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“Il contadino che, nel marzo del 1974, arando ha smosso e sollevato dal terreno della Penisola del Sinis di Cabras una serie di statue di arenaria gessosa con cippi, colonne, capitelli, lastroni, conci e altre modanature in arenaria, e Giuseppe Atzori che ha dato subito notizia del rinvenimento sulla stampa, sono i personaggi dai quali è stato reso all’ archeologia ufficiale “disarmata”, il più straordinario e utile servizio che, da tempo, non offriva il contributo popolare degli “outsider””. Giovanni Lilliu ("Dal betilo aniconico alla statuaria nuragica", in Studi Sardi, XXIV, 1975-77, pp. 73-144). In un processo di restyling della notizia che Atropa sintetizzerebbe con “girare la frittata” e “chi si loda s’imbroda” , l’archeologia si è invece oggi armata e rivendica per se stessa scoperta, diffusione capillare della notizia, valorizzazione delle statue del Sinis e loro accessori. Alcuni scambiano il brodo per alloro. Anzi per allora. Ora per allora la Soprintendenza ha infatti scoperto che le statue di Monti ‘e Prama sono un po’ importanti e se le è messe all’occhiello. Le mode vanno e tutti si infiorano. La guida ufficiale alla mostra si perita di non nominare neppure gli scopritori e i diffusori di notizia Tutti paiono aver dimenticato, grazie ad un benefico letargo neurale, che nel lontano 1965 alla scoperta della testa di Narbolia il brodo fu differente: “ Data la grande presenza di reperti punici e la presunta assenza di una statuaria nuragica in pietra, il frammento di Banatou fu considerato in origine un reperto punico”. Proviamo a traslare, su un brodo che ormai è stantio? “Data la grande presenza di scritte fenicio-puniche e la presunta assenza di una scrittura nuragica, tutte le epigrafi sarde della fine età del bronzo-inizio ferro furono considerate in origine reperti fenici”. La mangeremo presto questa frittata rivoltata? In quanti diranno “l’avevo pur detto io”?
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