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Guido Melis: lettera aperta Franca Rame dopo la sua a Mario Monti.

Creato il 26 agosto 2012 da Yellowflate @yellowflate
Guido Melis: lettera aperta Franca Rame dopo la sua a Mario Monti.Ecco perchè l’onorevole Melis dissente

Cara Franca, che anno era? Mi pare il 1973, quando venisti a Sassari con Dario per “Mistero buffo” e al cinema Rex di Monte Rosello Dario fu arrestato per resistenza a pubblico ufficiale. C’ero anch’io, quella sera. Mio fratello, allora un ragazzo più di me, finì con altri compagni nel cellulare, salvo poi essere rilasciato alla chetichella da un questore napoletano un po’ stupido incapace di fare il suo mestiere in uno Stato democratico. E c’ero all’esaltante corteo notturno “non autorizzato” che percorse le vie di Sassari sino al carcere di San Sebastiano, contrattando metro per metro con la Polizia, scandendo a gran voce “Dario libero”. E la notte, con te e l’avvocato Guiso, per studiare il da farsi. E l’indomani, quando Dario fu liberato, dietro lo scandalo di un arresto arbitrario, e salutò Sassari in piazza, con un discorso che – ricordo – si concludeva con uno dei suoi sberleffi sul questore (Vorìa, si chiamava): “Caro Questore: i’ te vorrìa vasà”.

Dico tutto questo per dire che ti voglio bene. Ho riso alle vostre commedie. Sofferto di rabbia quando subisti la violenza dei fascisti. Sperato con voi in un mondo diverso. Ci spero ancora, adesso che, un po’ per caso, sono diventato deputato, dopo una vita passata a fare un altro mestiere diverso dalla politica. Nessuno di quei sogni – ti prego di credermi – l’ho messo nel cassetto. Ciò che ci divide , semmai, è il modo di realizzarli. L’eterna dialettica tra rivoluzionari e riformisti.

Per questo rispondo alla tua Lettera a Monti. Perché mi dispiace. Mi ferisce, anche.

Monti non è San Francesco redivivo, naturalmente. Non è lì per togliere ai ricchi e donare ai poveri. E’ la soluzione, certamente in un quadro di aderenza ai vincoli europei, che ha consentito di mandare a casa Berlusconi e salvare un Paese che stava allegramente precipitando in una situazione alla greca. Il capitalismo, ci insegnava il marxismo tanto tempo fa, trova, nei momenti di crisi estrema, la capacità per individuare l’interesse collettivo, diverso e spesso in contrasto con quelli parziali che di norma ne costituiscono l’essenza. Non è detto che questo interesse collettivo derivi dalla somma degli altri, di quelli dei singoli capitalisti. Può accadere che anzi li sorpassi. E’ quanto sta accadendo in Italia, dove un governo che non è di sinistra, con una maggioranza composita nella quale la sinistra non prevale, sta attuando un piano di salvataggio capitalistico che va nella direzione dell’interesse collettivo del sistema. E’ bene o male che ciò accada? E ancora prima: potrebbe accadere qualcosa di diverso?

Io penso che la rivoluzione socialista in Italia (e aggiungerei in Europa) non sia oggi all’ordine del giorno. Guardo dunque con interesse a un governo che, distaccandosi finalmente dalla visione egoistica che è stata alla base del ventennio berlusconiano, vuole ristabilire le regole essenziali, far pagare le tasse, semplificare l’amministrazione, razionalizzare le contraddizioni più vistose che gravano sulla collettività, far prevalere l’interesse collettivo su quelli parziali. Non è il mio governo, perché non mira a spostare gli equilibri di potere a vantaggio dei più deboli. Ma è il miglior governo possibile in questo momento, dati i rapporti di forza e il quadro dei condizionamenti anche internazionali.

Già, perché la novità della quale dovremo prendere atto è appunto questa: che siamo ed è bene che restiamo in Europa, e dunque tutta la politica italiana deve rapportarsi ed essere commisurata ad un quadro europeo. In alleanza con le forze progressiste del continente, ma al tempo stesso in piena aderenza ai patti che sono stati stipulati e che ci vincolano.

Dice: ma Hollande in Francia fa altro. A parte che il bilancio dei primi 100 giorni di Hollande già viene criticato a Parigi perché non ha realizzato nessuno degli obiettivi conclamati nella campagna elettorale, ma anche ammesso che l’obiezione sia fondata, Monti non è Hollande. E l’Italia non ha i “fondamentali” (come si direbbe nel calcio) della Francia.

Non so se, come spero, il 2013 segnerà una ripresa dell’economia. Me lo auguro. Ma so anche quanto è schiacciante il debito (tu stessa lo scrivi) e quali obblighi ne derivino, qualunque sia il governo del Paese. Se governeremo noi, come non solo spero ma mi batto perché avvenga, certamente saremo più sensibili al grido di dolore che viene dalla nostra gente, cioè dalla stragrande maggioranza dei cittadini che noi – centrosinistra – rappresentiamo. Ma lo faremo responsabilmente, consapevoli che una politica riformista, seriamente riformista, è costruita sui mattoni della concretezza.

Tu la pensi diversamente, lo so. Non ti seguo, ma rispetto la tua opinione, come quella di tanti altri che la pensano come te. Vedremo chi avrà ragione nel tempo medio, e io confido che avremo ragione noi. Per ora chiudiamola così, rispettandoci reciprocamente. Non occorre insultarci, mi pare.

E a questo proposito (gli insulti), solo di una cosa ti prego, cara Franca, in nome anche delle battaglie che hai fatto, di ciò che rappresenti per tutti noi: non scrivere che “i parlamentari papponi mangiano nei piatti d’oro”. A parte che non è vero, te lo posso assicurare personalmente, è una brutta caduta di stile. Roba che lascerei a Vittorio Feltri. Non degna comunque di quella straordinaria, intelligente artista che sei.

Con amicizia e affetto,

  Guido Melis


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