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Google non pubblica sul web l’Abruzzo del dopo-terremoto

Da Db @dariobonacina

Leggo da una notizia ANSA che CNR Media ha chiesto a Google di aggiornare mappature e immagini di Maps e Street View, che ritraggono ancora intatte L’Aquila e le zone dell’Abruzzo colpite dal terremoto, perché “con Google Street View – riferisce l’agenzia – si vedono camminare persone per le strade della città abruzzese. Alcune di queste che ancora oggi si possono vedere sorridere forse nella realtà sono morte”.

E’ certo che le immagini del dopo-terremoto provenienti dal satellite GeoEye esistano già da tempo, dal momento che due giorni dopo il sisma erano già disponibili per la visualizzazione con Google Earth. Questa, ad esempio, è un’immagine di Onna dopo il terremoto:

Google non pubblica sul web l’Abruzzo del dopo-terremoto

L’update delle immagini satellitari di Maps è dunque un’operazione fattibile e relativamente semplice per Google, lo dimostra l’avvenuto aggiornamento di quelle di Haiti, colpita dal terremoto tre mesi fa.

E’ invece decisamente meno semplice aggiornare quelle di Street View (ottenute inviando un’auto dotata di fotocamere in grado di effettuare scatti a 360°), che però – per assecondare osservazioni e motivazioni sollevate da CNR Media – credo possano semplicemente essere rimosse. A meno che non si voglia chiedere a Google di sguinzagliare nuovamente la sua equipe e farla procedere in mezzo alle macerie immortalando con foto panoramiche la situazione attuale.

Personalmente credo che un’operazione di aggiornamento fotografico, non necessariamente curata da Google ai fini di Street View, potrebbe – forse – avere un senso per esigenze operative di sicurezza o di ricostruzione (obiettivo primario per conseguire il quale potrebbe avere senso anche conservare le immagini su L’Aquila prima del terremoto). Diversamente, non riuscirei ad individuare il confine tra l’intento documentativo e il cattivo gusto nel voler vedere su Internet le immagini particolareggiate e dettagliate delle conseguenze di un terremoto: ritengo che la documentazione – anche fotografica – prodotta e diffusa da chi si è recato sul posto e dai media sia ampiamente sufficiente a far comprendere al mondo le proporzioni della tragedia.



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