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Gli «angeli del fango» hanno ali di terracotta

Creato il 12 novembre 2011 da Ilgrandemarziano
Gli «angeli del fango» hanno ali di terracottaTutti i sabati e le domeniche, in tarda mattinata, X si reca all'Istituto Y dove presta, anzi dovrei dire regala, alcune ore del suo tempo. L'Istituto Y è un ricovero per anziani, quindi dentro si trova di tutto. Quelli che trascorrono la giornata a giocare a scopone e la serata davanti alla TV, quelli che non si alzano (più) dal letto e parlano tutto il giorno con il pappagallo, quelli che si ricordano solo di un certo Alzheimer, che è stato loro compagno di banco alle elementari, quelli che non smettono di tremare, ma non è per il freddo, quelli che sbavano, ma non è per il desiderio, quelli che ciondolano, ma non sono bijoux, quelli che urlano perché son sordi e quelli che urlano perché l'ultima volta che qualcuno è venuto a trovarli... che anno era? Sebbene ci sia sempre bisogno di qualcuno con cui fare due chiacchiere, all'Istituto Y c'è bisogno soprattutto di aiutare gli ospiti a mangiare. Ed è quello che X fa ormai da qualche anno.
Se può, si mette in uno dei tavoli vicini alle finestre, con tre o quattro anziani, più o meno sempre gli stessi (a parte Z, che se n'è andato il mese scorso) e li imbocca. A turno. Pulisce loro le labbra e il mento. Soffia sul cucchiaio, se la minestrina fuma. Taglia l'arrosto in pezzetti facili da masticare. E se è il caso, ormai non si fa più problemi neanche a risistemare le dentiere, plof, che cadono nel piatto (anche se per questo, in effetti, c'è voluto un po'). A X piace fare volontariato. Tutti i sabati e le domeniche, nel primo pomeriggio, X esce dall'Istituto Y con una effervescenza nell'anima che non ha mai provato altrove. Deve avere a che fare con quei sorrisi claudicanti e quelle mani che sventolano quando se ne va, chiedendosi - ogni maledetta volta - se sabato prossimo ne mancherà qualcuna. Eppure mai ha pensato di fotografarli, né di farsi immortalare mentre allunga la mano con il cucchiaio verso le labbra protese, figuriamoci mettere poi le foto su Facebook e taggarci gli amici. Mai è venuto in mente a X di girare un video con il telefonino, mentre li imbocca e in sottofondo c'è Mamma Maria dei Ricchi e Poveri, da mettere su You Tube e mostrare a tutti la sua bravura a far posare l'aeroplanino nutritivo.
Gli «angeli del fango» hanno ali di terracottaGli «angeli del fango» invece no. Cioè, non tutti, per lo meno, o non sempre. A chi infatti in questi giorni ha caricato (e taggato) su blog, Facebook, You Tube eccetera le proprie foto o i propri video in mezzo alla disperata melma genovese e spezzina, sorridente, con la pala in mano, o mostrando a tutto il mondo i suoi stivali di gomma logorati dal lavoro come un trofeo di guerra, vorrei far notare che rischia di essere rimasto vittima dell'onnipresente manipolazione (tentazione?) social-mediatica all'esercizio del protagonismo. Perché, sebbene i media - non c'è dubbio - abbiano surfato alla grande sull'onda emozionale della sciagura e della partecipazione, sollecitando così a loro volta a cavalcarla, e dunque sia anche gran parte colpa loro, l'esibizionismo non si confà al volontariato e l'autosfoggio retorico del sacrificio, pur non togliendo alcunché all'oggettività (comunque fondamentale ed encomiabile) dell'aiuto portato, neutralizza agli occhi degli altri la nobiltà del gesto, in quanto lo espone all'antipatia della presunzione. Anche solo pretesa tale. E in questi casi il confine è tracciato con una matita molto, molto sottile. Al contrario, la gratificazione del volontario si nutre dei sorrisi e degli sguardi, dei silenzi e delle strette di mano. La ricompensa del volontario si accende grazie alla scintilla di anime che entrano in contatto. La felicità del volontario cresce nella consapevolezza di aver alleviato un dolore.
Il resto è (sempre) troppo.

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