29 marzo 2014 Lascia un commento
Il jetpack di Clooney pare la soluzione per entrambi ma con lo Shuttle distrutto, il viaggio sino alla stazione spaziale russa, non sara’ uno scherzo.
Oltretutto i problemi non finiranno li’.
Che devo dire… Applausi? Si certo. Mi domandavo come l’Academy avesse potuto premiarlo con 7 Oscar, anzi e’ stata la ragione principale che mi ha spinto ad anticipare la visione del film quando sono noti i miei tempi biblici. Voglio dire, si sa che la fantascienza non fa impazzire gli esperti di cinema ma Cuaron ha creato un prodotto che soddisfa molti palati.
Azione come se piovesse ed e’ suo il merito se c’e’ riuscito coi pochi elementi a disposizione. In piu’ di un momento la tensione e’ micidiale, quasi da sospendere il respiro con thrilling supportato da effetti speciali veramente da Oscar. La trama non esiste ma non e’ un demerito, semmai un ottimo esercizio di stile che fara’ scuola., Del resto anche i suoi piani sequenza gia’ insegnano, qui con un ottimo 17 minuti d’esordio che sarebbero fenomenale non fossero completamente in computer grafica. Ottimo il lavoro compiuto ma nemmeno si avvicina ai record tecnici e stilistici di De Palma, tantomeno ad "Arca Russa" di Sokurov. Oltretutto a ben guardare, egli stesso ha fatto molto, molto meglio ne "I figli degli uomini", ad oggi uno dei momenti piu’ impressionanti in questo ambito.
Girato come un film d’animazione con l’innesto successivo di attori in carne ed ossa e cio’ vale il volto per Clooney e il corpo della Bullock – fortunatamente non il contrario - percio’ non grido al miracolo.
Pur impressionato, mi trovo di fronte a uno strepitoso pezzo di plastica di gran classe, come tanti meglio di tanti ma questa e’ tecnica, non anima. Per la stessa ragione non amo Cuaron o meglio ammiro la sua creativita’ pur non riuscendo a scaldarmi con le sue storie.
Non voglio nemmeno tirare fuori Kubrick in fatto di epopee spaziali e mi scuso per l’accostamento. Hanno piu’ pathos i tre minuti di "Space Oddity" di Bowie, la tragedia di Walt Dangerfield in "Cronaca del dopobomba" di Dick, la retorica seppur commovente conclusione del pacchianissimo "2002: la seconda odissea" ma dall’incidente dei detriti in poi, non potevo che pensare a "Dark Star" di Carpenter, alla poesia del finale che forse inconsapevolmente Cuaron richiama con le musichette country per cowboy delle stelle. Cuaron non e’ Carpenter e il suo si e’ un film che sento mio nel profondo e per quanto consiglierei "Gravity" a a chiunque, cio’ che mi resta dentro e’ ben altra cosa.