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Gli occhi scuri

Da Milu
GLI OCCHI SCURIINTRODUZIONEFino ad oggi la mia vita era quella di una diciasettenne qualunque, con le sue preoccupazioni per il futuro e le sue ansie. Fino ad oggi non sapevo quanto il mio ruolo in questo nuovo mondo fosse importante e bello. Fino ad oggi non sapevo cosa significasse amare follemente ed essere disposti a mollare tutto per amore. La mia nuova vita comincia oggi. CAPITOLO 1Ah, adoro questa città! Ogni giorno mi innamoro sempre di più di lei. Prima di trasferirmi qui vivevo in una casa di campagna, in un piccolo paesino. Non proprio l’ideale per i miei 17 anni. Ma ormai mi ero abituata a quella vita indiscreta e pettegola che solo nei piccoli paesi si respira.Un po’ di tempo fa mio padre decise di vendere la nostra vecchia casa per trasferirci a Roma. Disse che lo faceva per il mio futuro, che qui avrei potuto avere più possibilità di trovare un bel lavoro dopo la scuola; ma io e mia mamma sapevamo benissimo che sentiva soprattutto la mancanza della sua amata città natale.All’inizio, quando papà mi disse del trasferimento, provai un profondo vuoto nel pensare che avrei dovuto lasciare la mia scuola, il liceo classico, che avevo frequentato per tre anni. Ma soprattutto gli amici con cui sono cresciuta. Corsi in camera mia sbattendomi la porta alle spalle. Tutto il mondo crollò in quell’istante. Come se ogni tassello della vita che stavo costruendo si fosse frantumato. Era quasi finito il terzo anno scolastico. Presto sarebbe arrivato il momento di partire. Non avevo ancora avuto il coraggio di parlare con le mie amiche del trasferimento. L’avrebbero sicuramente presa male. Quella settimana volò. A scuola il mio sguardo si perdeva fuori dalla finestra e i professori mi richiamavano in continuazione. A casa passavo i pomeriggi in camera con la musica a tutto volume. Cercavo di non stare con le mie amiche. Pensavo che così avrei sentito di meno il distacco.Un pomeriggio cercavo consolazione camminando per la stanza  e mangiando cioccolata. Mi affacciai alla finestra.Fu in quel momento che vidi un ragazzo che mi fissava da dietro un albero. Un brivido mi passò tutta la schiena, come aghi di ghiaccio. Aveva gli occhi scuri e molto profondi. Ma appena lo guardai, chiuse gli occhi, abbassò la testa e sparì.Pensai tutta la sera a quel ragazzo, come se mi avesse stregato!Andai a letto ma non riuscii a dormire. Mentre guardavo la sveglia in continuazione, pensai alle mie amiche che dovevo lasciare, ai miei professori. Ma non riuscii a togliermi dalla testa quegli occhi scuri, che mi fissavano dall’altra parte del vetro. Poi, intorno alle 3:00 il sonno mi raggiunse.La mattina dopo decisi di farmi una passeggiata con le mie amiche per avvisarle del mio trasferimento. Andammo al nostro solito bar per sederci ai tavolini fuori e prenderci una granita. <<Ma tuo padre non poteva aspettare, farti finire il liceo qui?>> mi disse Elisa quasi piangendo e mi abbracciò. Sara e Giulia fecero di si con la testa come per approvare la domanda di Elisa. Io alzai le spalle e scoppiai a piangere. <<Amiche mie non so come farò senza di voi!!!>> dissi cercando le loro mani. <<Per fortuna mio padre mi lascia venire con il treno quando voglio, così non ci perderemo di vista>>. Questo sollevò un po’ tutte noi e per il resto del tempo succhiammo la nostra granita in silenzio facendoci sorrisi consolatori.Quel pomeriggio mio padre mi portò in camera dei grossi scatoloni vuoti e mi disse di cominciare a riempirli con le mie cose. Poi guardò la mia espressione vuota e triste e mi abbracciò. <<Starai bene tesoro. Te lo prometto! E poi potrai venire a trovare le tue amiche quando vuoi, lo sai.>> mi diede un bacio sulla fronte e se ne andò. Mi sedetti sul letto a fissare gli scatoloni per un po’ e dopo un lungo sospiro cominciai a riempire il primo con i libri. Mentre ero in piedi sulla sedia per prendere i libri in alto, ebbi la sensazione che qualcuno mi spiasse e, di nuovo un brivido mi fece quasi cadere dalla sedia. Corsi alla finestra e dietro l’albero vidi ancora quegli occhi scuri. Decisi di affrontare quel tipo. Corsi subito fuori di casa, ma lui era già sparito, come se si fosse dissolto nel nulla. Mi guardai intorno per cercarlo, ma niente. Tornai in casa con la faccia bassa e mia madre mi osservò sconcertata finché non mi vide sparire in camera mia. <<Tesoro, ma che è successo a Cristina?>> chiese. <<È per via del trasferimento. È triste perché deve lasciare le sue amiche, ma le passerà.>> rispose mio padre.Passò un altro giorno, e poi un altro e un altro. Non riuscivo a non pensare a quel tipo che mi spiava. Passavo ore a fissare fuori dalla finestra, ma lui per una settimana non si fece vedere. Cominciai a pensare che mi avesse lasciato in pace, anche se questo, per chissà quale ragione, un po’ mi rattristava. Mi sentii sola e vuota, improvvisamente.Questa sensazione me la portai dentro fino al momento della partenza. Ormai il trasloco era stato fatto e tutte le nostre cose erano a Roma. Chiudemmo per l’ultima volta il portone della nostra ex casa e ci avviammo alla macchina. Le mie amiche erano venute a salutarmi e sui loro volti si potevano vedere i segni delle lacrime scese poco prima. Le conoscevo bene. Avevano deciso di non piangere davanti a me per non farmi pesare ancora di più la partenza. L’abbraccio fu lungo e doloroso. Un pezzo del mio cuore sarà sempre il loro. Poi partimmo e fissai la casa fino a che non scomparve dalla mia vista. <<Non essere triste tesoro, vedrai che a Roma ti troverai bene. Ci sono un sacco di cose divertenti da fare>> mi disse mia madre. << Lo so, mamma>>. Lei continuò a fissarmi per un po’ preoccupata.Mi voltai verso il finestrino. La strada scorreva veloce e le montagne che avevo visto da sempre pian piano scomparvero. Pensai agli orizzonti nuovi che mi attendevano, a come sarebbe stata la nuova scuola senza Elisa, Sara e Giulia. Promisi a me stessa che sarei stata felice della mia nuova vita. Finalmente avrei avuto tutto quello che un piccolo paese non può offrire. Avrei visto gli aspetti positivi in ogni cosa che avrei affrontato, in quell’immensa, bellissima città. Chiusi gli occhi, mi lasciai scivolare sul sedile e appoggiai la testa. Davanti a me passarono scene vissute e flash di momenti belli e brutti della mia vita. Ogni scena scorreva veloce e presto mi resi conto che mi stavo addormentando. Ad un tratto la mia mente si fermò su una scena: occhi scuri che mi fissano da sotto il cappuccio della felpa, si avvicinano a me sempre di più. Io immobile attendo il suo arrivo. Poi arriva, si toglie il cappuccio e io sono invasa da una sensazione mai provata prima. È bellissimo e il suo sguardo è dolce e caldo.Di colpo aprii gli occhi e presi fiato, come se fossi riemersa dall’acqua. <<Tutto bene? Siamo quasi arrivati>> mi disse mio padre. <<Si si… stavo sognando>>. Guardai fuori e i palazzi schizzavano via all’indietro, gli stessi palazzi che avevo sempre visto quando venivamo a Roma, e che ora stavano per diventare il mio panorama quotidiano. Mi stiracchiai un po’ e proprio in quel momento mio padre uscì dall’autostrada. La nostra casa si trovava in Via dei Durantini, per fortuna abbastanza vicino a una fermata della metro. Avrei  potuto raggiungere facilmente il centro della città.Finalmente trovammo parcheggio e scendemmo dalla macchina.

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