Quali sono i due argomenti chiave degli abortisti per giustificare la legalizzazione dell’aborto? Ovviamente il riferimento all’aborto clandestino e il pericolo verso la salute della madre, che poi sono questioni strettamente legate tra loro.
Quest’ultimo argomento, in particolare, è stato confutato con una serie di studi. Basta osservare la situazione in Irlanda dove l’aborto è vietato (tranne in rarissimi casi) e tuttavia vi sono bassi tassi di mortalità materna, tanto che il 70% dei cittadini approva il divieto all’aborto (oltre ad avere un profilo demografico più giovane e con meno dipendenza in materia di immigrazione). Sulla rivista scientifica PLoS One è stato inoltre dimostrato che anche l’aborto illegale in Cile non è associato alla mortalità materna. Al contrario una condotta studiando le cartelle cliniche di quasi mezzo milione di donne in Danimarca, ha mostrato che a fronte di un aborto indotto si registrano tassi di mortalità materna più elevati.
Il riferimento dell’aborto clandestino è più insidioso, essendo clandestino nessuno conosce i numeri esatti e chiunque può strumentalizzare tale argomento. Tuttavia è stato recentemente dimostrato che il Guttmacher Institute, ovvero il braccio di ricerca di Planned Parenthood -l’ente abortista di cliniche per l’interruzione di gravidanza più importante del mondo- ha mentito e appositamente gonfiato i numeri degli aborti clandestini nei Paesi in via di sviluppo al fine di creare una pressione lobbystica occidentale verso di essi al fine di obbligarli a legalizzare l’interruzione di gravidanza. E’ la nuova forma di pressione colonialista.
Tuttavia il Washington Post ha dato notizia di questo nuovo studio, il quale ha rivelato che il Guttmacher Institute «ha generato per anni numeri gonfiati sugli aborti clandestini nei paesi in via di sviluppo». Lo scopo dell’ente abortista è ovviamente stato quello di «far sembrare che vi fosse una chiara necessità di rendere l’aborto legale per proteggere le donne sottoposte a tutti quegli aborti».
La conclusione dell’articolo è perentoria: «con Internet non è più così facile ingannare la gente, anche nei paesi in via di sviluppo. Con i numeri del Guttmacher Institute messi in discussione e l’esposizione delle dubbie pratiche di Planned Parenthood che rivelano le crepe nella sua facciata di pubbliche relazioni, il gigante dell’aborto solo potrebbe finalmente ottenere la sua giusta punizione».
I ricercatori hanno a loro volta concluso: «I nostri studi in Cile e Messico mostrano che lo status giuridico dell’aborto [illegale, nda] non è associato a valori globali di mortalità materna. In altre parole, non vi è alcuna relazione causa-effetto tra lo status giuridico dell’aborto e la mortalità materna».