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Haiku: la poesia sulle dita della mano. Un gioco per bambini, un progetto per le scuole

Da Jessi
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Giulia

Le fiabe servono proprio perché, in apparenza, non servono a niente.

Come la poesia e la musica, come il teatro o lo sport.

Servono all’uomo completo

(Gianni Rodari)

Quando penso a questo progetto penso all’origine della parola ‘poesia’: ‘fare, comporre, inventare.’ Se penso invece a come la poesia viene per lo più proposta ai bambini, mi viene in mente l’opposto: la poesia i bambini-quelli più fortunati- la sentono leggere, l’ascoltano oppure la studiano.

Uno scrittore (Pino Pace), due blogger (Silvia Geroldi e Viviana Violo), una cantastorie/editrice (Anna Morchio) ci propngono di ribaltare le cose: dare ai bambini la parola e guidarli al ‘fare’ poetico, con una sola regola, quella del ritmo: tre versi, con “diciassette sillabe, ogni volta diverse”.

La misura scelta per questo progetto è infatti quella dell’haiku, componimento giapponese che si allinea in tre soli versi e diciassette sillabe, distribute nella formula 5+7+5.

Un esempio?

Questa bimba qui
piange, ancora, ancora
ancora! Uffa.

Bibi, 32 mesi

(gli altri nostri sono qui: 78, 69 e 32 e 28).

Ho parlato di progetto, in realtà sono due: le poesie dei bambini e di chi vuole giocare e sperimentare sono visibili online, nel blog Haiku seduti sotto la Luna, oppure è possibile pensare ad un Laboratorio fuori dal web, per giocare insieme, dal vero.

Ho chiesto a Silvia e Viviana di parlarci di questo progetto e in generale di bambini e poesia. Eccole qui: già da sole sono potenti, messe insieme diventano un’esplosione irresistibile!

Che ruolo ha la poesia nella vostra vita e in quella delle vostre bambine?

Viviana: La poesia è sempre presente nella vita di tutti, solo che la maggior parte della gente non lo sa, o non la vede. I bambini poi sono generatori continui e costanti di poesia perché hanno il coraggio di inseguire il Bianconiglio nel buco, lì dove un adulto, per cautela, si fermerebbe. A volte regalo loro delle bustine con dentro delle piccole poesie e loro adorano impararle. Altre volte quando dicono qualcosa di poetico o strabiliante mi soffermo con loro a notare come siano riuscite a creare qualcosa di bello che era lì nell’aria e al quale loro hanno prestato la bocca e le parole. La nostra poesia è soffermarsi a guardare gli stormi pronti al viaggio o il brontolio del mare o il garrire delle rondini. Giocare a contare le sillabe, trovare le rime o appropiarsi di neologismi improbabili che però hanno la forza di farti amare la tua lingua e le sue infinite sfumature poetiche. Ghirigori linguistici, mischiati con poesia e spruzzati di irriverenza, questo è il nostro modo di giocare.

Silvia: Non mi ritengo una lettrice abituale. Credo di essermi riavvicinata alla poesia, che relegavo ai miei studi umanistici, da quando con Giulia gioco con le parole. Cioè da sempre, da prima che lei incominciasse a parlare e per istinto naturale. Da qui, dalle assonanze e dalle rime bislacche delle filastrocche, ho scoperto la poesia per bambini che è un mondo ancora poco conosciuto ma bellissimo e ricco. Alcune delle più belle poesie per bambini che ho incontrato mettono in pratica almeno due delle lezioni americane di Calvino: la leggerezza e l’esattezza. Scrivere per i bambini significa sgombrare il testo dagli intellettualismi, dai rimandi consapevoli, dalle citazioni; è necessario farsi capire immediatamente, raggiungere subito il nucleo emotivo del piccolo lettore. Per arrivare a questa semplicità densa è necessario un gran lavoro, su di sé e sulla lingua. Capita invece spesso, anche nella vita di tutti i giorni, che “i grandi” utilizzino le parole per nascondersi. E se come lettrice da un lato posso essere anche affascinata dai giochi linguistici intellettuali e dalle “letture multistrato”, dall’altro provo a volte assuefazione e sono alla ricerca del vero. La poesia diventa dunque un percorso sulla comunicazione, sulla parola e sul vero… e insieme a mia figlia questo percorso è anche molto divertente!

Come nasce questo progetto?

Viviana: Il progetto è nato da un incontro. Il mio e di Silvia. Ci leggevamo qui e là, ci osservavamo da lontano, ci annusavamo come fanno gli animaletti e poi durante un simpatico scambio di battute sul filo di una tastiera è emerso il nostro amore per questa sintetica forma poetica. Facciamolo! Abbiamo tolto il tappo e tutti gli Haiku che erano liberi nell’aria si sono condensati sotto forma di parole, segni, gioco e bellezza.

Silvia: Haiku seduti sotto la luna è un progetto totalmente ludico, non ha pretese educative. Quello che più mi piace è che si mischiano i mondi e questo è piacevolmente spiazzante. Se togliessimo l’età dell’autore non credo sarebbe immediato distinguere i componimenti dei bambini da quelli degli adulti, separare gli haiku seri da quelli scherzosi… Va aggiunto il fatto che il gioco inizia nelle nostre case, sui nostri divani, e diventa contagioso: siamo un grande laboratorio virtuale che accomuna molte persone lungo lo stivale. Byte e divani, cosa posso volere di più?

Un laboratorio di poesia per le scuole: ci raccontate cosa potrebbe succedere in uno di questi incontri e perché li consigliereste?

Viviana: Odio la matematica. Che c’entra? Quando ero ragazza una supplente di matematica arrivò in classe e ci diede degli indovinelli divertenti a sfondo matematico. Mi divertii un sacco e fu la prima e l’unica volta che risolsi un’enigma matematico. Ecco, questa è la premessa. Perché nelle scuole? Perché a volte anche per giocare ci vuole una guida sapiente che riesca a farci capire al meglio le potenzialità del gioco al fine di ottenere il massimo appagamento per tutti. Un cantastorie, un funambolo ha il potere e la maestria di prender per mano un gruppo di bambini o ragazzi e intraprendere un viaggio dai risvolti imprevedibili.

Silvia: In un Italia in cui si pubblica tanto e si legge pochissimo, ben venga chi propone un approccio alla lingua basato sul gioco. Si badi, un gioco intelligente, variamente declinabile, mai banale e decisamente contagioso. Giocare agli haiku significa comprendere che le parole non sono corpi estranei da assimilare, da subire, come spesso avviene passivamente durante le lezioni. Al contrario le parole sono materiale vivo che si piega all’intenzione dell’autore e spesso, anche, fonte di contagiosa allegria. E non è poco!

Ci regalate un haiku che vi ha ispirate?

Viviana:

Sulle tue labbra
ricami di parole.
Madre e figlia.

Silvia:

Quello che voglio:
la miscela di mondi.
Forse ci riesco.

Link

Haiku seduti sotto la luna

Viviana: Haiku bambini

Silvia: Una novità leggera: haiku seduti sotto la luna

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