Habemus Minus (habens)
Creato il 05 ottobre 2010 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Dalle parti del Colle più alto della Repubblica, quello del Quirinale, il nome di Paolo Romani fatto da subito per sostituire lo gnorri Scajola, era parso una delle tante barzellette di Silvio piuttosto che una proposta seria. Giorgio Napolitano ha, fra le sue prerogative e visto che ci mette la firma, quella di non approvare le nomine dei ministri. In passato era già successo, ad esempio, con Scalfaro che si rifiutò di promuovere Cesare Previti ministro della Giustizia e lo dirottò al più innocuo dicastero della Difesa. È prassi consolidata, insomma, che il presidente del consiglio sottoponga preventivamente al Capo dello Stato l’elenco dei ministri, anche per evitare figure da pirla all’atto del giuramento. Il Quirinale fece notare, ormai cinque mesi fa al Nano², che Romani non poteva propriamente essere considerata una candidatura “trasparente” visto e considerato che da anni era il maggiordomo di Silvio per le tivvù. Cresciuto dentro il mondo della televisione, Paolo Pa (citazione dotta tratta dall’omonima canzone del Banco), si era occupato per Mediaset e pro-Mediaset di tutte le leggi ad aziendam che il governo del Cavaliere aveva emanato, fino alle norme sul digitale terrestre e sulla variazione dell’iva dal 4 al 20 per cento per le reti satellitari, che avevano fatto infuriare il “comunista” Murdoch. Dovendosi occupare anche del rinnovo del contratto di servizio con la Rai, Napolitano aveva pensato che Romani fosse la figura meno adatta ad occupare un posto così politicamente sensibile tanto che al Cavaliere aveva detto: “C’è un palese conflitto d’interessi, questa nomina non s’ha da fare”. E Berlusconi, per cinque mesi, ha traccheggiato rinviando di settimana in settimana un interim che sarebbe dovuto durare “qualche giorno se non ore”, come aveva affermato solennemente all’indomani delle dimissioni di Scajola il distratto. C’è anche da dire che mentre Romani e il suo staff lavoravano alla eliminazione di tutte le tracce del conflitto d’interessi, Silvio si era divertito ad offrire quel posto a cani, gatti, topi e porci (esclusi gli abitanti della capitale che stanno sulle palle anche a lui). Aveva iniziato con Luca Cordero di Montezemolo e il “no” era stato secco. Aveva provato a nominarlo facendolo acclamare a furor d’industriali , ma la proposta alla “velina” Emma Marcegaglia era caduta nel gelo di una platea che lo fece parecchio irritare. Andata buca con due industriali, Berlusconi aveva pensato a un sindacalista, il segretario della Cisl Bonanni, ma il benevolo difensore dei diritti dei lavoratori era stato colpito da una sindrome improvvisa da pudore. Era poi toccata a Brancher che, dirottato improvvisamente all’attuazione del Federalismo dopo l’ennesimo niet del Quirinale, tempo qualche giorno si era dimesso travolto dall’onda lunghissima dei suoi processi. Diventata ormai una barzelletta nella barzelletta, Berlusconi aveva pensato a Pierfy Casini ma il dandy de’ noantri gli aveva fatto capire che l’Udc non avrebbe mai votato la fiducia al suo governo. Travolto dai giudizi sempre più sprezzanti degli industriali, sbeffeggiato dal Quirinale (“Volete il ministro per lo sviluppo? – aveva detto recentemente Napolitano – Passo parola”), attaccato dalle opposizioni (sic!) che lo stavano accusando di farsi ancora una volta gli affari suoi, Silvio alla fine ha ceduto ma solo perché nel frattempo Paolo Pa aveva provveduto a bonificare il suo curriculum. La nota della Presidenza della repubblica, approvando obtorto collo la nomina, recita: “Sono caduti i motivi che palesavano un imbarazzante conflitto di interessi”. Il racconto dei bene informati presenti alla cerimonia del giuramento di Romani di ieri, è pressappoco questo: “Temperatura all’interno del Quirinale meno15 gradi. Spettatori presenti e non paganti 5. Condizioni del terreno di gioco, pesanti. Luminosità ridotta a causa delle tende alle finestre accuratamente tirate a mascherare la vergogna. Clima, polare”. La cronaca: “Il presidente del consiglio e il futuro ministro passeggiano nervosamente nella sala dei giuramenti. Doppiopetto Caraceni per Silvio, completo blu per Paolo Pa. Il Presidente della repubblica tarda. Paolino Bonaiuti, promosso guardalinee, controlla il cronometro in attesa del fischio d’inizio. Si attende l’ingresso in campo dell’arbitro che non si vede. Il tempo trascorre lento: un minuto, due, tre, quattro, cinque. Berlusconi addenta nervosamente il polpaccio di Letta. Finalmente arriva Napolitano. Il padrone di casa dice: “Scusate il contrattempo. Facciamo presto che è tardi”. A mala pena si sente la voce di Paolo Pa pronunciare la formula di rito. Non ha ancora finito di dire “lo giu…” che il Presidente, mormorando “buon lavoro”, se ne va. Nessuna sorpresa in campo. Durata totale del match: 2 minuti e 37 secondi". L’Italia dopo cinque mesi ha il nuovo ministro dello sviluppo economico, e tutto per dimostrare che, al contrario di Bossi, Berlusconi non nutre alcun pregiudizio nei confronti dei Romani.
PS. Nell’ultimo mese Silvio è apparso per ben 1000(mille) minuti sui vari Tg nazionali. Il commento? Fatevelo da soli, a noi è venuto da piangere.
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