di Redazione di BloGlobal
E' ufficiale. Obama
ha annunciato l’inizio del ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan.
Mercoledì 22 giugno, in prima serata, il Presidente Obama annuncia il piano per
il ritiro dei soldati dalla regione, dichiarando di far tornare in patria già
entro dicembre circa 10.000 soldati – 5.000 subito, entro luglio, e il resto
diluito nell'anno – e 20.000 entro il luglio del prossimo anno. Nel suo
discorso il Presidente ha cercato di difendere la scelta del ritiro spiegando
che la graduale partenza degli Stati Uniti dall'Afghanistan è conseguenza
logica dei progressi della coalizione occidentale contro al-Qaeda e i suoi
vertici decapitati. Il ritiro totale statunitense ha
come obiettivo quello di trasferire la responsabilità della sicurezza alle
autorità afghane nel 2014.
Molti funzionari della Casa Bianca sono convinti che dopo la morte di Bin Laden, al-Qaeda si trovi in una situazione di paralisi anche in virtù delle numerose azioni militari condotte dagli USA con propri droni nel vicino Pakistan. Tali azioni hanno portato all'eliminazione fisica di circa trenta leader del network terroristico transnazionale. Nonostante l'entusiasmo per i risultati ottenuti, molti generali statunitensi hanno ritenuto che un eventuale ritiro debba essere condotto in maniera prudente per continuare a garantire la sicurezza nel Paese ed evitare di affidare responsabilità troppo grandi ad autorità locali non propriamente impeccabili. Obama, però, con la decisione del ritiro ha rimescolato le carte spiazzando i militari e il proprio elettorato. La missione in Afghanistan è passata da essere un'azione di counter-insurgency, come sempre sostenuto dai militari e da Petraeus, ad una vera e propria missione di counter-terrorism, come, invece, ritenuta più utile dal Vice Presidente Joseph Biden. Infatti, la scelta di Obama è stata una vittoria della politica e della diplomazia – più tendenti al dialogo, senza tralasciare nessuno, Taliban inclusi – sui militari. La scelta di appoggiare il dialogo a livello ufficiale non preclude la possibilità di intraprendere, eventualmente, delle azioni mirate sullo stile di “Abbottabad” che significa minori rischi militari in termini di vite umane, minori margini di errori nei confronti dei civili e una sostanziale riduzione delle finanze nell'area. I “falchi” dell'amministrazione Obama, invece, hanno sempre ritenuto più plausibile la scelta di un ritiro ponderato per facilitare la transizione e allo stesso tempo garantire la sicurezza della regione Af-Pak. Le loro paure si basavano su convinzioni dettate dalle esperienze della guerra e da considerazioni tattiche. Un ritiro così inteso porterebbe scompiglio tra gli alleati e tra i locali, i quali avvertirebbero un segnale di disimpegno e, conseguentemente, darebbero nuova forza ai Taliban. Anche dal punto di vista politico la notizia del ritiro potrebbe essere per l'attuale amministrazione un boomerang. Da un lato c'è la necessità economica dettata dalla crisi finanziaria globale e nazionale statunitense: il debito pubblico statunitense, come rileva l'Economist, viaggia verso quota 1,4 trilioni di dollari. La guerra, fin dal suo inizio nel 2001, è costata 444 miliardi di dollari e per l’anno fiscale 2012 verranno versati altri 113 miliardi per la missione in Afghanistan. E' evidente che gli Stati Uniti non possono permettersi una guerra costosissima con una crisi interna davvero pesante. Dall'altro lato c'è una campagna elettorale che inizierà esattamente nell'estate del 2012. Obama intende lasciare quanto prima possibile e al minor costo possibile l’Afghanistan e affrontare la campagna elettorale annunciando gli obiettivi raggiunti, un po' come fatto da Bush con John Kerry nell'estate del 2008 a proposito dell'Iraq. Al di là dei proclami della politica, gli Stati Uniti hanno preso questa decisione, soprattutto, in virtù del fatto che la perdurante crisi economica che l'attanaglia hanno costretto l'unica potenza mondiale a ridurre il proprio budget per le spese militari e a cambiare radicalmente strategia rispetto al passato. Non più campagne militari improvvisate, quanto piuttosto impostare la lotta al radicalismo islamista attraverso una nuova strategia antiterrorismo fatta di azioni improvvise ed economicamente meno dispendiose rispetto ai recenti conflitti. QUI IL VIDEO INTEGRALE DEL DISCORSO DI OBAMA





