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In principio era il romanzo, poi venne il cinema e...
E venne pure Ben Affleck. Si, il belloccio di Berkeley diventato famoso con Generazione X, quello che a ventisei anni si è beccato una bella statuetta per la Miglior Sceneggiatura Originale, insieme all'amico Matt Damon, per il film Will Hunting - Genio ribelle. Certo Affleck è anche stato il fidanzato più sexy che la bella e pluriassicurata per la vita (per il fondoschiena in realtà...) Jennifer Lopez possa vantare, diciamolo. Nel 2003 poi, per sua fortuna farà Daredevil e lì, incontrerà la bella Jennifer Garner, sua attuale moglie e madre dei sue due figli. Per quanto la sua carriera di attore metta pepe tra critici e spettatori di tutto il mondo, più o meno convinti delle capacità recitative di Affleck, su una cosa sembrano ormai essere tutti, ma proprio "tutti", d'accordo. Affleck è un grande regista!!!
Già perché uno che decide di esordire portando sullo schermo un romanzo che è figlio dello stesso padre di Mystic River e Shutter Island, per dirne due, forse i più noti, o è matto o è bravo. E in questo caso direi che ci piace la seconda opzione. Nel 2007 infatti Affleck decide di adattare il noto romanzo di Dennis Lehane, dando al film lo stesso titolo, Gone baby gone (in italiano il libro è meglio noto come La casa buia). Per il suo debutto dietro la macchina da presa Affleck decide di dirigere il fratello più piccolo Casey, circondandosi poi di altri grandi attori come Ed Harris, Morgan Freeman, Michelle Monaghan. Quest'ultima, nel film è la compagna di Patrick Kenzie/Affleck, uno che conosce talmente tanto bene Boston da voler diventare investigatore privato del proprio quartiere. Il caso di una bambina scomparsa, Amanda, lo metterà in azione insieme alla compagna, portando entrambi a toccare con mano il dolore di un mondo pieno zeppo di piaghe inimmaginabili, eppure, così reali.
Boston è anche il cuore marcio, palcoscenico degli orrori direi, scelto dallo scrittore e Affleck, ovviamente, non ha toccato nulla in questo senso. Quello che stupisce mentre si guarda il film e allo stesso tempo si pensa a chi possa nascondersi dietro la macchina, è il fatto che Gone baby gone è a tutti gli effetti un thriller complesso, di quelli che mescolano, fino a farli esplodere, sottilmente, gli orrori che muovono la nostra società e gli stessi uomini. Sorprende come nel voler mettere in scena questo spietato ritratto, quasi il regista si mette in disparte, non giudica o forse lo fa con assoluta maestria e intelligenza. Abbiamo la madre tossicomane e quasi indifferente alla scomparsa della piccola di quattro anni, due zii un po' insoliti ma apparentemente gli unici a soffrire per le sorti della bambina. Abbiamo il poliziotto che non ci convince più di tanto e poi all'improvviso tutti quanti vengono catapultati in una trama complicata, che puzza di complotto, di falso e che ti sporca solo a guardarla. Un noir che mostra nelle strade il male più grande, la pedofilia. Laddove "la vita di una bambina vale meno di una lattina di birra" e allora non puoi sentirti in colpa per aver premuto il grilletto, davanti alla sagoma vomitevole di un assassino, che ha stroncato la vita a un bambino di sette anni. Non c'è il senso di colpa, in teoria non dovrebbe esserci ma Affleck coinvolge tutti quanti i suoi protagonisti in un vortice di colpa/non colpa, annullando il confine tra bene e male, tra ciò che è giusto o sbagliato.
La decisione nel finale, di cui non svelo nulla, presa da Patrick, è decisiva ed emblematica in questo senso. Questo giovane regista ci spinge a riflettere su quali reali mezzi possiamo puntare per cambiare il nostro destino o, meglio ancora, quello di un bambino che gioca alla playstation in casa sua e non sa, ancora, che al di là di quella camera lo aspetta il mondo della droga, dei traffici, delle armi. Tutto pronto e impacchettato da un padre che da buon mentore gli trasmetterà la peggiore delle malattie. In un certo senso, ripensando al film, la prima immagine che mi salta agli occhi è quella di una Casa buia. Perché per come la vedo io, se c'è anche una sola possibilità di cambiare i destini segnati di tutti quei bambini, la si può trovare andando proprio in quelle case, partire da lì. Così, come Patrick all'inizio sottolinea quanto sia importante conoscere il proprio quartiere, la gente che ci vive, allora lo stesso vale per tutti noi. Dobbiamo conoscere meglio quel che ci circonda, la gente che spesso ci passa accanto e ci sfiora senza nemmeno accorgercene. Forse ci frega la paura della verità, e allora preferiamo ignorarla.Perché è così, "Tutti vogliono la verità...fino a quando non la trovano".
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