Ho volutamente optato per la locandina originale perché credo possa esprimere il senso di surrealtà insito in un film e in un titolo che evoca l'imprevedibilità di cui si fa portatore Resnais, dimostrando come un uomo della sua età sappia rinnovare e scardinare quello che è il cinema contemporaneo, attraverso un racconto che difficilmente può dirsi lineare; in cui elementi di straniamento si inseriscono volutamente come gli artifizi scenografici tanto cari al regista, che ci regala uno dei suoi migliori lavori degli ultimi anni.
Molto più libero e rivoluzionario del suo precedente Cuori, Resnais recupera attori feticcio del suo cinema e regala allo spettatore amante del suo cinema una mirabilia visiva, che non è fine a se stessa o autocompiacentesi, ma in realtà un detour visivo e contenutistico che appaga e ripaga della sua visione, in cui l'amore non è mai banale o compiacente con il concetto romanticamente scontato che di esso si possa avere, anzi crea deviazioni imprevedibili, impennate e ricadute che dimostrano come solo maestri come lui possano permettersi simili peripezie e giochi narrativi, disinnescando il senso comune, ma senza per questo essere eccessivamente criptico, tutt'al più creando una sorta di cortocircuito e di rimessa in gioco di un racconto che potrebbe ricominciare da capo e lasciarci aperte nuove strade narrative in cui perdersi, lasciando che le erbe folli spuntino dal terreno improvvisamente come il suo cinema, in grado di insinuarsi quando meno te l'aspetti nel cuore spesso raggelato di uno spettatore stanco di certo cinema contemporaneo privo di vere emozioni e sagace ironia.