squarciò per sempre
il silenzio dei sordi
Giuseppe Vetromile , napoletano, nato nel 1949, svolge la sua attività letteraria a Sant'Anastasia (Na), città in cui risiede dal 1980. dedicando gran parte del suo tempo alla poesia, sia nello studio, nella lettura e produzione di testi e raccolte poetiche, sia nel promuovere e organizzare eventi, incontri, reading e convegni sulla poesia contemporanea. Ha ricevuto riconoscimenti sia per la poesia che per la narrativa in importanti concorsi letterari nazionali. Numerosissimi i primi premi che gli sono stati conferiti. Ha pubblicato 19 di libri di poesie, sempre bene accolti da pubblico e critica. La sua ultima pubblicazione è "Percorsi alternativi", Marcus Edizioni, Napoli, del 2013. Ha pubblicato anche la raccolta di racconti "Il signor Attilio Cindramo e altri perdenti" con le Edizioni Kairos di Napoli nel 2010. Della sua attività letteraria si sono interessati importanti e noti poeti e critici. Alcuni suoi testi sono stati pubblicati in Antologie nazionali ed inoltre collabora a giornali e riviste letterarie, anche online, per le quali cura recensioni e note critiche. Partecipa a convegni letterari ed inoltre promuove ed organizza incontri e rassegne di poesia e di altri argomenti letterari, prodigandosi anche nella ricerca di nuovi “talenti” poetici. Ha curato le antologie: Attraverso la città, Ed. Scuderi, Avellino, 2011; Percezioni dell'invisibile, L'Arca Felice Edizioni, Salerno, 2013; Ifigenia siamo noi, Ed. Scuderi, 2014. E' il fondatore e il responsabile del Circolo Letterario Anastasiano. Fa parte di giurie in importanti concorsi letterari nazionali. E' l’ideatore e il coordinatore del Premio Nazionale di Poesia “Città di Sant’Anastasia”. E' presente in rete con diversi blog letterari (Circolo Letterario Anastasiano, Transiti Poetici, Taccuino Anastasiano, Selezione di Concorsi Letterari, ecc.).