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Grazia nel disagio

Creato il 04 maggio 2014 da Malvino

Giusto sessant’anni fa, il 3 maggio 1954, Leo Longanesi era a Francoforte e sulle pagine del suo diario annotava quanto gli era capitato quel mattino, intorno alle nove, nell’anticamera di un fotografo: una signora in vestaglia, prima, e poi un grosso signore anziano in pigiama, e poi una giovane ragazza in accappatoio, e poi ancora una signora zoppa molto in là cogli anni, tutti con un bicchiere, uno spazzolino da denti e un tubetto di dentifricio in mano, sortivano via via da una tenda di percalle a fiori, d’un lato, per passare ad una stanza affianco, l’unico bagno dell’appartamento, che aveva cinque vani e nel quale vivevano otto persone, fra cui il fotografo. È questi che spiega all’ospite italiano la situazione: «Certo, siamo fitti come le sardelle, ma possiamo dirci fortunati: c’è chi sta peggio. La noia più grossa è quella del bagno, al mattino. Ma ognuno di noi ha il suo turno. L’importante è aver grazia nel disagio».Erano gli anni in cui la Germania usciva dal baratro in cui era precipitata una decina d’anni prima, ma il Wirtschaftswunder non faceva ancora sentire i suoi effetti sulle condizioni di vita dei tedeschi, che in gran parte continuavano a subire le pesanti conseguenze di una guerra persa, e persa nel peggiore dei modi. Di lì a poco avrebbe preso il via uno dei più poderosi piani di edilizia civile mai visti sul continente, ma intanto quello degli alloggi era uno dei problemi più grossi, e l’appartamento in cui Leo Longanesi era capitato quel mattino ne era esempio eloquente. Quello che maggiormente lo colpiva era che l’andirivieni per il bagno non solo era ordinato, ma anche dignitoso, e annotava: «Queste parole mi restano nell’orecchio per tutto il giorno: grazia nel disagio. Vorrei che a Roma qualcuno le comprendesse». Questo, credo, sia l’unico commento possibile al distillato di risentimento nei confronti della Germania che sta ubriacando la campagna elettorale in corso: nel bollitore il Wille zur Macht di Nietzsche, il Neue Ordnung di Hitler, perfino il Faust di Goethe, e dalla serpentina, goccia a goccia, pura germanofobia. Dovremmo prendere esempio dai tedeschi, in realtà avremmo dovuto farlo per tempo, ma non ne abbiamo la tempra, mai avuta. Così, a considerare il degrado in cui anneghiamo, ci torna utile credere che sia l’effetto delle mire egemoniche che la Germania non avrebbe mai smesso di coltivare. Ieri coi blindati, oggi coll’euro: questa è la vulgata che ci è stata offerta dai demagoghi di casa nostra, e sembra torni comoda, nel disagio, a gente che non ha mai mostrato alcuna grazia neppure nel benessere.

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