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Good times

Creato il 15 marzo 2012 da Rob77
GOOD TIMES
GOOD TIMES
Pubblicato dalla Rca: Marzo 1974
Classifica Usa: 90
Classifica Uk: 42
LATO 1
TAKE GOOD CARE OF HER
LOVING ARMS
I GOT A FEELIN' IN MY BODY
IF THAT ISN'T LOVE
SHE WEARS MY RING
LATO 2
I'VE GOT A THING ABOUT YOU BABY
MY BOY
SPANISH EYES
TALK ABOUT THE GOOD TIMES
GOOD TIME CHARLIE'S GOT THE BLUES
A meno che non si vogliano attribuire colpe specifiche alla copertina del disco, insolitamente cupa e in antitesi con l'ottimistico titolo, non è difficile individuare le cause dell'insuccesso di Good Times. L'album arriva nei negozi nel marzo del 1974, in concomitanza con un lungo tour che impegna Elvis per tre settimane, ma nessuna delle nuove canzoni viene inserita nelle scalette dei concerti. Così il singolo di lancio I've Got A Thing About You Baby/Take Good Care Of Her perde l'indispensabile spinta promozionale, mentre un brano forte come My Boy, già highlight durante la stagione estiva a Las Vegas nel 1973 (quindi ben prima della sua effettiva incisione), resta confinato al vinile. Le probabilità di successo del nuovo lavoro in studio tramontano definitivamente a causa delle mediocri strategie discografiche della Rca, che pubblica Good Times fra l'ambiziosa e lussuosa antologia Elvis - A Legendary Performer Volume 1 e Elvis As Recorded Live On Stage In Memphis, il terzo disco dal vivo in due anni. Tutto questo per lasciare poi scoperti i restanti sei mesi del 1974, a patto che non si voglia considerare Having Fun With Elvis On Stage un 33 giri riconducibile allo stesso Elvis. Alla fine il novantesimo posto in classifica penalizza in modo deprimente un album bello e ricco di spunti di rilievo.
Se Elvis Now e Elvis [The Fool Album] mancano di coerenza temporale, se in Raised On Rock l'ispirazione è discontinua, Good Times appare immediatamente un'opera perfettamente a fuoco, che si mantiene su livelli elevati dall'inizio alla fine. Anche gli episodi musicali meno appariscenti fanno facilmente breccia nei cuori degli ascoltatori, e sopratutto si rivelano parti essenziali di un insieme. Realizzato attingendo a piene mani dalle riuscite sessions del dicembre 1973, fatta eccezione per le due canzoni del già citato singolo, l'album riflette l'immagine di un artista al meglio delle proprie possibilità, che affronta con rinnovato entusiasmo la sua professione. In Good Times troviamo il consueto "something for everybody", una costante nella produzione di Elvis che, va sottolineato, non è frutto del calcolo o della speranza di accontentare tutti, quanto piuttosto il risultato della genuina propensione dell'artista a cantare quanto stimolava la sua sensibilità artistica, indipendentemente dal genere affrontato. In questo senso si potrebbe discutere all'infinito su quanto avesse bisogno di attingere da altre fonti compositive, magari più prestigiose, e questo è certamente un aspetto della sua parabola da non sottovalutare e approfondire. Ma è in ogni caso evidente che interpretando brani come Take Good Care Of Her e Good Time Charlie's Got The Blues, che gli permettevano l'introspezione personale o Talk About The Good Times e I Got A Feelin' In My Body che gli consentivano l'immersione nel ritmo, Elvis ritenesse di avere a disposizione esattamente quanto occorreva per poter dare libero sfogo alle emozioni, traducendole nel linguaggio universale della musica. La mancata collaborazione di Elvis con tanti grandi nomi del rock, che non aspettavano altro che scrivere e suonare per lui, la sua totale impermeabilità al mondo esterno gli hanno senz'altro precluso interessanti e imprevedibili sviluppi per la carriera, ma non inficiano il valore di un disco di grande qualità come Good Times.
Si parte con Take Good Care Of Her, la canzone più crudamente autobiografica fuoriuscita dalle sfortunate sedute di registrazione del luglio 1973, al punto che non è difficile individuare il filo tutt'altro che sottile che la lega ai giorni di Hollywood nel marzo 1972. Elvis è in mood decisamente rassegnato, perché le ferite sentimentali determinano repentini sbalzi d'umore e contraddittori punti di vista, e asseconda uno stato d'animo che potrebbe essere radicalmente diverso il giorno seguente. Ma in attesa del domani, i reiterati "abbi cura di lei" indirizzati all'uomo che ha preso il suo posto, enfatizzati dall'abbondante impiego di archi e coro e pronunciati al termine di considerazioni tipo "lei ti ama più di me" o "non mandatemi inviti matrimoniali" sono davvero deprimenti, per quanto in apparenza esenti da rancore. La stupenda Loving Arms, esaltata da una delle migliori prove vocali di Elvis negli anni settanta, è l'ideale seguito della precedente. Le parole del testo sembrano arrivare immediatamente dopo i titoli di coda di una storia d'amore, non esiste la possibilità di cambiare il finale del film e possiamo soltanto abbandonare la sala con una serie di tardivi e inefficaci "se" nella testa. La grande versatilità di Elvis, capace di improvvisi e spiazzanti cambi di marcia tanto sul palco quanto in studio, è esemplificata alla perfezione dalla successiva I Got A Feelin' In My Body, un solido R&B; a tinte funky ricco di citazioni bibliche che scuotono gli animi, grazie alla potenza espressiva del cantante, splendidamente supportato dai suoi musicisti. Con If That Isn't Love, introdotta dalle coinvolgenti note del piano, Elvis approfondisce i temi religiosi appena lambiti con il chiaro intento di cercare conforto nella fede. E come se stesse riconducendo al Signore il grande talento avuto in dono, la sua interpretazione è carica di rispetto e passione. Non tradisce la sua origine latina la dolce, colma di candore She Wears My Ring, che introduce su Good Times una visione dell'amore ingenua e acerba, che stride con quella disincantata e sofferta delle prime tracce, ma non si può certo biasimare Elvis per essersi riscoperto almeno per una volta giovane sognatore nel cuore.
Scritta da Tony Joe White e proveniente dalle sessions di Raised On Rock, la maliziosa I've Got A Thing About You Baby offre un piacevolissimo break grazie al suo passo funky e al testo non privo di allusioni, e dimostra di essere un chiaro singolo di successo, al quale sta molto stretto il trentanovesimo posto in classifica raggiunto. My Boy evidenzia quanto le struggenti melodie francesi si adattassero al particolare momento vissuto da Elvis. Questa versione è decisamente straziante eppure bellissima, frasi senza appello come "per me e tua madre alla fine l'amore è morto" sono angoscianti, ma non si può fare a meno di ascoltare Elvis fino allo sfumare del brano, vinti da questo autentico dramma. Subito dopo si viene rapiti dalla malinconica atmosfera di Spanish Eyes, che bilancia la lontananza con un filo di ottimismo. Elvis affronta questa nuova avventura dal sapore latino con una semplicità disarmante, che è il metro con il quale possiamo misurare la sua arte, mai fine a se stessa. Quando correndo riusciamo a saltare sul treno della Talk About The Good Times di Jerry Reed, vi troviamo un numero imprecisato di gente che suona, canta e balla, mentre Elvis snocciola una tirata sulla incomunicabilità e l'incertezza dei tempi moderni senza lesinare rimandi biblici rafforzati dal coro gospel. Spettacolari gli incroci fra chitarre e piano, in poco più di due minuti che si vorrebbe fossero l'eternità. Ma Elvis chiude il disco così come lo aveva aperto, su una nota di profonda tristezza. E se taglia dal testo di Good Time Charlie's Got The Blues la frase chiave "prendo le pillole per alleviare il dolore", riesce ugualmente a trasmettere il disagio di un uomo che non vuole o non ce la fa ad andare di pari passo con il resto del mondo, arrivando alla fatale conclusione che "qualcuno vince, qualcuno perde".
Termina così Good Times, il disco ideale per l'inverno. Mezz'ora di musica che scalda il cuore, mentre oltre la porta gli stessi luoghi a noi familiari sembrano essere diventati improvvisamente freddi e inospitali, trasfigurati dal vento e dalla pioggia che vorrebbero entrare.

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