Autore: Ernest Hemingway
Titolo: Addio alle armi
Titolo originale: A farewell to arms
Genere: Letteratura straniera
Data prima pubblicazione: 1929 (in Italia nel 1949)
Casa Editrice: Mondadori
Collana: Oscar Classici Moderni
320 pagine
Prezzo copertina: 9,50 €
EAN 9788804567103
Ci sono dei libri che, secondo me, potrebbero più che degnamente sostituire i testi e i manuali scolastici. Uno di questi è certamente Addio alle armi di Ernest Hemingway. Ce lo vedrei bene tra la quarta e la quinta superiore, per introdurre il tema della Prima Guerra Mondiale sia in storia che in letteratura. Anche se in genere non approvo le letture “forzate”, sono dell’idea che imparare da un libro di narrativa sia molto più utile che studiare su tanti sussidiari o mattoni pieni di ripetizioni, date, numeri di morti e calamità. E poi lo stile di Hemingway, ricco di descrizioni accurate, dialoghi ed esperienze dirette (per lo più autobiografiche), fa sì che il lettore si immedesimi nei personaggi e negli stati d’animo.
La guerra non è solo una cornice ma, come nella vita vera d Hemingway, è dannatamente protagonista (suo malgrado). Siamo nel 1917, Frederic Henry è un giovane tenente americano che si è arruolato come autista per la Croce Rossa USA e si trova ora ad aiutare gli Alleati sul fronte austriaco (esperienza autobiografica numero 1). Qui conosce e s’innamora di Catherine Barkley, un’infermiera con la quale trascorrerà momenti felici e con la quale condividerà un’appassionante storia d’amore (esperienza autobiografica numero 2, ovviamente il nome della sua amata era un altro). Nonostante queste premesse Frederic si trova presto a fare i conti con il lato meno romantico e meno affascinante del conflitto tra nazioni: a contatto ogni giorno con la morte, vive in uno scenario triste e devastato come quello italiano dopo la disfatta di Caporetto, che ben descrive quelli che sono i sentimenti interiori del protagonista e dei personaggi collaterali con cui spesso egli intrattiene dialoghi e conversazioni.
E ancora una volta, come in tanti romanzi di Hemingway, a presagire il peggio c’è la pioggia, che compare anche nella frase finale a chiusura del libro (finale riscritto dall’autore ben 39 volte, in un assiduo e frenetico lavoro di revisione).
Non voglio spoilerarvi niente, ma vi anticipo che Addio alle armi è un libro triste, senza lieto fine. Se avete letto il post dedicato all’autore premio Nobel sapete che i temi da lui trattati sono spesso la morte in contrasto con l’amore, la precarietà della vita e la fragilità dell’uomo. E che quei pochi momenti di serenità che accadono nella vita sono gli unici per cui valga davvero la pena lottare.
Una scena del kolossal tratto dal romanzo di Hemingway, con Jennifer Jones, Rock Hudson, Vittorio De Sica e Alberto Sordi. Regia di Charles Vidor.
Lo stesso Hemingway, nella prefazione, scrive: «Il fatto che il libro fosse tragico non mi rendeva infelice perché ero convinto che la vita è una tragedia e sapevo che può avere soltanto una fine. Ma accorgersi che si era capaci di inventare qualcosa; di creare con abbastanza verità da esser contenti di leggere ciò che si era creato; e di farlo ogni giorno che si lavorava, era qualcosa che procurava una gioia maggiore di quante ne avessi mai conosciute».
E ancora, verso la fine di questa introduzione al romanzo: «[...] le guerre sono combattute dalla più bella gente che c’è, o diciamo pure soltanto dalla gente, quanto più ci si avvicina a dove si combatte e tanto più bella è la gente che si incontra, ma sono fatte,provocate e iniziate da precise rivalità economiche e da maiali che se ne avvantaggiano. Sono persuaso che tutta la gente che sorge a profittare della guerra e aiuta a provocarla dovrebbe essere fucilata il giorno stesso che incominciano a farlo da rappresentanti accreditati dei leali cittadini che la combattono».
Nota storica: in Italia il libro fu messo al bando dal regime fascista e potè essere pubblicato solo dopo il 1948, perché ritenuto lesivo dell’onore delle forze armate. Hemingway fa, infatti, un’accurata analisi del morale delle truppe in quel particolare momento storico e fa ricadere proprio su questo fattore la disfatta del novembre 1917.
Nota sul traduttore: non ne parliamo mai ma in questo caso una menzione è d’obbligo. Se vi capita di leggere Hemingway o altri scrittori americani, cercate i volumi con traduzione di Fernanda Pivano. La scrittrice e giornalista genovese è stata capace di trasportare il furore e l’emozione di grandi scrittori come Jack Kerouac e William Faulkner dalla lingua originale all’italiano.