Gli Speciali: Il Diacono, l'esordio graffiante, potente ed evocativo di Andrea G. Colombo
Creato il 29 dicembre 2010 da Alessandraz
@RedazioneDiario
Cari lettori,
oggi vi presento un romanzo horror di un'autore italiano pubblicato da pochi mesi per Gargoyle Books. Non vi nascondo che è un onore per me presentare un romanzo così intenso. Ci sono storie che ti rimangono dentro anche dopo averle lette e così mi è accaduto con il Diacono... Non è il finale che è "pirotecnico", non sono i perosnaggi, non le ambientazioni. E' tutto che colpisce. Questo è un romanzo che si ama o si odia. Io l'ho decisamente amato. Molto.
Trama:
Siamo porte. Ciascuno di noi, ovunque sul pianeta. Varchi spalancati attraverso cui il Male può irrompere e infettare la nostra realtà. Fino a oggi, i varchi erano tenuti sotto controllo da una Volontà più alta e da un delicato equilibrio di forze. Ma, come predetto dalle profezie, l’equilibrio è stato spezzato e qualcosa di estremamente pericoloso è riuscito a passare. Qualcosa di così antico da non aver lasciato negli uomini neppure il ricordo di sé. È in mezzo a noi, ora, e si trascina dietro tutto l’orrore che per millenni è stato faticosamente tenuto alla larga da questa realtà. Forse non c’è più alcuna via d’uscita. Forse non c’è abbastanza Bene sulla Terra per contrastare tutta la malvagità che sta per contaminare questo mondo. Forse la salvezza è nelle mani di un monaco senza memoria, senza nome, senza passato. Un uomo la cui vita e il cui potere sono un enigma che deve essere risolto in fretta, prima che sia troppo tardi. I suoi confratelli lo chiamano semplicemente Diacono ed è il più pericoloso e temuto esorcista che sia mai apparso sulla Terra dopo Gesù Cristo. Non resta più molto tempo ormai. Lo scontro finale è prossimo. Non ci sarà alcuna pietà. Per nessuno. Il tempo della mietitura è giunto.
RECENSIONEGaffiante. Forte. Potente. Evocativo.
E' merito dello stile di Andrea Colombo se il suo Diacono è diventato il terzo libro più bello della mia personale top ten del 2010. L'ho finito da più di un giorno ormai, eppure non riesco a liberarmi della sensazione di angoscia che la lettura di questo splendido romanzo mi ha trasmesso.
Premetto: non sono una che ama soffrire. Ho già abbastanza casini della mia esistenza per non dovermi affannare a cercare modi per star male... ma il Diacono ha una potenza espressiva fortissima, oserei dire quasi catartica, tale da cancellare tutto il resto. Cosa sto cercando di dire? Che è un romanzo che non prende: assorbe. Che non affascina: conquista. Che non coinvolge: rapisce. (E mi ha causato complessi di inferiorità grandi quanto il colonnato del Bernini giusto per restare in tema... ma questa è un'altra storia :D )
Procediamo con ordine. La vicenda ruota attorno a una figura misteriosa, un monaco vestito di nero, dal fisico possente e dalle incredibili capacità psichiche. Queste sue abilità segrete sono molto utili per svolgere il suo compito: egli, infatti, è uno dei 33 Celati, monaci esorcisti che vivono all'interno della Chiesa Cattolica per difenderla dal Male dall'interno.
Il Diacono è colui che serve, colui che è senza nome. La sua vita è iniziata circa quattro anni prima, in Cisgiordania, dove era conosciuto come un cacciatore di demoni. Ben presto viene accolto nella comunità di Vallombrosa, dove si trova l'abbazia dei Celati e lì trova la sua dimensione sotto la giuda di Padre Valdes, un anziano monaco che ha un ruolo paterno per questo giovane immensamente forte e nello stesso tempo, spaventato dalle proprie capacità e tormentato da orrende visioni di catastrofi. Ma il tempo cambia e gli eventi precipitano: strani fenomeni si verificano in tutto il globo terrestre: omicidi efferati a danno di sacerdoti - prevalentemente esorcisti, cattolici e non - e comunità cristiane. Uno di questi esorcisti, Nathan, si rende conto che tutto è iniziato con la sparizione di un manufatto preistorico conservato in un remoto angolo dell'Africa. Si tratta della statuetta della Divoratrice di anime, un demone di incredibile potenza, colei che guiderà le anime dannate e i demoni alla conquista della Terra. Ma Nathan, scopre altro nella grotta da dove la statua è stata trafugata e non potrà rivelare a nessuno il suo segreto perché i demoni sono già sulla terra e camminano con corpi di uomini...
Perchè il Male, quello vero, quello che distrugge le anime, si sta diffondendo sulla Terra. Come un contagio, il cui segno visibile sono gli occhi: gialli come quelli delle tigri. E, come una malattia, acquista virulenza e forza nel suo cammino devastante.
Ben presto, Padre Valdes e i suoi monaci sono chiamati in prima linea. E il misterioso, carismatico Diacono è con loro. Anzi. Da quel momento le visioni che lo hanno perseguitato sin dalla Cisgiordania divengono potentissime, tanto da mescolarsi con la realtà. Perchè è attraverso gli occhi del Diacono che riusciamo a sentire, a vedere l'orrore. Cadaveri, morte, distruzione, corruzione dei corpi e dello spirito: il futuro è cupo come un cielo viola, ammorbato dal fetore della morte e del sangue. Solo un punto di luce resiste: una figura vestita di bianco, piegata dal dolore, che resiste alle orde demoniache in procinto di banchettare con la sua anima.
Lo scenario diviene devastante nel momento in cui si comprende dove si verificherà la resa dei conti, la battaglia definitiva tra bene e male.
Roma, Citta del Vaticano, San Pietro.
A questo punto, direte voi "NOOOO! Un altro thriller millenaristico/catastrofico/splatter alla Dan Brown!".
Nulla di più lontano. La potenza narrativa di Andrea G. Colombo è - almeno a mio avviso - ben superiore a quella di blasonati colleghi statunitensi. Lo stile di quest'autore italiano è potenza allo stato puro, talmente ipnotico e graffiante da acchiappare il lettore per la collottola e costringerlo a leggere, pagina dopo pagina, per scoprire le vicende del Diacono, di Antonio Farnese, di Padre Valdes, di Nadia... e di Tessa. Nessuna relazione sentimentale, nessuna cessione al buonismo. Una crudeltà che è forte, che non è fine a se stessa, non è compiaciuta ma è funzionale alla storia, perchè il Male, quello Maiuscolo è così: gratuito, delirante, terribile e devastante. E non guarda in faccia nessuno.
D'altra parte, ho davvero apprezzato molto il modo in cui Colombo raffigura i suoi personaggi. Sfuggendo alla moda attuale che vede nella Chiesa Cattolica il ricettacolo di ogni bassezza e meschinità, l'Autore traccia dei ritratti realistici di sacerdoti, con le loro debolezze, la forza, la passione, la vanità e la fede, quella vera. C'è Deveraux, schiavo dell'ambizione del potere che lo renderà succube alla Diroatrice, e c'è Padre Valdes, un vecchio fragile ma coraggioso, ben determinato a resistere al Male fino all'ultimo respiro. C'è Guillermo, pusillanime e traditore e c'è Davide, che non lascia i suoi compagni nemmeno dopo la morte.
Quanto al Diacono è una figura... ciclopica. Delineato con un approfondimento psicologico davvero difficile da trovare in un autore italiano di horror, invade le pagine, dilaga nella narrazione fino a concentrare su di sé le fila della vicenda, costruita in modo magistrale.
Sì, perché un altro grande pregio della vicenda è il modo in cui la vicenda viene narrata. Troviamo una serie di blocchi temporali, in cui i protagonisti agiscono, in maniera simultanea, dimostrando la progressione della storia e la sua evoluzione contestuale. Questa costruzione narrativa richiede una certa concentrazione da parte del lettore, ma l'effetto è superbo, quasi cinematografico. La narrazione è di impatto: l'uso delle metafore, l'accostamento di aggettivi contrastanti, l'uso sapiente della punteggiatura fa sì che la narrazione sia sincopata, tesa come un pezzo di hard rock. Seppure in alcuni punti si trovino talune ripetizioni (e un paio di similitudini di troppo), l'Autore ha la grande capacità di far "vedere" al lettore le scene, e non solo. Odori, sensazioni, suoni... tutti passano dal libro al cervello e impressionano, affascinano. Personalmente ho avuto anche un po' di problemi ad addormentarmi dopo aver sospeso la lettura (Notte di Natale, 3 del mattino per la cronaca).
Il Diacono è un grande libro, scritto veramente bene. Non è per tutti: richiede palati forti e una buona dose di concentrazione. Ma se volete leggere un volume in cui i Demoni siano realmente Demoni - e non mezze calzette buoniste - in cui la natura umana viene esplorata con occhi impietosi, quasi clinici, se volete leggere un testo che vi darà qualche problema di insonnia... ecco, Il Diacono fa per voi.
INTERVISTA CON ANDREA G. COLOMBO
1. Ciao Andrea. Benvenuto nel blog Diario di Pensieri Persi è un piacere per me averti come ospite. Ti andrebbe di presentarti ai lettori?
Ciao a te e a tutte le lettrici e i lettori del blog. Grazie per l'ospitalità sulle vostre pagine, è bello esserci. Presentarsi è sempre piuttosto imbarazzante per me... diciamo che sono un grande appassionato di narrativa e cinema di genere, che ha fatto un'attività professionale di questa passione (o dovrei dire dannazione?). Sono stato folgorato dall'amore per la scrittura tanti (troppi!) anni fa, non ho mai smesso di esercitarmi e riflettere su questa passione divorante. Croce e delizia, come dicono quelli colti. La mia attività è nata dapprima online, con una webzine e un sito internet (Horror.it): parliamo della preistoria del web itailiano, il lontano 1996. Poi mi sono dedicato a prodotti su carta, riviste da edicola come Horror Mania e Thriller Mania. Parallelamente all'attività di critico e giornalista, ho sempre curato quella di autore di narrativa. Ho scritto e pubblicato diversi racconti, curato un paio di antologie e collaborato con alcuni editori. Diciamo che mi son fatto la gavetta indispensabile, senza farmi mancare nulla: editoria, cinema, internet. Sono un tipo che si annoia in fretta se non fa sempre qualcosa di nuovo... come gli squali, sono condannato a muovermi senza sosta per non morire soffocato.
2. Inizio dal quesito che solitamente si pone per ultimo. C'è un seguito al Diacono, vero? (dimmi di sì altrimenti ti scateno Tessa alle calcagna...)
Sono salvo. Nel senso che sì, i monaci Celati torneranno. Dietro al Diacono c'è un vero e proprio Universo, che non si è esaurito con il primo romanzo. Ci sono molte cose che devono accadere prima giungere alla fine della storia, un puzzle composto di molti tasselli. Però conoscendo com'è il mercato e sapendo che niente dura per sempre, ho cercato di progettare un universo al quale ci si possa avvicinare liberamente. Quindi l'idea è di creare storie godibili autonomamente. Il secondo libro si potrà leggere anche senza aver letto il primo, ma assumerà un significato differente per chi avrà letto Il Diacono. In poche parole, accadrà come nel mio romanzo: la realtà cambia a seconda del punto di vista, niente è come sembra e solo avendo tutte le informazioni si può capire davvero come stanno le cose. Tessa lo sa bene, chiedi a lei,vedrai che non potrà che confermare. 3. A cosa ti sei ispirato per scrivere Il diacono? Qual è stata la sua gestazione?
L'idea alla base del romanzo è molto vecchia, sono almeno 25 anni che mi tormenta. In questo enorme lasso di tempo è cambiata parecchio e si è arricchita di tanti spunti. Molti sono andati persi, altri ne hanno preso il posto. E' stato un lento processo di stratificazione: all'idea di base, se ne sono aggiunte altre, e il risultato finale è davvero molto diverso dall'idea originale.Il Diacono è il frutto delle mie passioni: cinema, letteratura, storia, scienza... ed è diretta conseguenza delle mie riflessioni sulla narrativa di genere. Ho alcune idee ben precise e ho cercato di illustrarle in questo romanzo. Diciamo che piuttosto che mille discorsi, ho preferito mostrare direttamente quello che intendo dire. Non posso poi nascondere l'influenza di tutti quei testi che trattano della religione e dei suoi misteri. In definitiva, potrei usare una metafora che ho già usato: come una spugna, ho assorbito stimoli diversi in momenti diversi, e quando ho iniziato a scrivere, ho dato una bella "strizzata" al mio cervello. Quello che ho ottenuto è un concentrato di tutto quello che ho assorbito e metabolizzato negli anni, rielaborato secondo la mia sensibilità.
4. Quanto ha influito la tua esperienza professionale nella stesura del romanzo, sopratutto nella sua progettazione?
Scrivere narrativa breve e per la carta stampata, ti obbliga a dotarti di una rigida disciplina e di una discreta chiarezza di pensiero: devi poter dire l'essenziale col minimo delle parole possibili, evitare lungaggini inutili, disfarti della fuffa insomma. Ti sforzi a non ripetere i concetti, a esprimerli con chiarezza una sola volta. Se sai dove andare a parare e lo tieni sempre a mente, eviterai di brancolare nel buio sbrodolando la storia pagina dopo pagina.Sei obbligato a sforzarti a usare sempre e solo le parole che "davvero" servono, perché lo spazio è quello che è. Quindi inizi a disfarti di aggettivi e avverbi inutili, e cerchi di puntare al cuore di quello che vuoi narrare, senza girarci attorno solo per fare sfoggio del tuo eloquio.Riguardo alla progettazione della trama, aver letto molto horror e thriller, averne commentanto altrettanto, mi ha aiutato a capire cosa era meglio NON fare, quali erano le vie abusate, le soluzioni scontate da evitare come la peste. Per tutto il romanzo ho cercato di pormi la stessa domanda: cosa si aspetta adesso il lettore dalla mia storia? Lo sto sorprendendo o mi sto adagiando sugli allori? E' ovvio che non è un valore assoluto, un risultato facile da ottenere, ma è una meta a cui tendere. Non puoi piacere a tutti e non puoi sorprendere tutti, la perfezione non esiste, è chiaro, però puoi almeno provarci...
5. Quali sono i tuoi autori di riferimento? La tua prosa, così potente e incisiva, mi ha riportato alla mente il King del primo periodo ma anche - paradossalmente - Jorge Amado. Ma c'è anche lo zampino di un altro autore che amo molto, Alan Altieri, o sbaglio?
Ne hai presi due su tre, niente male, direi. Direi che si può imparare da ogni autore che leggi, assorbirne le capacità e cercare di intuirne i segreti. Poi sta a te trovare un equilibrio che sia compatibile col tuo sentire, con i tuoi gusti e le tue capacità. L'impresa più difficile, scrivendo, è trovare la propria voce. Il King prima maniera era assolutamente irresistibile, potente, evocativo, spietato. Si è ammorbidito col passare del tempo. Oggi è più "letterario" (e infatti piace di più ai critici) ma credo abbia perso un po' in incisività. Altieri è efficace e diretto, con una complessità e un ritmo unici. Mi piace molto quello che ha fatto nella trilogia di Magdeburg.
6. Cosa fai mentre scrivi? Hai qualche processo creativo particolare?
Ascolto musica assurda a volume insostenibile, sempre. Mi siedo al PC, metto le cuffie e via. Quando il suono riesce a cancellare i pensieri coscenti e resta solo la STORIA, capisco che è il momento di pigiare sulla tastiera. La musica mi aiuta a tagliare fuori il mondo e trovare il ritmo che mi serve. Se l'idea non viene, guardo film, leggo, faccio altro, poi torno alla tastiera. Se proprio non gira, allora revisiono cose già scritte, cerco insomma, anche quando la voglia o l'ispirazione latitano, di restare "dentro" la vicenda in ogni modo.
7. Non posso farti la solita domanda sul quanto è stato difficile trovare un editore poiché trovo che un testo come il tuo sia notevole. Tuttavia cosa consigli agli autori di Horror in Italia? E' poi vero che, come si legge da più parti, gli italiani non sanno scrivere narrativa di genere?
Partiamo dalla fine: come si può affermare a priori che un'intero popolo sia inadatto a fare qualcosa? Non suona un po' assurda un'affermazione simile? Siamo 60 milioni, prima di noi altri milioni sono venuti, e NESSUNO saprebbe scrivere narrativa di genere? Nemmeno uno? Mi sembra statisticamente impossibile... Almeno uno ce ne sarà, non credi?Da qui, l'evidenza che una tale affermazione sia semplicemente una stronzata, come diceva Platone. E poi cosa vuol dire che gli italiani non sanno scrivere il genere? Chi lo afferma ha i numeri per dirlo? Ma anche se fosse, anche se davvero fino a oggi i tentativi fossero falliti miseramente, l'affermazione di cui sopra sempre assurda resterebbe: al massimo potremmo dire che "finora, gli italiani che hanno scritto romanzi di genere, hanno fallito". Il che - insisto - non implica affatto che un'intera nazione sia geneticamete inadatta a scrivere qualcosa.Su questo non ci piove.Venendo alla prima parte della tua domanda, infine, agli aspiranti autori horror italiani do un suggerimento: leggete. Se aspirate a essere letti, leggete a vostra volta. Se siete tra quelli che dicono: "Io gli autori italiani non li leggo, leggo solo Stephen King", allora tanto vale che smettiate, perché altri potranno fare il vostro ragionamento... e quindi perché dovrebbero leggere il vostro libro quando c'è così tanta roba di King? E' la più grande contraddizione che percepisco nell'ambiente.
8. Mi ha fatto sorridere il riferimento ad Hans Zimmer, autore della o.s.t. di Angeli e Demoni (e di molte altre colonne sonore). Che cosa ascolti quando scrivi? Hai una colonna sonora prediletta?
Quando scrivo, come ti ho detto poco fa, ascolto tanta musica. E' fondamentale. Però non riesco ad ascoltare brani con il cantato, perché mi distrae troppo, quindi tendo ad ascoltare per lo più colonne sonore e musica sperimentale. Hans Zimmer è per me il numero uno, adoro la sua musica e trovo che un film con una sua soudtrack acquisti mille punti, quindi volevo rendergli omaggio spiaccicandolo in piazza San Pietro. Sono un gran simpaticone, vero? 9. Altra cosa che mi ha colpito e mi ha fatto ridere: il nome dei tuoi "colleghi di casa editrice" (Vergnani, Manfredi) che finiscono uccisi nelle ultime pagine del romanzo. Non è che questo nasconde una insana voglia di eliminare la concorrenza? :-D
Sono tutti omaggi: in realtà di riferimenti ad altri autori e amici ce ne sono disseminati ovunque. In quell'episodio in particolare, oltre ai due che hai citato ci sono anche Dimitri, Barone e D'Andrea. Poi c'è Danilo Stresa, che è l'amico e scrittore Danilo Arona (per chi non fosse pratico del Lago Maggiore, Stresa e Arona sono due località turistiche sul lago!), Giuliano Neve che altri non è che lo scrittore Giuliano Fiocco, la guardia carceraria Di Marino è lo scrittore Stefano Di Marino, e via discorrendo. Molti di questi sono e resteranno un enigma per molti, perché li conosco solo io.E quasi tutti fanno una pessima fine.Lo vedi che sono un gran simpaticone?
10. Un'ultima domanda prima di salutarci, una domanda seria stavolta. Cosa ti ha tolto e cosa ti ha dato la stesura di questo romanzo? Perché è stato un processo impegnativo a livello personale, e si sente.
Per un anno e mezzo, ho praticamente solo lavorato e scritto. Ho pensato e vissuto sempre insieme ai miei personaggi. Niente week end liberi, niente uscite al sabato sera, vacanze passate davanti al PC. Va benissimo se sei un eremita, un po' meno in tutti gli altri casi. Mi ha però dato tantissimo: documentandomi ho imparato un sacco di cose nuove, ho sperimentato e mi sono emozionato. Ho sofferto coi miei personaggi, mi sono esaltato, spaventato e arrabbiato con loro. E' stato come un lunghissimo viaggio sulle montagne russe e quando è finito, nonostante l'estenuante fatica, mi sono sentito un po' più solo.Ma so che loro, tutti loro, sono lì ad aspettarmi, congelati in un limbo senza tempo. Ho impressa in testa l'ultima scena del romanzo. Finché non ne scriverò un secondo, so che non riuscirò a liberarmene...
11. Grazie mille per averci fatto compagnia oggi. Vuoi aggiungere qualcosa prima di salutarci?
E' per me sempre emozionante sapere che l'esperienza che ho vissuto scrivendo il romanzo, si rinnovi, ancora e ancora, ogni volta che qualcuno lo legge come hai fatto tu. E' una sorta di rituale, una magia che si ripete. Il Diacono, Tessa, Padre Valdés, Nadia e fratello Nathan tornano a vivere, la musica ricomincia, la pioggia torna a battere incessante su Roma...Un cuore che batte e che spero continui a battere finché non avrò scritto il nuovo romanzo. Allora ricomincerà una nuova, folle avventura. Ti sono debitore, insomma. Sono in debito con ogni lettore che rinnoverà questa magia, perché darà vita ai miei personaggi, li terrà impegnati, e mi darà il tempo necessario per rituffarmi nell'universo oscuro e pericoloso del monaco oscuro. Grazie davvero.
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