La Savina Caylyn, petroliera dei fratelli D’Amato, è caduta in mano ai pirati al largo dell’Oman l’8 febbraio, ma non se n’è saputo niente fino ad oggi. È la linea della Farnesina sui sequestri: non si parla con i giornali.
Il comandante Giuseppe Lubrano e i familiari degli ostaggi, dopo sei mesi estenuanti, hanno deciso di non fidarsi più della strategia e ha rotto il silenzio stampa: lungo dialogo telefonico con il Corriere e lettera di ringraziamenti ironici allo Stato su Repubblica.
Sono ventidue gli uomini sotto scacco: 17 indiani e 5 italia. Sono il direttore di macchina Antonio Verrecchia, 62 anni, di Gaeta, l’allievo di coperta Gianmaria Cesaro, sorrentino, dell’85, il primo ufficiale di coperta Eugendio Bon, 30 anni, da Triesta e il terzo ufficiale di coperta Crescenzo Guadascione, oltre al comandante.
I bucanieri sono partita da una richiesta iniziare di venti milioni di dollari, poi scesa a 14. Gli armatori si sono però fermati a 7 e mezzo. Attendono una mossa dei corsari, che però non intendono più trattare sul prezzo, ma solo sul quando e il dove del pagamento.
Lubrano lancia il suo grido di dolore:
Mangiamo un pugno di riso al giorno e qualche volta dei fagioli. L’acqua scarseggia e non ci laviamo da tre mesi. Men che meno laviamo le mutande. I negoziati tra la società armatrice e i pirati sono interrotti. Siamo disperati, fate qualcosa. Tutti ci hanno abbandonato.
Il cibo è razionato e gli aguzzini hanno minacciato di decapitare uno dei prigionieri qualora non si facesse in fretta. Il prezzo del riscatto aumenta di 250mila dollari ogni mese che passa. C’è anche un pericolo per l’ambiente:
Stanno mettendo a dura prova la tenuta dell’unica ancora. A poco più di un miglio di distanza ci sono delle secche. Se dovessimo andare alla deriva rischieremmo di incagliarci e di rompere le stive. Ottantaseimila tonnellate di petrolio greggio potrebbero riversarsi nell’Oceano Indiano con conseguenze inimmaginabili sull’ecologia della zona.
Gli abitanti di Procida stanno organizzando una manifestazione per sollecitare la Farnesina. C’è un’altra nave in mano ai pirati, è la Rosali d’Amato della Perseveranza Navigazione, catturata il 21 aprile. I familiari, però, seguono ancora la linea del silenzio.
Un piano che però spesso si rivela non efficace: nei paesi dove le navi cadute in mano ai pirati finiscono sui giornali, i sequestri durano in media 40 o 60 giorni; dove non se ne parla, più di sei mesi.
Fonti: Corriere della Sera, Il Post, Il Mattino