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Gli italiani a Courmayeur: Intervista a Federico Greco

Creato il 10 dicembre 2013 da Fascinationcinema

Federico Greco sarà presente alla XXIII edizione del Courmayeur Noir InFestival. Ecco cosa ha da dire:

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Oltre la soddisfazione personale, quanto ritieni importanti eventi di questo tipo?

Normalmente non credo ai convegni di questo tipo. Si finisce sempre col parlarsi addosso, col parlare a un pubblico che crede di sapere già tutto, o che non sa nulla e non capisce; oppure col lamentarsi della situazione senza produrre proposte concrete. Ma il motivo che mi ha spinto ad accettare la proposta di Giorgio Gosetti di coordinare l’incontro e scegliere la maggior parte dei partecipanti è che le premesse e gli obiettivi mi sono parsi molto più sensati del solito. Prima di tutto la cornice del Noir In Festival di Courmayeur – uno dei 50 più importanti del mondo secondo Variety – è straordinaria. Il pubblico è perfetto proprio perché è composto sia da giornalisti e colleghi del settore, sia da stampa mainstream che di horror nulla conosce (né sa chi siamo noi che lo facciamo) ma è comunque ospite di un festival di genere e dunque, teoricamente, più aperta del normale. Inoltre lo spirito dell’iniziativa è quello di far incontrare il nostro mondo di registi, produttori, distributori, attori e sceneggiatori indipendenti con i vertici del cinema nazionale (Luce, Cinecittà) – e con una leggenda come Dario Argento – affinché nasca almeno uno scambio di occhiate reciproche e, chissà, di future interazioni. In Italia il cinema che facciamo noi è visto – aprioristicamente – come prodotto di serie B, come i fumetti. Altrove è considerato semplicemente cinema, come i fumetti sono considerati alla stregua di qualunque altra espressione artistica o comunicativa. E’ vero che la maggior parte dei film horror-thriller italiani sono imbarazzanti, per usare un termine gentile, ma è anche vero che l’horror, il thriller, il noir sono grimaldelli di analisi del reale attraverso la narrazione dell’irreale potenzialmente molto più efficaci e seducenti di altri generi più banalmente realistici. Ed è proprio nel thriller o nell’horror – inoltre – che potrebbe rinascere quel cosiddetto “cinema medio” (né d’autore, né comico, né ultra-indipendente-no-budget) di cui adesso il cinema italiano avrebbe molto bisogno. Sia perché consentirebbe il continuo allenamento delle maestranze, sia perché riporterebbe in sala una buona fetta di pubblico, sia infine perché farebbe vivere molte persone e creerebbe indotti sul territorio molto interessanti.

Secondo te sta davvero rinascendo l’horror italiano?

A essere sincero non lo so. Se devo basarmi su questo convegno, che per la prima volta riunisce insieme la maggior parte delle esperienze più importanti dell’underground di genere italiano (non tutte, purtroppo) e cerca di renderle visibili a un livello più profondo del consueto, forse sì. Ma credo che al massimo si possa affermare che la contingenza della crisi economica, di idee e di autori, incrociata con lo sviluppo vertiginosamente veloce di tecnologie sempre più alla portata di tutti stia generando scenari difficilmente analizzabili, almeno con i vecchi strumenti. E che all’interno di questi scenari sia possibile un miracolo come quello del ritorno di quel cinema che ha sostenuto l’economia cinematografica italiana per decenni.

Cosa ti ha spinto a dirigere Nuit Americhèn?

Avevo bisogno di indagare meglio su cosa stava succedendo a noi e al nostro cinema, ma non riuscivo a essere serio ogni volta che ci riflettevo. Ripensavo al tipo di fatica che ho fatto per fare quel poco che ho fatto, agli sforzi sovrumani che sono costretti a fare i miei colleghi e a certi risultati imbarazzanti di altri colleghi nonostante investimenti economici e psicologici anche ingenti. È così che è venuta fuori una commedia horror autoironica e metacinematografica. Ci sono anche io, ovviamente, nel mucchio di coloro che il film si diverte a prendere in giro. Se poi ci vuoi vedere anche la necessità di ragionare sulla attuale crisi culturale, sei liberissimo di farlo. Ma io non ti ho detto nulla. Queste robe serie lasciamole ai registi di serie A e alla stampa che li sostiene.

Progetti futuri?

Ogni volta che ho risposto a questa domanda poi ho finito col realizzare tutt’altro, di solito robaccia. Quindi ecco l’elenco dei miei progetti futuri: un film su una famiglia con gravi problemi economici; il remake di una commedia famosa francese o spagnola; un documentario ambientato sulla tangenziale di Milano; un altro corto.

 

Intervista a cura di Davide Comotti 

 


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