Di nome fanno Battles, e in effetti ad ascoltare la loro musica rumorosa e rocchettara viene proprio da pensare a scene di battaglia, a colonne sonore lisergiche di film anni '50 rimusicati: loro sono newyorchesi, quattro anni fa spaccarono, come si dice in gergo, con l'album d'esordio Mirrored e a inizio giugno sono tornati con Glass Drop (che in realtà si poteva già ascoltare mesi fa), perdendo un membro, il polistrumentista elettro-guru Tyondai Braxton, e guadagnando in termini di glamour e popolarità. Il loro pezzo di lancio, la trascinante e divertente Ice Cream (che ha uno dei video più pruriginosi di sempre), la si ascolta parecchio in radio e Stereogum l'ha messa tra le cinque possibili canzoni dell'estate (un'altra è la bellissima Go Outside dei Cults, di cui parlerò un altro giorno): e non è che sia una hit proprio facile, tutta suoni pazzi e industriali, ripetuti e cadenzati come pezzi di una catena di montaggio impazzita. In effetti i Battles sono la democratizzazione del rock industriale, o per dirla con le riviste di musica, la trasformazione in inattesa arma pop del math-rock, genere di cui non mi avventuro a spiegare le complesse strutture ché tanto esiste Wikipedia: quello che colpisce è l'unione coesa, inattacabile di ruvidità e melodia, ironia e sinistra dolcezza, rappresentata perfettamente dal concept visivo dell'album, una distesa di glassa zuccherata e rosa che fa il paio con il gelato sciolto nel video di Ice Cream, a fare da contrappunto grottesca alla meccanicità delle note sparate precise e rapide. C'è da divertirsi, insomma, naturalmente con la consapevolezza che musica schizofrenica e disperatamente comica come questa è il frutto impazzito dei tempi che da un pezzo stiamo vivendo.
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Di nome fanno Battles, e in effetti ad ascoltare la loro musica rumorosa e rocchettara viene proprio da pensare a scene di battaglia, a colonne sonore lisergiche di film anni '50 rimusicati: loro sono newyorchesi, quattro anni fa spaccarono, come si dice in gergo, con l'album d'esordio Mirrored e a inizio giugno sono tornati con Glass Drop (che in realtà si poteva già ascoltare mesi fa), perdendo un membro, il polistrumentista elettro-guru Tyondai Braxton, e guadagnando in termini di glamour e popolarità. Il loro pezzo di lancio, la trascinante e divertente Ice Cream (che ha uno dei video più pruriginosi di sempre), la si ascolta parecchio in radio e Stereogum l'ha messa tra le cinque possibili canzoni dell'estate (un'altra è la bellissima Go Outside dei Cults, di cui parlerò un altro giorno): e non è che sia una hit proprio facile, tutta suoni pazzi e industriali, ripetuti e cadenzati come pezzi di una catena di montaggio impazzita. In effetti i Battles sono la democratizzazione del rock industriale, o per dirla con le riviste di musica, la trasformazione in inattesa arma pop del math-rock, genere di cui non mi avventuro a spiegare le complesse strutture ché tanto esiste Wikipedia: quello che colpisce è l'unione coesa, inattacabile di ruvidità e melodia, ironia e sinistra dolcezza, rappresentata perfettamente dal concept visivo dell'album, una distesa di glassa zuccherata e rosa che fa il paio con il gelato sciolto nel video di Ice Cream, a fare da contrappunto grottesca alla meccanicità delle note sparate precise e rapide. C'è da divertirsi, insomma, naturalmente con la consapevolezza che musica schizofrenica e disperatamente comica come questa è il frutto impazzito dei tempi che da un pezzo stiamo vivendo.
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