Grillo, comico bollito - La strategia dell'insulto non paga più (...fine di un imbroglio...)

Creato il 29 ottobre 2013 da Tafanus

Giuseppe Rag. Grillo

Un blitz a sorpresa, si legge. La storia è che Grillo è tornato in Senato. «Sono venuto a vedere l’arredamento», ride il comico bollito. L’arredamento del Senato merita tanto pregiata attenzione? È facile rispondere di no. Sicuramente mobili e poltroncine per quanto eleganti non giustificano una conferenza stampa.
Un torrente di chiacchiere, insulti, sberleffi… uno show, come si legge ancora nelle anticipazioni dei siti internet, che usano una definizione ormai solida quando in scena va il capoccia autoritario dei Cinquestelle. Lo show, appunto. Viene in mente quella tal capogruppo grillina che all’incontro con Bersani, per le consultazioni, in diretta streaming come richiesto, esordì annunciando: «Mi sembra d’essere in un reality». Senza chiedersi naturalmente chi l’avesse provocato il reality. Senza chiedersi se fosse il caso di contribuire così al degrado della politica, degrado che agli elettori s’era detto di voler combattere.

Grillo si vanta (anche ieri se ne è vantato) dei milioni di voti conquistati. Dovrebbe capire che a un certo punto della sua carriera politica di ex comico dovrà render conto agli elettori di tanta ricchezza sprecata: dopo la promessa di cambiare tutto, la certezza di non cambiare niente, di dare una mano al peggio che avanza, di gran carriera, in questo Paese. Ha avuto la possibilità di cambiare molto, avrebbe ancora la forza di cambiare qualcosa, butta all’aria tutto, negandosi a qualsiasi compromesso, a qualsiasi incontro, a qualsiasi mediazione. In fondo lo ha ammesso: non vado dal presidente Napolitano, perché tanto è già stato deciso, «con i giochi già fatti». Trascurando la sua recente dichiarazione d’amore per Calderoli, amore che è opportunismo: spera solo che il marasma delle grandi intese gli rechi qualche vantaggio nelle urne, tale da fargli guadagnare grazie alla legge elettorale del centrodestra qualche maggioranza in quel Parlamento, della cui consistenza pare voler cogliere solo un aspetto, i mobili e naturalmente le poltrone, non il ruolo in una democrazia. Si tiene il Porcellum. Spera di servirsene. Non si sogna di discutere altre proposte, magari di influenzarle. Rinuncia perché si è dato altri scopi nella vita.
Dei suoi insulti nei confronti del presidente della Repubblica, c’è poco da dire. Odiosi e basta. Inutilmente odiosi. Napolitano si può criticare, ma il rispetto è una condizione essenziale di una vita civile. La mancanza di rispetto rivela solo miseria morale.
Non si dirà che Grillo è un dilettante della politica o che è l’ultimo arrivato, dopo aver percorso una strada ben diversa, e che merita quindi qualche comprensione. Grillo, non si sa per merito suo o in virtù dei suggerimenti di un suo consigliere, è il perfetto interprete di una politica vecchia che si fonda sulla demagogia, protestataria, inconcludente, rumorosa, incapace di cogliere la realtà e persino la dimensione dei rapporti di forza.
Una politica che nel passato ha conosciuto altri protagonisti, di ben altro peso, purtroppo. Grillo, nel suo disfattismo di fronte a un Paese per conto suo sulla via del disfacimento, contribuisce soltanto alla caduta rovinosa. Non raddrizza una politica malata, prova solo ad affondarla, in un momento in cui ci sarebbe bisogno di buona politica, per rimediare ai guasti, per restituire una speranza a milioni di italiani, anche per colpire duramente chi nei palazzi del potere tradisce, traffica, alimenta i propri interessi. Che cosa può dire Grillo ai lavoratori dell’Elettrolux? Come pensa di fermare corrotti e corruttori? Che disegni ha in mente perché i ceti più deboli abbiano un aiuto? Grillo non s’arrende all’idea d’essere minoranza, ma non intende il valore di una minoranza virtuosa, che in quanto tale ha il dovere e la libertà di essere più sensibile, più intelligente, più pronta a immaginare orizzonti nuovi.
La novità della sua “politica” sarebbe invece la democrazia telematica. Bella risorsa. Peccato che abbia un’altra volta rivendicato: «Qui decido io». Lo ha detto ridendo, rispondendo a un giornalista che gli chiedeva di impeachement: «Ti faccio contento. Decido io». La battuta, lo scherzo, cioè l’ambiguità rispondendo e lasciandosi la possibilità di negare la risposta. Decide lui, come si è potuto capire scoprendo la sua ira quando qualcuno dei suoi, migliore di lui, scelse liberamente di schierarsi contro il reato di clandestinità. No, nel suo movimento non si può decidere liberamente. Bisogna decidere valutando i vantaggi elettorali di ogni mossa. Pazienza se in certi casi ci si può ritrovare al fianco un Borghezio qualsiasi, cestinando il dolore di una umanità.
Nel suo incontinente sorriso, Beppe Grillo mette tristezza. Ha un peso enorme sulla coscienza: la frustrazione di tante illusioni.


(Fonte: Orete Pivetta - l'Unità)


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