Dal punto di vista politico, il problema degli italiani che vivono in Sudtirolo è scomponibile in un prisma dalle molte facce. Quelle più importanti da considerare sono almeno tre.
Innanzitutto gli italiani sono visti come un problema da chi li identifica ancora come il residuo indesiderato di un popolo figlio di una nazione “straniera”. Si dirà, a onor del vero, che anche questa è una percezione residuale, forse addirittura minoritaria tra le poche truppe marcianti di Schützen, i quali intanto hanno cominciato a scrivere comunicati in due lingue e ad auspicare l’assimilazione etnica in direzione contraria (si attendono insomma un paio d’italiani che s’innamorino delle sfilate in costume e partecipino con orgoglio alle adunate). Esito, quest’ultimo, da paventare comunque fin dalle premesse, anche perché non è certo puntando su un modello culturale quanto più omogeneo e omogeneizzante (e dunque foriero di assimilazione) che il problema degli “italiani” – qui minoranza da rendere invisibile, una volta resa formalmente tale per mezzo di una secessione – può essere affrontato in modo appena convincente.
Di ciò si sono dimostrati da qualche tempo consapevoli i Freiheitlichen. Pius Leitner e Ulli Mair ormai non si stancano di ripetercelo in ogni intervista: “senza il coinvolgimento degli italiani non è possibile parlare di Stato Libero”. Un’ovvietà a lungo neppure percepita come tale. Però la faccenda si complica poiché agli italiani adesso non solo è richiesta la consapevolezza di costituire una parte integrante di questa terra, ma addirittura d’impegnarsi per la sua completa indipendenza. Peccato che scorrendo la bozza di Costituzione commissionata dai “blu” al vecchio professore di Innsbruck, Peter Pernthaler, l’idea che se ne ricava sia quella della medesima società frammentata che la “vecchia” autonomia ha già peraltro concretizzato fin troppo bene. Vale dunque la pena chiedersi a cosa mai potrebbe portare un “gattopardismo” del genere e soprattutto per quale motivo gli italiani dovrebbero poi approvarne entusiasticamente il progetto.
Già, gli italiani. L’ultima faccia del problema riguarda proprio la loro autocoscienza. Indecisi a tutto – per citare Ennio Flaiano –, gli italiani del Sudtirolo sono da tempo alla ricerca di un ruolo sempre più difficile da trovare. Il richiamo a una loro possibile alleanza politica – come vorrebbe il sindaco di Bolzano Spagnolli per quanto riguarda tutte le forze che si riconoscono in un programma riformista – risuona come un grido di disperazione. Ma talvolta è proprio la disperazione, più che la speranza, a muovere le cose.
Corriere dell’Alto Adige, 21 aprile 2012