Il dialogo svela che Al-Sisi, ancora “solamente” Ministro della Difesa, ordina al generale Kamil di battere cassa a colpi di 10 miliardi di dollari ciascuno presso le monarchie del Golfo. L’articolo di Middle East Monitor cita Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar e Kuwait. Fondi da accreditare sui conti bancari dell’esercito, più ulteriori donazioni per la Banca Centrale egiziana. [ In fondo all’articolo il video con le voci e i sottotitoli in inglese.] Qui in breve in punti salienti.
Il Kuwait – per il quale era scoppiata la Prima Guerra (mondiale) del Golfo – è bollato come “mezzo stato”, invidioso dell’Egitto e restio a sborsare. Tuttavia il discorso poi ruota intorno ai miliardi su cui stanno seduti i principi kuwaitiani, “mentre io ho gente alla fame” dice il generale Kamil. Non è difficile arguire che si tratta dei suoi accoliti e non del popolo egiziano in generale. Concordano che fu un errore aiutare il Kuwait negli anni ’90 (contro Saddam) senza costringerli a pagare, niente più compromessi in nome dell’unità Araba. Non deve farne Sisi adesso, gli consigliano.
Poi tirano in ballo il Qatar, l’emiro sarebbe un figlio di *** con riserve di miliardi nella sua Banca nazionale; a quel punto Sisi taglia corto: i 10 milioni del Qatar vanno versati all’esercito e saranno per lo stato; altri “spiccioli” serviranno per completare il budget (quale?) del 2014.
Kamil scoppia una risata He will faint… he will faint . Cadrà svenuto. Ma Sisi non molla Dude, they have money like “rice”! Bello mio, hanno soldi come se fosse riso! A sacchi.
Difficile far uscire dai paesi tutti quei soldi, ma si può fare a… rate, servendosi dei loro emissari nel Golfo. L’importante è che il gruzzolo arrivi direttamente inside. In casa.
C’è un’allusione agli americani, può riguardare lo spettacolo che stanno vedendo in tv, infatti Sisi aveva appena chiesto di alzare il volume: testimonia dell’atmosfera rilassata con cui si propongono di mungere gli amici. Oppure è una insoddisfazione per l’atteggiamento ufficiale non entusiasta degli Usa per le modalità genocidarie della defenestrazione di Morsi: “bisogna capirli non sono abituati a cose così”
Segue una telefonata del generale Kamil all’allora capo dell’intelligence saudita, il “Caro Fratello El Tewegri” per informarlo che sta per iniziare il Consiglio militare nel quale approvare la candidatura di Sisi alla presidenza che, è già stabilito, sarà annunciata due ore dopo.
L’uscita del video non ha rallegrato, com’era prevedibile, le leadership del Golfo. Anziché smorzare lo scandalo, chiedono siano messi in onda anche i minuti di conversazione in cui si ascoltano insulti all’Arabia Saudita! Ci si sbizzarrisce in ipotesi sui personaggi che reggevano i cordoni della borsa cui nel dialogo si allude solo confusamente; si pensa di aver individuato il “Sultan” di cui parla il trio in Sultan Al Jaber, ministro degli Emirati Arabi Uniti e stretto collaboratore del principe ereditario; c’è perfino chi chiede vengano chiuse le ambasciate al Cairo. Furori temporanei.
Senza alcun evidente imbarazzo per il #SisidespisesGulf che volteggia in Twitter, il primo ministro egiziano Ibrahim Mahlab dichiara che l’incidente non pregiudica il morale del popolo. Dai media compiacenti partono siluri contro re Salman bin Abdul Aziz che ufficializzano come l’Egitto sia ormai ai ferri corti con la nuova leadership saudita. Magdi Khalil, del Middle East Reserch Institute, sede negli USA finanziamenti di Sisi, ha pubblicato in Facebook un feroce attacco contro l’Arabia Saudita concludendo che “senza l’Egitto non è niente“.
Botta e risposta: il principe saudita Bin Serif al Nasr chiede siano perseguiti i finanziatori dell’inutile colpo di stato egizio: “Nonostante i miliardi versati a pioggia sui generali niente è stato risolto, gli Egiziani sono ancora in crisi di energia elettrica, senza gas e senza pane. E ‘chiaro che la banda guidata da lui [Al-Twijri o Tewegri, nominato nel video] ha rubato i soldi in combutta con i generali egiziani “.
L’epoca della registrazione è il mese di marzo, a ridosso della candidatura ufficializzata il 26, diffusa dai nostri media con il corollario: “al Sisi, uomo forte, l’unico in grado di portare il Paese fuori dal caos degli ultimi mesi”. Il caos, invece, continua.
Agli attacchi jihadisti in Sinai, Sisi risponde che lotterà fino alla morte per tenere l’Egitto fuori dalla grinfie dell’Isis e dei Fratelli Musulmani. La retorica del “buon dittatore” seguita da un vero e proprio massacro.
Drammatica domenica 8 allo stadio del Cairo: timing sospetto e modello già visto: scandalo di vertice seguito da un massacro di piazza contro i nemici dello stato.
Il presidente dello Zamalek, la squadra che doveva giocare contro l’ENPPI, aveva fatto credere che l’accesso allo stadio sarebbe stato gratuito. Sono affluite migliaia di persone. Nonostante l’impianto abbia capienza di 30.000 spettatori, la disposizione era di ammetterne 10.000 . La polizia è intervenuta, ha spinto i tifosi in una strettoia, li ha bersagliati con i gas e affrontati con armi pesanti. Le vittime sono state 25 secondo la polizia, 28, secondo un tweet, i corpi tradotti all’Istituto di medicina legale.
I tifosi coinvolti, gli Ultras dello Zamelek, sono forza organizzata e politicizzata, attiva nella rivoluzione del 2011. Avversari “ideali” per far riguadagnare consenso alla polizia ancora in difficoltà per l’assassinio di Shaimaa al-Sabbagh durante una pacifica commemorazione dei morti della rivolta anti-Mubarak.
Cairo è infestata di foto di Putin in arrivo per una visita di due giorni. C’è chi si aspetta dai colloqui una uscita dell’Egitto dalla sfera di influenza dell’America. Dipenderà dall’assegno che Putin sarà disposto a versare?
Questo il video con le voci, e i sottotitoli in inglese.
thanks to Wahed Masry
altri articoli sull’Egitto https://mcc43.wordpress.com/tag/egitto/