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Gli sdraiati, frasi [Michele Serra]

Creato il 02 dicembre 2013 da Frufru @frufru_90

Gli sdraiati, frasi [Michele Serra] Quante volte invece di mandarti a fare in c* avrei dovuto darti una carezza. Quante volte ti ho dato una carezza e invece avrei dovuto mandarti a fare in c*o.
Tu sei il consumista perfetto. Il sogno di ogni gerarca o funzionario della presente dittatura, che per tenere in piedi le sue mura deliranti ha bisogno che ognuno bruci più di quanto lo scalda, mangi più di quanto lo nutre, illumini più di quanto può vedere, fumi più di quanto può fumare, compri più di quanto lo soddisfa.
Penso a come è stato facile amarti da piccolo. A quanto è difficile continuare a farlo ora che le nostre stature sono appaiate, la tua voce somiglia alla mia e dunque reclama gli stessi toni e volumi, gli ingombri dei corpi sono gli stessi. L'amore naturale che si porta ai figli bambini non è un merito. Non richiede capacità che non siano istintive. [...]
È anni dopo, è quando tuo figlio (l'angelo inetto che ti faceva sentire dio perché lo nutrivi e lo proteggevi: e ti piaceva crederti potente e buono) si trasforma in un tuo simile, in un uomo, in una donna, insomma in uno come te, è allora che amarlo richiede le virtù che contano.  La pazienza, la forza d'animo, l'autorevolezza, la severità, la generosità, l'esemplarità... troppe, troppe virtù per chi nel frattempo cerca di continuare a vivere.
A dieci anni riempivo l'annaffiatoio per mio padre, e la facilità con la quale lui maneggiava con una sola mano quei dieci litri d'acqua che io gli porgevo con fatica e impaccio mi pareva il traguardo della mia infanzia. Ora che maneggio con la stessa destrezza quei dieci litri, e sono dunque adulto, mi rendo conto che nessuno mi porge l'annaffiatoio. Una catena è spezzata - ne sono l'ultimo anello. Non c'è dubbio. Sono l'ultimo anello.
"Certo che un mondo dove i vecchi lavorano e i giovani dormono, prima non si era mai visto".
Sprizzando quella sconfinata venerazione della figura umana, meglio se la propria, che segna il nostro tempo tanto quanto la clava segnò l'età delle caverne e la prospettiva il Quattrocento. Sotto i piedi e sopra i capelli niente che meriti un'attenzione anche vaga, non le zolle nere e dense, non il cielo azzurro e vuoto.
[...] In quei due metri scarsi c'è tutto quello che conta. Tutto quello che conta è Io.
Ognuno è destinato a diventare il Grande Fratello di se stesso, sorvegliare filmare fotografare riprodurre ogni proprio gesto, ogni proprio sospiro, ovviamente ogni vestito e ogni accessorio, modellarsi autisticamente giorno dopo giorno senza che il cozzo con gli altri lo deformi, lo scomponga, lo confonda, lo innamori, insomma lo alteri, lo riconsegni al caso e alla natura, alla gloriosa confusione della vita?
Solo perché la giovinezza è quella degli altri noi dobbiamo odiarla?
Io quando penso al giusto daffare penso solo all'onesto, parziale e non necessariamente compiuto tentativo di cercare un equilibrio decente tra la propria porca presenza al mondo e la porca presenza degli altri. Solo questo. E mi pare così ovvio, che i miei sputi di dentifricio nel lavandino e le mie righe di merda nel water non debbano a nessun costo essere imposte agli altri, che neanche riesco a concepire come tu possa lasciare i tuoi sputi e la tua merda occhieggiare tranquilli dalle ceramiche di casa, certi della loro impunità.
E se ti capiterà di poterlo fare, metti al mondo un bambino, meglio un paio, è una tremenda rottura di scatole ma è anche il nostro dovere di riconoscenza alla vita, che è la nostra unica padrona. 
Forse l'eccezionalità della giornata meritava che evitassimo le ripetizioni, sia tu che io. Come se fossimo, o se provassimo a essere, almeno una volta, almeno questa volta, io un po' meno io, tu un po' meno tu.
Forse non siete aulici, cioè al di sotto del mondo, ma snob, cioè al di sopra. Snob di nuovo conio, che hanno fatto di necessità virtù. Dopotutto siete arrivati in un mondo che ha già esaurito ogni esperienza, digerito ogni cibo, cantato ogni canzone, letto e scritto ogni libro, combattuto ogni guerra, compiuto ogni viaggio, arredato ogni casa, inventato e poi smontato ogni idea...e pretendere, in questo mondo usato, di sentirvi esclamare "che bello!", di vedervi proseguire entusiasti lungo strade già consumate da milioni di passi, questo no, non ce lo volete - potete, dovete - concedere. Il poco che riuscite a rubare a un mondo già saccheggiato, ve lo tenete stretto. Non ce lo dite, "questo mi piace", per paura che sia già piaciuto anche a noi. Che vi venga rubato anche quello.


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