Marco Mancassola, Gli amici del deserto, Feltrinelli
Dicevamo, che la vita è strana.Stracolma di punti interrogativi e incredibili coincidenze.
Ad esempio, alzi la mano chi non si è mai ritrovato, intorno alla trentina, con almeno uno (o due) vistosi punti interrogativi sulla testa relativi a grandi temi quali: l'amore, il lavoro, i soldi, gli amici, Dio, le certezze, le mète da raggiungere, il destino etc. etc.
In una parola, chi di noi non si potrebbe identificare almeno per un istante nei protagonisti di questo bel romanzo di Marco Mancassola?
Quanto a me, senz'altro mi ci ritrovo con tutte le scarpe. In quel deserto americano grandioso, e micidiale, in cui si avventurano questi due amici. Partendo da un monastero silenzioso e misterioso, dove vive Rudi, il fratello monaco del narratore, decidono infatti, volenti o nolenti, di fare un viaggio in cerca di uno sciamano, perché Danilo vuole guarire da un certo male.
"Fu l'estate in cui il mondo sembrava andare sempre più a rotoli, io ero sul punto di compiere trentatré anni e stavo trascorrendo alcuni mesi in un monastero sulla costa californiana".
Leggere in estete libri sull'estate è sano. Come mangiare frutti di stagione. Rincuora e nutre, in questo caso l'anima e il cervello. Come anche leggere a trentatrè anni un libro con un coetaneo come protagonista. E un comico, anche.
Danilo è un comico senza lavoro, una strana coincidenza anche questa per me perché in questi miei giorni sto pensando molto a questo argomento della comicità. E del lavoro.
Inoltre.
Basta aprire i giornali, anzi che dico, basta sbirciare le prime pagine che, accanto ai grandi drammi che funestano il mondo, si possono scorgere altrettanti e più piccoli disastri che riguardano il presente eterno della nostra generazione (a destra, agghiaccianti titoli sul precariato che ormai sta prendendo forme incontrollabili, sugli stagisti, sulle paghe-fantasma, insomma, lo sappiamo), ma anche affascinanti e incoraggianti riflessioni sul futuro (si può andare ad esempio a pagina 32 della Stampa e trovare un bellissimo articolo di Marco Belpoliti sul fatto che nel suddetto futuro saremo più spirituali, e primitivi. Per inciso, se vi interessa, lo penso anche io).
Sto anche ragionando molto sul futuro, in questi miei giorni di deserto. Ma per concludere che forse, meglio non ragionarci troppo e agire, e avere fiducia.
Considerate che però questa è un'altra storia.
Comunque tra tutte queste riflessioni, ho anche delle fortune. Una di queste è stata proprio leggere questo romanzo sulla solitudine, la spiritualità, l'amicizia, il deserto, il destino, il silenzio e la comicità.
E ringrazio l'editore Feltrinelli per avermelo inviato in lettura, perché l'ho molto apprezzato.
Dunque dunque. Perché lo consiglio? Perché è un libro adatto a chi sta viaggiando. Nella vita. Nel mondo. O, come me, semplicemente seduto su una sedia nel bel mezzo della propria città natale.
Ma lo consiglio, soprattutto, a chi non ha una mèta. O una metà.
Perché man mano che si legge, è possibile trovarla. La mèta. (Sulla metà, non so come la vedete voi, ma credo che sarà lui, o lei, a trovare voi, statene pur certi!).
Poi perché è un piccolo libro fulminante e illuminante. Dotato di una scrittura riflessiva e leggera (sempre in senso calviniano ovviamente). E perché in fondo c'è una lettera, e i romanzi dove c'è una lettera dentro sono sempre i migliori, e la lettera è sempre un centro al bersaglio, come diceva qualcuno, credo Baricco ma non vorrei sbagliare.
E infine perché c'è una domanda.
Che ci fa una stella marina in mezzo al deserto?
Che è una domanda bellissima, apparentemente senza senso ma che mi piace molto. Anche i libri con almeno una domanda valgono sempre la pena.
Buona lettura, quindi, a chi è in cerca di risposte. E, naturalmente, anche a tutti gli altri.