Parlando di fotografi narratori, Ferdinando Scianna (Bagheria, 4 luglio 1943) merita un posto particolare, perché nel corso della sua lunga e ancora attiva carriera non si è dedicato soltanto alla fotografia, ma è stato giornalista e collaboratore di numerose riviste, anche letterarie.
Del resto la sua prima ambizione giovanile è proprio quella di dedicarsi al mondo della scrittura, e per questo motivo si iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Palermo, dove però non arriva a conseguire la laurea. Negli stessi anni inizia ad appassionarsi alla fotografia: la Sicilia dove vive è il primo soggetto dei suoi scatti, vista non tanto e non solo sotto l’aspetto paesaggistico, quanto soprattutto dal punto di vista etnografico, come sede di feste e manifestazioni, soprattutto religiose, che si tramandano da secoli.
Alla sua prima mostra personale, che si tiene nel 1963 presso il circolo culturale di Bagheria, compare quasi per caso un visitatore particolarmente incuriosito, che simpatizza con il giovane fotografo: si tratta di Leonardo Sciascia, lo scrittore di Racalmuto, che all’epoca ha già acquisito una discreta notorietà nell’isola e nello stesso anno, con la pubblicazione de “Il giorno della civetta”, vedrà aumentare la sua popolarità a livello nazionale.
Tra i due nasce un’amicizia che sarà fondamentale per il giovane Scianna: è soprattutto grazie alle note e alla presentazione di Sciascia che il suo primo libro fotografico, “Feste religiose in Sicilia” (Leonardo da Vinci editore, Bari, 1965) ottiene un grande successo, vincendo l’anno dopo il Premio Nadar. La collaborazione dei due continuerà per molto tempo, portando alla pubblicazione di altri volumi, fino alla morte dello scrittore nel 1989.
Nel 1967 Scianna si trasferisce a Milano, dove inizia una carriera di fotoreporter presso “L’Europeo”, di cui in seguito diventa inviato speciale da Parigi. Negli anni francesi coltiva anche con passione le sue mai dimenticate ambizioni letterarie: collabora infatti come giornalista a “Le monde diplomatique” e alla famosa “Quinzaine littéraire”, e frequenta numerosi scrittori, fra cui Manuel Vazquez Montalbàn, che anni dopo scriverà, ancora insieme a Sciascia, l’introduzione ad un’altra sua famosa raccolta fotografica, “Le forme del caos” (Art&, Udine,1989).
Sempre a Parigi, Scianna fa il secondo incontro fondamentale per la sua carriera, che è quello con Henri Cartier-Bresson, la cui produzione fotografica lo aveva largamente influenzato fin dagli esordi. La stima è reciproca e dopo qualche anno Cartier-Bresson introduce Scianna nella sua celebre agenzia Magnum, primo autore italiano a farvi parte nel 1982.
Negli anni Ottanta, oltre a pubblicare diversi libri su vari argomenti, Scianna viene anche attratto dal mondo della moda, che sta vivendo un momento di forte sviluppo anche nell’ambito comunicativo, e si afferma presto come uno degli autori più ricercati in questo campo: sono famose le sue campagne pubblicitarie per gli stilisti siciliani Dolce e Gabbana, che daranno vita anche al libro “Marpessa” (Leonardo, Milano, 1993) dedicato alla celebre modella olandese da lui ritratta più volte.
Le immagini di Scianna, quasi esclusivamente in bianco e nero, si riconoscono per la drammaticità dei contrasti e la predominanza dei toni scuri. Per lui il sole e la luce, che tendono a caratterizzare le immagini della Sicilia scattate da fotografi del Nord, sono importanti solo perché generano ombra: “l’ombra non è soltanto il momento dialettico rispetto alla luce, è anche un momento psicologico rispetto allo splendore. C’è lo splendore e c’è il dolore. Nella mia maniera, anche nelle mie stampe, è come se le forme venissero fuori dal nero.”Da uomo aperto a tutte le esperienze, Scianna si è anche avvicinato al mondo del cinema, seguendo l’attività del regista Giuseppe Tornatore, e in particolare il film da lui girato proprio a Bagheria: il risultato è nel volume “Baaria Bagheria: dialogo sulla memoria, il cinema, la fotografia con Giuseppe Tornatore”( Contrasto, Roma, 2009), che segue di poco “Quelli di Bagheria” (Fondazione Galleria Gottardo, Lugano, 2002), un altro viaggio nella memoria per ricostruire attraverso le immagini i luoghi e le atmosfere della sua giovinezza.
Altri lavori importanti sono stati “Viaggio a Lourdes” (Mondadori, Milano, 1996), dove ritorna il tema del sacro che aveva già ispirato il suo primo libro sulle feste religiose siciliane, e “Dormire, forse sognare” (Arti grafiche Friulane, Tavagnacco, 1997) curiosa raccolta di immagini di persone ritratte in preda al sonno o semplicemente abbandonate tra le lenzuola.
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