lo ammetto, sono andata la cinema senza sapere minimamente a cosa andavo incontro, attratta semplicemente dal poster del film, in cui uno Sean Penn truccato da Robert Smith occhieggiava pigro.
E così mi son seduta al cinema e mentre rischiavo di esser sopraffatta dall’onda lunga di spot e trailer che precedono as usual la visione, mi son girata verso l’Amoremio e gli ho chiesto: “Ma di che parla ‘sto film?”
“Boh!” ha risposto facendo spallucce.
“Andiamo bene!”
“Speriamo non sia un film russo coi sottotitoli in cecoslovacco!”
"Speriamo che non sia come The tree of life" ho chiosato io mentre si spegnevano le luci.
E invece sì, siamo andati bene.
Molto più che bene.
La storia di Cheyenne ex rockstar cinquantenne a metà tra Ozzy ed i Cure, intrappolata nell’adolescenza ma senza più quell’innocenza che è l'unica cosa bella di una fase, diciamocelo, schifosa, mi ha conquistata.
Tutto di questo film merita una seconda visione: la regia di Paolo Sorrentino, l’interpretazione da Oscar di Sean Penn, i favolosi personaggi di contorno (sempre se Frances McDormand si possa definire di contorno), la musica, David Byrne, gli Stati Uniti on the road che sono proprio come ti immagini che siano.
E le battute, che alcune sono così fulminanti che vorresti averle scritte tu.
E poi la crescita di Cheyenne.
Che vorresti fosse la tua.
Che è una poesia.
Che non è tanto facile da spiegare, ma sta tutta negli occhi di Sean Penn alla fine del film.
Insomma, vedetevelo.